A passo DuomoLa discesa in campo (largo) di Beppe Sala, e l’eterno cantiere del centrismo

Il sindaco di Milano si lancia nella corsa per la leadership riformista, ma la concorrenza è agguerrita di vecchi e nuovi nomi. Il Partito democratico osserva attentamente perché la riorganizzazione di una nuova Margherita potrebbe aiutare a battere in futuro Meloni

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Grandi manovre, o forse non tanto grandi, lo vedremo, nella mitica zona del centro che guarda a sinistra, come avrebbe detto Alcide De Gasperi: ma quella era tutta un’altra storia, un pochino più corposa, diciamo. Può darsi che, come dice Matteo Renzi, alla fine «uno sbadiglio seppellirà» questo infinito scouting per cercare il capo dell’ex Terzo polo o addirittura del centrosinistra, ma per il momento non passa giorno senza un quasi-annuncio sia pure schermato da cautele d’obbligo. 

Così, dopo che si era un po’ improvvidamente affacciata l’ipotesi nientemeno di un nuovo Romano Prodi nella persona di Ernesto Maria Ruffini, tre giorni dopo è tornato in campo Beppe Sala in veste di motivatore del centrosinistra e potenziale leader della gamba centrista, posto vacante essendo Matteo Renzi e Carlo Calenda per ragioni in parte diverse e in parte uguali tagliati fuori da questo ruolo. 

Di Ruffini abbiamo scritto che potrebbe essere l’uomo in grado di rimettere insieme i frantumi politici del cattolicesimo democratico: almeno a questo pensano alcuni di quel mondo, e l’idea stuzzica personaggi di peso come Pierferdinando Casini, forse Dario Franceschini (anche se l’uomo, as usual, si tiene aperte molte strade contemporaneamente prima di scegliere, e adesso è ancora presto), chissà se anche Prodi che ovviamente in queste cose non si sbilancia mai: c’è effettivamente stato un incontro tra il Professore e il direttore dell’Agenzia delle Entrate ma agli atti non c’è nulla di concreto. 

Di fronte al movimento dei cattolici, il sindaco di Milano allora fa capire che c’è anche lui, laico e di sinistra, in rapporti buoni con il Partito democratico, discreti con Renzi, molto meno con Calenda (non risulta che lo abbia incoraggiato), anche se ieri il leader di Italia viva non ha mancato di ricordare come Sala sia stato vicino ai verdi ma anche a Luigi Di Maio, «ora se sta col centrosinistra fa un passo avanti». 

Battute da Renzi che al solito nutre sempre dubbi sulle capacità politiche più o meno di tutti gli altri. Ora bisognerà vedere se sarà possibile in qualche modo shakerare tutti questi personaggi e le relative culture per dar vita a una formazione che possa stare autorevolmente nel centrosinistra, una novella Margherita, ma al momento non è chiaro nulla: né chi ci starebbe né tantomeno chi dovrebbe guidare il convoglio centrista-riformatore. 

Beppe Sala sembra già in campo, o quasi. Ma nessuno gli regalerà niente: avrà voglia di lottare nel fango del centrosinistra? Perché un conto è fare politica a Milano, nella sua comfort zone, un’altra cosa è farla a Roma. A partecipazione di Sala gira anche il nome di Franco Gabrielli, una delle figure migliori al servizio dello Stato in diversi ruoli delicatissimi. «Ruffini, Gabrielli, Calenda, lo stesso Sala, sono tutti della stagione riformista», ha ricordato con un po’ di malizia Renzi. In effetti è così. 

Il Pd osserva attentamente, ma non è affar suo, anche se sa benissimo che una riorganizzazione di una nuova Margherita sarebbe più che utile per insidiare Giorgia Meloni e anche per accerchiare in qualche modo lo scalpitante Giuseppe Conte. Il problema è mettere d’accordo i vari personaggi in cerca d’autore. L’eterna maledizione della sinistra. Beppe Sala ci proverà.

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