No PasdaranCecilia Sala è ostaggio della lotta di potere tra le fazioni oltranziste e trattativiste del regime iraniano

L’incarceramento della giornalista è una tattica per sabotare il tentativo del presidente Pezeshkian di avviare una trattativa con l’Occidente sulle sanzioni e sul nucleare. Uno scontro interno aggravato dal collasso economico e dalle recenti sconfitte geopolitiche di Teheran

LaPresse

Cecilia Sala è prigioniera innocente di una pesante resa dei conti tra le fazioni del regime iraniano. Mai come in questo caso è lampante la pretestuosità dell’arresto, infatti Cecilia Sala non solo non ha commesso alcun crimine, ma ha anche corrisposto in pieno e con trasparenza a tutte le prescrizioni burocratiche e formali presso i competenti ministeri iraniani che riguardavano la sua attività giornalistica. 

Non solo; nei suoi podcast inviati in rete non ha offeso il governo iraniano, e semmai ha dato atto di una certa nuova tolleranza del regime nei confronti dell’abbigliamento delle donne nelle strade di Teheran. In altri casi, giornalisti e dissidenti sono stati presi in ostaggio dopo aver commesso infrazioni secondarie, ma non Cecilia Sala, il cui comportamento è sempre stato inappuntabile. 

Dunque, il suo arresto e la sua detenzione sono una provocazione a freddo, un voluto atto di violenza ingiustificato che ha una palese origine: l’ala oltranzista del regime, il blocco capeggiato dai Pasdaran, intende mettere in difficoltà con questa presa d’ostaggio l’ala trattativista rappresentata dal presidente Masud Pezeshkian. 

Che affidamento possono riconoscere infatti gli Stati Uniti a chi, come appunto Pezeshkian, insiste per una riapertura della trattativa sul nucleare e per il ritiro delle sanzioni economiche, per una normalizzazione delle relazioni occidentali con l’Iran ma contemporaneamente viola le minime regole del diritto praticando cinicamente, per l’ennesima volta, in violazione aperta della legalità internazionale la presa di un ostaggio e il ricatto?

Va tenuto presente che il caso di Cecilia Sala è deflagrato non casualmente in un Iran che proprio in queste settimane sta vivendo una crisi di regime sotterranea molto grave. Avere destinato da anni e anni larga parte dei miliardi provenienti dalla vendita del petrolio ai Pasdaran e alle loro operazioni imperiali in Medio Oriente ha comportato un prezzo molto alto: l’intero sistema energetico interno, sul quale mai sono stati fatti investimenti di ristrutturazione, questo inverno è collassato. 

L’Iran, il terzo produttore mondiale di idrocarburi incredibilmente oggi non è in grado di riscaldare i suoi cittadini che vivono nel gelo, stenta addirittura a fornire la benzina per gli autotrasporti e il carburante per le industrie. Il paese è paralizzato dal freddo, uno scenario al di sotto del tollerabile. 

Inoltre, e non per ultimo, il collasso del protettorato iraniano in Siria, retto malamente da Bashar al Assad, la sconfitta secca di Hezbollah in Libano e quella di Hamas a Gaza, e infine l’umiliazione dei bombardamenti israeliani subiti con danni enormi, dimostrano che sottrarre decine di miliardi di dollari alle necessità basilari del popolo iraniano per investire in una politica estera aggressiva, da grande potenza regionale imperante dall’Afghanistan al Mediterraneo, alla fine è sfociato in un fallimento tanto clamoroso quanto poco glorioso. L’alea della sconfitta e dell’impotenza, nonostante la retorica roboante dei proclami, incombe ora sui palazzi del potere iraniano.

Dunque, nelle segrete stanze del regime e nei centri del potere iraniano è durissimo lo scontro in atto tra una componente che non è affatto riformista, come si dice, ma che ritiene che il regime si indebolisca troppo se non ottiene, con una trattativa con il nuovo presidente degli Stati Uniti, l’abolizione delle sanzioni che ovviamente influiscono anche sulla crisi energetica. Crisi che questa componente teme possa innescare rivolte interne. 

Contrapposta ai trattativisti, a Teheran è fortissima una componente oltranzista, essenzialmente il comando dei Pasdaran, che rifiuta ogni mediazione e punta tutto su un innalzamento delle attività militari aggressive, in primis quelle degli Houti contro le navi dirette al Canale di Suez e contro i presidi americani in Iraq e Siria. 

Questa componente militare e oltranzista iraniana, peraltro, si è conquistata negli anni una forte egemonia politica e funzionale sull’apparato giudiziario, punta di diamante di una repressione interna feroce, con centinaia di impiccagioni e migliaia di incarcerazioni. 

Uomo simbolo di questo connubio tra Pasdaran e magistrati forcaioli è stato Ibrahim Raisi, il precedente presidente della Repubblica, che si era conquistato i galloni per la carica presidenziale da procuratore generale a suon di centinaia di esecuzioni di dissidenti.

Pochi giorni prima della presa in ostaggio di Cecilia Sala, questo duro scontro interno al regime era emerso alla luce del sole. La componente trattativista che fa capo al presidente Pezeshkian aveva infatti ottenuto una sostanziale vittoria facendo ritirare dalla discussione al Majlis, il Parlamento, una legge sull’abbigliamento femminile. 

Ispirata palesemente dalla componente oltranzista, questa legge prevedeva pene durissime per le donne che non rispettassero rigidamente strettissimi protocolli di abbigliamento e intensificava al parossismo i controlli. Di fatto, una legge provocatoria palesemente mirata, visto il clima e i precedenti, a innescare proteste popolari o individuali da reprimere con un nuovo giro di vite repressivo.

Dentro questa tesa dinamica interna al regime è scattato l’ordine degli oltranzisti di prendere Cecilia Sala in ostaggio col pretesto di reati inesistenti – che infatti stentano a essere formulati – ordine prontamente eseguito da magistrati altrettanto oltranzisti.

Questo quadro complesso, di forti tensioni interne al regime, rende dunque particolarmente difficile la trattativa per la liberazione di Cecilia Sala. Dal suo esito, che purtroppo può non essere rapido come tutti invece speriamo, si comprenderà quale delle due componenti del regime riuscirà a imporsi, perlomeno in questa fase.

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