Strategia per la vittoriaL’incrollabile coraggio degli ucraini è un insegnamento per l’Occidente

La resistenza del popolo che da quasi tre anni si difende dall’aggressione della Russia è una lezione su come si affrontano i tiranni e un promemoria sui valori in cui diciamo di credere

AP/Lapresse

Che cosa c’è dopo la politica del risentimento, della paura e della polarizzazione? Abbiamo trascorso anni a diagnosticare i problemi che affliggono le società libere, le nostre divisioni e le nostre disfunzioni, ma abbiamo mai cavato un ragno dal buco. Abbiamo cercato soluzioni nei dibattiti politici e nei sondaggi d’opinione, ma ci siamo persi la risposta nascosta in bella vista: l’Ucraina. Questa nazione coraggiosa, il suo popolo senza paura e la sua giusta lotta sono una manifestazione della libertà stessa, la prova che la chiarezza morale è ancora importante, la virtù esiste e il coraggio può affrontare la tirannia. Siamo rimasti intrappolati in una spirale di introspezione, lottando per riscoprire i nostri valori. Dopo ottant’anni di relativa pace, siamo stati ricompensati con – e condannati a – una vita in un’era post-eroica. Ma c’è un posto al mondo in cui la domanda «C’è qualcosa per cui vale la pena morire?» non è un’astrazione teorica o uno slogan vuoto, è una realtà vissuta. Kyjiv è quel posto. E la libertà è quel qualcosa. La Russia ha invaso per uccidere gli ucraini perché sono ucraini. Una verità così inquietante è difficile da cogliere per gli intellettuali occidentali. Alcuni suggeriscono teorie assurde, incolpando la Nato o persino l’Ucraina per essere state invase, o prendono in considerazione l’idea che la Russia non possa essere sconfitta e quindi aiutare l’Ucraina sia inutile. Sono pericolose riflessioni che seppelliscono la verità: l’Ucraina è una nazione di quaranta milioni di persone, donne e uomini, come voi e come me, con famiglie, sogni, aspirazioni, una storia e dei programmi per il futuro. Gli ucraini non combattono perché vogliono farlo, ma perché l’alternativa è l’annientamento. Il coraggio dell’Ucraina è un dono profondo, un promemoria di ciò a cui diciamo di credere: che la libertà è fondamentale. Eppure abbiamo provato a leggere la guerra criminale della Russia con la lente della riduzione delle perdite, sperando che il problema si risolvesse da solo. Il risultato è una strategia incrementale che ovviamente si è rivelata fallimentare. Noi etichettiamo erroneamente questo come «gestione dell’escalation», ma ha prevedibilmente e ripetutamente spinto Mosca a raddoppiare l’aggressione. Un errore comune che commettiamo è quello di confondere la guerra decennale che il Cremlino ha scelto di scatenare in Europa con gli interventi americani in Iraq o Afghanistan. Dal momento che l’Ucraina si trova di fronte a un impero malvagio intenzionato a cancellare dalla mappa, la sua lotta non può essere una scelta discrezionale, ma è una difesa per la sopravvivenza. Paragonare tra loro conflitti diversi oscura la chiarezza morale del diritto dell’Ucraina all’autodifesa ed erode il senso di urgenza di aumentare il nostro sostegno. Un altro ostacolo che si frappone al nostro impegno per la vittoria dell’Ucraina è il disprezzo postmoderno per la distinzione tra giusto e sbagliato. In un’epoca in cui il giudizio etico è spesso liquidato come semplicistico o futile, facciamo fatica a riconoscere la rettitudine della lotta degli ucraini. Il nostro schema di valori attuale ci convince della paura della vittoria, ci mette a disagio con l’idea che il bene possa e debba trionfare sul male. Una paralisi che mina la volontà di affrontare la tirannia con la trasparenza e la determinazione che questa lotta richiederebbe. L’ultimo equivoco è interpretare le azioni della Russia attraverso una lente occidentale. La Russia non è una nazione guidata da interessi nazionali, ma un impero motivato da revanscismo, conquista e oppressione. L’invasione dell’Ucraina non è un tentativo calcolato di acquisire territorio o risorse, ma una mossa disperata per alimentare l’illusione che il suo sistema coloniale abbia ancora uno scopo. La sottomissione non è una falla nel sistema russo, è la sua caratteristica distintiva. Il piano per la vittoria del presidente Volodymyr Zelensky offre vantaggi pratici per gli alleati dell’Ucraina: minerali essenziali vitali per l’indipendenza energetica, un esercito temprato dalla battaglia essenziale per la stabilità regionale e una ridotta dipendenza dall’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti in Europa. Queste sono considerazioni strategiche tangibili, ma impallidiscono in confronto al valore intrinseco offerto dal coraggio dell’Ucraina: la possibilità per l’America di ricordare ciò che rappresentiamo. L’Ucraina può vincere questa guerra? Certo che può. Ma anche solo porsi questa domanda è un tranello, un modo per scaricare la nostra responsabilità sugli ucraini che hanno già fatto più della loro parte, combattendo e morendo per la libertà. La vittoria sulla Russia è un imperativo categorico per tutti coloro che non vogliono vivere nella paura. Nessuno più degli ucraini può volere la fine della guerra. Ogni giorno costa caro: vite perse, case distrutte, bambini rapiti. Ma se le armi tacessero domani, noi, il mondo libero, lo chiameremmo un “problema risolto”? C’è pace e pace. L’occupazione non lo è. Nemmeno l’aggressione impunita lo è. La pace senza giustizia è solo un presagio di una guerra più grande. Se spingiamo l’Ucraina ad arrendersi, e mascheriamo questa mossa da diplomazia, incoraggeremo i tiranni di tutto il mondo e comprometteremo la sicurezza degli Stati Uniti e dei nostri alleati per i decenni a venire. La Russia conta sulla nostra indifferenza. Per soggiogare l’Ucraina, Mosca è disposta a sacrificare molto: la sua economia, la sua immagine internazionale e il benessere del suo popolo, mentre protegge ferocemente la sua presa sul potere e il suo sistema imperiale repressivo. Putin è convinto che noi non siamo disposti a sacrificare nulla per la libertà dell’Ucraina. Se vacilliamo o cediamo al ricatto nucleare, tradiamo i valori che ci definiscono. Annunciamo al mondo che i nostri impegni sono fugaci e le nostre politiche sono guidate non da principi ma da convenienza. La scelta è netta: ci schiereremo con l’Ucraina per aiutarla a scacciare gli invasori e dimostrare che la libertà è ancora importante? O rinunceremo alla chiarezza morale che un tempo conoscevamo per paura e apatia? Il coraggio dell’Ucraina è un dono meraviglioso: non dobbiamo sprecarlo. Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Real Clear World. L’autore, Andrew Chakhoyan, è un direttore accademico all’Università di Amsterdam, che in precedenza ha prestato servizio nel governo degli Stati Uniti.

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