Il fascio-pacifistaIl piano di Trump sull’Ucraina è la battaglia centrale della sua guerra contro l’Occidente

Il figlio del presidente eletto accusa Joe Biden e il complesso militare industriale americano di volere scatenare la terza guerra mondiale. Questa retorica pacifista indistinguibile da quella degli stalinisti anni Cinquanta non è né causale, né paradossale

AP/Lapresse

Il via libera da parte di Joe Biden all’uso dei missili a lungo raggio forniti dagli Stati Uniti nella regione di Kursk risponde probabilmente a un obiettivo di de-escalation, essendo volto a sanzionare l’internazionalizzazione del conflitto da parte russa e a colpire la zona di confine in cui sono state schierate le truppe nordcoreane, e non a consentire attacchi in profondità con più ampie ambizioni strategiche.

Come era però prevedibile, questa decisione è stata utilizzata dalla propaganda Maga come una prova del deliberato sabotaggio dei piani di pace del presidente eletto da parte del presidente in carica e dell’inveterato bellicismo dell’élite democratica: accusa che in campagna elettorale Donald Trump ha sistematicamente utilizzato nella sua character assassination di Kamala Harris, di cui, un giorno prima del voto, denunciava niente meno che la volontà di «invadere il Medio Oriente».

A dar voce alle accuse contro Biden domenica è sceso in campo il figlio primogenito Donald junior, che ha accusato «il complesso militare industriale americano» di volere scatenare «la terza guerra mondiale», prima che «mio padre abbia la possibilità di portare pace e salvare vite».

Se era scontata la rinnovata contestazione dell’inclinazione guerrafondaia dei dem da parte di figli, famigli e galoppini del presidente eletto, sembrerebbe a prima vista curioso l’utilizzo di una retorica così indistinguibile da quella che, dalla fondazione della Nato ai giorni nostri, la sinistra comunista e post-comunista ha utilizzato per accusare le truppe americane di essere il braccio militare dell’imperialismo politico yankee, e l’internazionalismo democratico americano di rappresentare l’alibi ideologico di una politica di violenza e sfruttamento universale.

Se Trump vuole come Stalin essere riconosciuto in primo luogo come “padre della pace”, suo figlio dice cose che sembrano un virgolettato di Pietro Secchia, e l’intero ordine atlantico viene descritto dal partito Maga, esattamente come dai profeti dell’euroasiatismo post-sovietico, come un disegno satanico del deep state americano non è per caso, né per paradosso, ma per la reale rispondenza e fungibilità dei motivi politico-culturali prevalenti in queste due varianti, uguali e contrarie, dell’ideologia antiliberale.

Come gli stalinisti e i comunisti degli anni Cinquanta e Sessanta non erano affatto animati da una religione nonviolenta, ma da un pacifismo selettivo e ritagliato a misura della propria dottrina di potenza, e quindi potevano alternare lo scandalo moralistico per il bellicismo statunitense e il sostegno partecipe per ogni lotta armata di cosiddetta liberazione dall’ordine internazionale liberal-capitalistico, così i fascio-pacifisti dell’America First non sono affatto povere anime intenerite dal sangue versato di russi e ucraini, ma intendono sabotare l’ordine politico internazionale che per comodità chiamavamo Occidente, e adesso, proprio nel suo cuore americano, vede dilagare sentimenti e disegni dichiaratamente anti occidentali, anti stato di diritto, anti società aperta.

Il pacifismo dei comunisti era parte della guerra dell’Unione Sovietica contro l’America. Il pacifismo trumpiano sull’Ucraina è la battaglia fondamentale della sua guerra contro l’Europa e contro quell’Occidente globale cui addebita l’american carnage.

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