Agenti provocatoriCosì il governo georgiano usa i “titushki” per reprimere la protesta europeista

Uomini atletici, in tuta e a volto coperto, vengono ingaggiati dalle autorità di Tbilisi per attaccare cittadini e giornalisti durante le manifestazioni pro Ue. Una tecnica identica a quella usata dal premier pro Mosca Yanukovych per reprimere in Ucraina le proteste di Maidan nel 2014

LaPresse

Tbilisi è difficile da spiegare: non somiglia davvero a nessun altro posto, ma contemporaneamente sembra essere la somma di tanti piccoli dettagli presi da città diverse del mondo. La città vecchia, per esempio, ricorda Genova e i suoi caruggi: da viale Rustaveli, dove ha sede il Parlamento, si diramano tante strade strette che si incrociano tra di loro, creando un labirinto. Negli scorsi cinque giorni, questo labirinto è stato lo sfondo di un nuovo tipo di violenza contro i manifestanti civili che da due settimane protestano contro la decisione del governo filorusso, considerato illegittimo dall’opposizione, di rimandare al 2028 le trattative per l’ingresso nell’Unione europea. 

Dal 28 novembre, quando il primo ministro Irakli Kobakhidze ha dato l’annuncio che la Georgia avrebbe messo in pausa il processo di integrazione con l’Ue per quattro anni, e le persone hanno deciso spontaneamente di scendere in piazza per contestare questa decisione, sono state arrestati più di quattrocento manifestanti, per la maggior parte picchiati dalla polizia (i «robocop», come li chiamano qui) al momento dell’arresto o una volta arrivati in prigione. Già dalla prima sera di proteste, l’antisommossa ha usato gas lacrimogeni, spray al peperoncino e cannoni ad acqua per «disperdere» la folla: misure sproporzionate anche secondo il difensore civile Levan Ioseliani, ma che non sono bastate a spaventare i dimostranti, che hanno continuato (e continuano) a riunirsi in decine di migliaia ogni sera in viale Rustaveli. 

Oltre alla brutalità della polizia, però, i manifestanti devono fare i conti con un’altra minaccia: i titushki. Sono tutti uomini, atletici e vestiti con tute o skinny jeans rigorosamente neri, e sono impossibili da riconoscere perché hanno il volto coperto dal passamontagna. E il loro ruolo, nelle proteste, è quello di picchiare i manifestanti mentre tornano a casa e i giornalisti che documentano le loro violenze.

Il termine titushki non è nato in Georgia, ma in Ucraina, poco più di dieci anni fa, durante il Maidan, per indicare le persone ingaggiate dal governo filorusso di Viktor Yanukovych per pestare i manifestanti pro-Europa in cambio di denaro (tra i venticinque e i cinquanta euro al giorno, avevano dichiarato). E si rifà a Vadim Titushko, l’allora ventenne colpevole di aver attaccato la reporter Olga Snytsarchuk e il fotografo Vlad Sodel’, il 18 maggio 2013, durante una controprotesta filogovernativa. 

E oggi, a Tbilisi, sembra di assistere a un film già visto. Il 7 dicembre, il canale TV Pirveli ha spiegato che due manifestanti erano stati attaccati da una trentina di titushki in via Besiki, una delle strade laterali di viale Rustaveli. Dopo circa mezz’ora la giornalista Maka Chikhladze e il cameraman Giorgi Shetsriuli sono arrivati sul posto per coprire la notizia. «Stronza, cosa stai filmando?». E dopo questa domanda, la gang ha attaccato Chikhladze e Shetsriuli in diretta televisiva

L’attacco sembra essere stato mirato proprio contro Chikhladze, che, oltre ad aver seguito la diretta sui titushki, è stata l’autrice di un reportage su Ioseb Margvelashvili, vice-capo del Dipartimento per le operazioni speciali del ministero dell’Interno a capo di uno degli squadroni che durante le proteste si occupano di disperdere i manifestanti e di inseguirli per picchiarli e arrestarli. Il servizio televisivo, andato in onda la scorsa settimana, ha descritto nei dettagli la violenza della squadra e, soprattutto, ha dimostrato come Margvelashvili stesso sia stato autore di pestaggi, filmandolo nel momento in cui indossa una maschera per non rendersi riconoscibile subito prima di attaccare la folla. 

E nonostante la polizia non si sia fatta scrupoli a usare tutti gli strumenti a disposizione per disperdere i manifestanti, incolpati dal ministero dell’Interno di aver istigato le forze dell’ordine alla violenza, i «robocop» sono stati decisamente più clementi nei confronti dei titushki. Anzi, un video girato poco prima dell’attacco allo staff di TV Pirveli mostra come la polizia si stesse coordinando con i titushki, bloccando via Besiki per poterli fare agire più liberamente. 

Via Besiki si trova alle porte del quartiere di Mtatsminda, dove i titushki hanno picchiato anche altri manifestanti di ritorno a casa dopo le proteste, tra cui l’attore Giorgi Makharadze, che si è aggiunto alle vittime di violenza che hanno denunciato la non-azione della polizia testimone dei pestaggi.

L’Associazione giovani avvocati georgiani (Gyla), con una dichiarazione del quattro dicembre, ha definito l violenza usata contro i manifestanti come a un sistema di «criminalità organizzata». Il governo di Sogno Georgiano invece ha – prevedibilmente – negato di essere coinvolto negli attacchi. Il segretario del partito Mamuka Mdinaradze ha invece incolpato l’opposizione, spiegando che gli attacchi avrebbero servito «gli interessi di chi ha bisogno di caos e disordini» e che «al novantanove per cento» sarebbero stati una «provocazione premeditata in un momento di calo di affluenza alle proteste». 

Chi non appoggia il governo sta iniziando a organizzarsi per rispondere ai titushki. Il 9 dicembre, un gruppo di persone in balaclava si è presentato in viale Rustaveli, di fronte al teatro, per spiegare ai manifestanti che, con loro, nessuno dovrà avere paura dei titushki: «Le persone dietro di me non rappresentano un partito politico, ma sono pronte a prendere il posto di chi non è più in grado di proteggere il popolo», ha detto uno degli uomini in passamontagna. 

Nei prossimi giorni il ministero dell’Interno sarà chiamato a esprimersi formalmente sulla proposta del primo ministro Kobakhidze di vietare di coprirsi il volto in pubblico. Il provvedimento dovrebbe servire da deterrente contro azioni violente sia da parte dei manifestanti, sia da parte dei titushki

A colpire il pubblico, però, è stato il ricordo di una legge pressoché identica promossa in Ucraina da Yanukovich a gennaio 2014, poco prima della sua caduta. E, allora, il decreto, parte di un più ampio pacchetto di norme mirate a sopprimere le proteste, era sembrato un ultimo tentativo di mantenere il controllo sulla popolazione ucraina e di aumentare il potere sempre più autoritario di Yanukovych. 

Quanto in là sia disposto a spingersi Sogno Georgiano per mantenere il potere sarà più chiaro sabato 14 dicembre, quando il mandato della presidente Salome Zurabishvili scadrà ufficialmente. Quest’anno, per la prima volta, il capo dello Stato non sarà eletto per votazione diretta, ma nominato da un collegio elettorale formato da trecento esponenti politici (i centocinquanta parlamentari e altrettanti rappresentanti degli organi di autogoverno del Paese). 

Zurabishvili, però, ha promesso di non lasciare il suo ruolo: «Un Parlamento illegittimo non può eleggere un nuovo presidente. E quindi non ci potrà essere alcun giuramento, e il mio mandato continuerà fino a che non si formerà un Parlamento legittimamente eletto».

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