Romano Prodi e Giorgia Meloni, due che si detestano non cordialmente, per ragioni diverse ma convergenti hanno dato una mano inattesa a Elly Schlein. Almeno in teoria, perché poi in politica non si è mai sicuri di niente. Tuttavia la circostanza è curiosa. Secondo quanto sta emergendo anche con dichiarazioni pubbliche (Maurizio Lupi: «Siamo favorevoli a una legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza, sul modello delle regioni, con elezione diretta del premier e preferenze»), il centrodestra ha intenzione di proporre una nuova legge elettorale proporzionale ma con il nome del/la candidato/a presidente del Consiglio, il che comporta una evidente spinta bipolarizzatrice.
L’ipotesi potrebbe essere questa: la coalizione che raggiunge il quaranta per cento ottiene il cinquantacinque per cento dei seggi. In ogni caso, se l’ipotesi diventerà legge, gli italiani troveranno sulla scheda i nomi di Giorgia Meloni ed Elly Schlein (ma vedremo che quest’ultima cosa non è così scontata): il presidente del Consiglio verrebbe dunque indicato (non eletto) dagli elettori in uno scontro diretto tra le due leader.
Ma mentre la destra non ha il problema della candidata, che ovviamente è Meloni, Schlein sarebbe sicuramente la sua sfidante a nome del centrosinistra o del campo largo? E chi lo dovrebbe stabilire? Certo, un accordo politico tra le varie componenti potrebbe risolvere la questione, ma con questi soggetti sembra impossibile, e forse sarebbe opportuno riattivare lo strumento delle primarie facendo decidere al popolo del centrosinistra il candidato migliore per battere Meloni. In questo caso, liberi tutti. Nulla potrebbe impedire a Giuseppe Conte o ad altri esponenti di correre.
Il capo del Movimento 5 stelle, in questa fase molto evanescente, lo aveva detto chiaramente ad HuffPost quasi tre mesi fa: «Non ambisco a sedermi a tavolino per trattare coi vertici un punticino del programma. Noi abbiamo un’ambizione maggioritaria. Vogliamo che a decidere siano i cittadini». A eventuali primarie lui ci sarà magari con una linea radical-populista che potrebbe dare qualche fastidio a Elly. E non si può nemmeno escludere che l’ala riformista della coalizione voglia infilarsi tra i due contendenti più di sinistra. Ma per ora sono discorsi prematuri.
Di certo il/la vincitore/vincitrice eletto/a della consultazione popolare avrebbe maggiore forza nella corsa vera contro l’attuale presidente del Consiglio. Schlein guida la forza largamente preponderante dell’alleanza, dunque partirebbe favoritissima, e solo un gioco politico ai suoi danni potrebbe estrometterla dalle primarie, un gioco politico che forse si sta già mettendo in moto, o perlomeno è quello che lei teme reagendo senza rispondere a nessuno in quello che qualcuno definisce una sindrome da accerchiamento.
Schlein è una bipolarista convinta e sicura di farcela, e anche per tagliare la strada a giochi strani avrebbe tutto l’interesse a tornare allo schema delle primarie uliviste del 1996 che insignirono Prodi come possibile premier, pur in un sistema elettorale che all’epoca era diverso. E da parte sua il Professore ha dato una bella mano alla leader del Partito democratico, che pure non lo sta convincendo per niente, mollando una sberla (politica) di non poco conto a Dario Franceschini, improvvisatosi teorico del discusso slogan meglio divisi che uniti: «L’idea che la disunione fa la forza può essere un gioco, ma uno può governare quando si armonizzano i programmi, si fanno esaminare da esperti, si discutono con le persone e si va di fronte all’elettorato con una linea comune», ha detto Prodi.
Caro Dario, studia, è il messaggio dell’unica persona che in trent’anni ha battuto la destra. E tuttavia l’ex leader dell’Ulivo in questa fase non è ottimista, e per questo sprona la segretaria del Pd a prendere l’iniziativa. Prima che diventi troppo tardi.