Questo è un articolo del nuovo numero de Linkiesta Etc dedicato al tema della nostalgia, in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. E ordinabile qui.
Si dice che il femminismo europeo abbia il difetto di non trattare la leggerezza. Di non considerare il sessismo in ambiti meno scontati rispetto alle carriere da amministratrici delegate. Basterebbe studiare di più la storia delle arti visive del Novecento. Si può colmare il gap con un libro “Sguardi penetranti e obliqui” di Silvia Mazzucchelli (Mimesis), esperta di fotografia, saggista, critica d’arte. «È un album di fotografe, non di fotografie», scrive spiegando il perché di questo racconto di pionierismo femminile dalla nascita del dagherrotipo ai pixel.
Parliamo di venti eroine del Novecento, che han poco di bellicoso e rivendicativo. Al contrario, si tratta di donne che parlano un lessico famigliare ed è un po’ come incontrarle a una reunion intergenerazionale, un coro in cui l’autrice le piazza delicatamente dentro spazi temporali annullati, partendo dalle “antenate” (Stern, Bourke-White, Miller, Arnold), arrivando alle “nonne” (Orkin, Carmi, Weiss, Cerati, Battaglia, Samugheo, Robertson), ritrovando le “madri” (Moon, Jarcovjáková, Goldin, Hanzlová) e infine giocando con le “sorelle” (Lambri, Backhaus, Sassen, Kawauchi, Ricci).
«Se dietro ogni foto c’è una storia, dietro ogni fotografa c’è una vita. Ho rovistato alla ricerca dei loro volti per ricostruire una personale genealogia», spiega la Mazzucchelli. Ed è vero, parte proprio dal primo pregiudizio, quello dell’incapacità femminile di padroneggiare la fotocamera. Non solo chicchiericcio da fumoir ma marketing primordiale, se è vero che la Kodak si inventò, al lancio della prima camera portatile, nel 1888, la figura della “Kodak Girl”, rappresentazione della dilettante. Perfino la Leica, oggi simbolo di scatti raffinati, nel 1932 realizzò una pubblicità che mostrava mani femminili e spiegava che le donne non avrebbero più fatto foto sfocate, grazie alla messa a fuoco automatica.
Sempre negli anni Trenta, Grete Stern ed Ellen Auerbach aprirono il loro studio specializzato in foto e immagini per la pubblicità a Berlino, mentre a Parigi André Breton pubblica il manifesto che celebra il carattere ludico dell’attività creativa. Le donne stanno per votare, ma a Berlino le vogliono dedite a corsi di ceramica. Eppure Grete ed Ellen, creano un eccentrico laboratorio dove gli affetti e il pensiero confluiscono in affinità elettive. Lo studio “ringl+pit” pullula di amici e amanti che collaborano, senza gerarchie di mezzo.
Poi c’è Eve Arnold, migrante ebrea dalla vita drammatica, la prima donna, insieme all’austriaca Inge Morath, a entrare nella agenzia Magnum. Quella ritratta da lei è una Hollywood disperata. I suoi scatti sono pieni di dettagli: c’è Marilyn Monroe con i piedi gonfi e il segno impresso dalle scarpe con i tacchi troppo alti. E poi ecco le “nonne”, Ruth Orkin per tutte, donna mossa da intenti ben sganciati dall’arte: «Fare fotografia è un modo per incontrare le persone, la sua efficacia supera di gran lunga quella dei cani o dei bambini». Spontaneità e impulso.
Il mondo di queste donne è fatto di rinascite umane e mondane. Il testamento di Letizia Battaglia le rappresenta tutte: «La mia macchina fotografica era come un altro cuore che parlava». E le madri? Eccole, emotive, fuori fuoco, come probabilmente lo sono le nostre. Sarah Moon, Nan Goldin, diverse eppure capaci di vedere la realtà “oltre” degli anni Settanta, fatti di dipendenze, risse e party. Dice Goldin: «Volevo sballarmi fin dalla tenera età. Volevo essere drogata. Mi intrigava, essere diversa da mia madre».
La rassegna termina con le sorelle, fotografe d’oggi, per le quali è la riflessione a comandare. Altri modi per dividere realtà e rappresentazione, fanno danzare le cose, come Jessica Backhous o Viviane Sassen. Giocano con le ombre dell’esistenza, tratto tipico di Moira Ricci. Questi sguardi obliqui, però, hanno un tratto comune, il disvelamento della ricerca è la tensione continua fra testa e cuore, atout del femminile singolare.