Alla vigilia delle elezioni più importanti nella storia degli Stati Uniti, e nostra, non vorrei cadere in quella che il nostro ministro della Cultura definirebbe una forma di «apocalittismo difensivo». D’altra parte i segnali, i fatti compiuti e le solide ragioni per temere un’apocalisse della democrazia occidentale sono tali e tanti che forse, come scongiuro, non ci resta che aggrapparci a quel vecchio detto di John Maynard Keynes: l’inevitabile non accade mai, l’inatteso sempre (per i cultori di filologia delle citazioni, rinvio a due lettere in merito, qui e qui, apparse l’anno scorso sul Financial Times).
D’altra parte, il disastro prodotto dal surriscaldamento politico globale in atto dal 2016, con Brexit e l’ascesa di Donald Trump, mette da tempo qualunque commentatore davanti alla tipica trappola della prevenzione, in un modo tragicamente simile a quello che si verifica con i rischi ambientali e i guasti del cambiamento climatico: per scongiurare gli esiti peggiori occorrerebbe uno stato di continua allerta e mobilitazione, ma quanto più una tale mobilitazione riuscisse a evitare il peggio, tanto più un minuto dopo i suoi promotori sarebbero delegittimati e sbertucciati come allarmisti, come cassandre da quattro soldi accecate dal fanatismo ideologico o mosse da inconfessabili interessi personali.
C’è da augurarsi che vada così anche questa volta. Proprio coloro che sono più consapevoli dei rischi rappresentati da Trump per la democrazia in occidente, per la pace e per la sicurezza in Europa e nel mondo, devono infatti augurarsi che la sua sconfitta, o una maggiore capacità di resistenza delle istituzioni americane e dei suoi stessi oppositori dopo la sua eventuale vittoria, finiscano per smentire le loro profezie, esponendoli al consueto dileggio da parte di quelli che la sanno sempre più lunga di tutti, e nel frattempo trovano facilmente il modo di accomodarsi alla tavola del potere.
Il che nulla toglie, si intende, alla indiscutibile verità della citazione di Michele Serra opportunamente ricordata oggi da Guia Soncini: «Tolte le caste, poche e di pochi, dei regnanti, dei sacerdoti, dei generali, dei mercanti e dei banchieri, riempire la pancia e salvare la pelle sono state, dall’alba dei tempi, le occupazioni fondamentali dell’umanità quasi per intero». Auguriamoci che i tanti indifferenti dell’Italia di oggi, cui pure non manca da mangiare, possano continuare a preoccuparsi esclusivamente di questo, indisturbati, o al limite disturbati solo dalle noiose profezie di sventura di qualche commentatore fissato con problemi e pericoli lontanissimi dal nostro orizzonte.