In ginocchio col tè La classifica dei tè freddi del supermercato

Da quelli al limone a quelli alla pesca, compresa un’incursione nei market internazionali. Abbiamo assaggiato quindici bevande al tè, compreso il tuo preferito, e le abbiamo messe ai voti

Foto di Alessio Cannata

Le foglie della pianta del tè (Camellia Sinensin) arrivarono dalla Cina in Europa intorno al 1610. Sappiamo più o meno bene quanto la pratica di bere il tè sia entrata nella cultura dell’Occidente, sviluppandosi particolarmente nell’area del Regno Unito e affermandosi come una delle bevande più consumate in Europa.
Per centinaia di anni, da Oriente a Occidente, si bevve tè fumante sottoforma di rituale o di momento di socialità oltre che nella dimensione domestica.
Solo 260 anni dopo, con l’invenzione della macchina del ghiaccio, si capì che il tè aveva un suo fascino anche freddo. Comparve prima nei ricettari domestici, poi all’esposizione universale del 1904, fino a essere commercializzato, in formato solubile, da Lipton, la prima azienda al mondo che ebbe l’idea di commercializzare il tè freddo.

Nonostante tutto il successo del tè, a 410 anni di distanza dal suo arrivo non abbiamo ancora capito come si scrive: the, thè, tè o té? Tsè! Si scrive tè, almeno in Italia, ma ogni marchio e azienda l’ha scritto un po’ come gli pare. È anche per questo che siamo confusi. In un articolo dello scorso anno su Dissapore, Lavinia Martini raccontava nel dettaglio cosa dicono i dizionari a proposito.

Una storia millenaria che trova il suo punto di massimo declino nella corsia delle bibite analcoliche del supermercato: in quelle bottiglie a bocca larga e dallo spessore della plastica allarmante, che noi chiamiamo tè freddo anche quando è a temperatura ambiente.
Nel caldo di luglio ci lanciamo in questo test dal contenuto zuccherino elevatissimo, cercando di individuare pregi e difetti di questa bevanda amata nei suoi principali gusti: pesca e limone.

Come scegliere un tè freddo al supermercato
Buona fortuna! Su questi prodotti c’è poco che fa riferimento alla qualità. In nessun caso si parla della varietà di tè usata, se non limitandosi alla tipologia, quasi sempre tè nero. Questo perché il tè nero è più performante quando si creano bevande con presenza massiccia di dolcificanti. Gli altri tè non riescono a emergere abbastanza nel gusto.
Quello che è emerso, per grandi linee, è che i tè presenti in commercio si dividono in dolcificati con zucchero o edulcoranti, oltre alla famosa classificazione italiana per gusto pesca o limone. Infatti, fuori dal nostro Paese il tè al limone è quasi inesistente perché sono tutti più inclini a bere direttamente limonata. Cosa che qui sembra davvero cosa rara. Che bizzarro!

Va quindi fatto un approfondimento sulla questione dolcificanti: le bevande che contengono zucchero necessitano di un consumo moderato. Lo sappiamo da tempo, al punto che il mercato sta rispondendo con alternative a zero presenza di zucchero e dolcificate con edulcoranti come i derivati delle stevia e il sucralosio. Alcuni edulcoranti – ovvero i dolcificanti – possono avere il pregio di dolcificare, in piccolissime dosi, qualsiasi prodotto senza apporto calorico. Per esempio, il sucralosio, un dolcificante artificiale, è 600 volte più dolce dello zucchero. Ciò significa che basterà una piccolissima dose di questa sostanza per ottenere lo stesso potere dolcificante apportato dallo zucchero (con tutte le sue calorie).
Sembra una conquista, ma così non è. L’effetto degli edulcoranti – naturali o di sintesi – sono ancora oggetto di studio perché non è chiaro il loro effetto sul nostro organismo. Di certo, il nostro corpo li classifica come elementi estranei da cui non riesce trarre energia e li espelle nel più breve tempo possibile. E non è chiaro se questo possa avere un impatto su alcune parti del corpo (i reni, per esempio) e come, sul lungo periodo, possano influenzare il nostro benessere. Ma quello su cui possiamo basarci è che tutti gli enti preposti al controllo (per noi l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ne consente il consumo in dosi ridotte. E le dosi usate nell’industria lo sono. Quello che è meno controllabile è quanto, ciascuno di noi, è capace di gestire il consumo di cibi e bevande contenenti edulcoranti.
In breve, non pensate di sostituire un bicchiere di tè zuccherato con due bicchieri di tè con dolcificante: è sbagliato.
A tal proposito, abbiamo addirittura apprezzato i tè solubili che, nella loro immagine vetusta, sembrano aver mantenuto maggiore coerenza: pochi ingredienti, ma tanto zucchero.

Ultima, ma non ultima, la questione ecologica: il mercato del tè è ancora pieno di bottiglie di plastica pesanti e spesse. Questo è probabilmente dovuto alla volontà di mantenere largo l’anello (o la bocca) della bottiglia per incentivarne il consumo. Fare una bottiglia leggera con un anello grande sarebbe molto scomodo.
Ecologicamente parlando, il mercato del tè freddo è ancora agli anni Novanta: poca innovazione sul packaging, una massiccia presenza di confezioni monouso dal costo/litro esorbitante, e un sacco di opportunità non colte.
Ma più che in ogni altro prodotto, il piacere di bere uno specifico tè freddo rientra in una questione di gusto molto soggettiva, dove poco possono fare i test di assaggio.

Cosa significa assaggiare un tè freddo (e non solo)
Approfondimento giornalistico: non pensate che assaggiare i prodotti del supermercato sia un mestiere secondario per Gastronomika. Qui si mette tanta ironia – l’autore si rifiuta di essere formale -, ma l’attenzione è pari a quella che mettiamo dentro i piatti di un ristorante stellato. E vi garantiamo che i prodotti li paghiamo tutti, con tanto di fila alla cassa.
Scrivere un articolo in cui si testano verticalmente dei prodotti del supermercato (trovate tutti i pezzi nel nostro dossier), significa spendere molto tempo nella ricerca dei dati di mercato, per capire la direzione dei consumi di quel segmento, la sua storia. Buona parte del tempo si perde poi nella ricerca del prodotto su più punti vendita, in modo da poter garantire una varianza che possa essere interessante per il lettore. Arriva poi la fase di assaggio che, dipendentemente dal prodotto testato, può richiedere anche diverse ore di tempo.
Per coinvolgere il lettore, cerchiamo anche di fotografare tutti i prodotti acquistati nel modo meno triste possibile, coordinando la fase di assaggio e senza che si alteri la giusta temperatura del prodotto (immaginate che dramma nel caso dei gelati).
Per dare giudizio al tè freddo abbiamo speso 25,40 euro per quindici referenze disponibili tra i vari supermercati, store e negozi stranieri. Tra ricerca delle info, acquisto, assaggio, fotografia e editing dell’articolo sono servite oltre dieci ore di lavoro.
Ora che ci siamo dati un tono raccontandovi il retroscena di questi articoli, passiamo subito a quello che ci diverte di più: trovare il meglio e il peggio nei prodotti più diffusi sul mercato alimentare.

Tè al limone

Ristora tè solubile al limone 4
Un sacco da un chilo che ci permette di fare fino a otto litri di tè. Peccato che al primo sorso vi verrà voglia di gettare via tutto. Il tè solubile Ristora è un’icona delle estati passate in casa tra gli anni ’80 e ’90. Nelle sere di caldo in cui il condizionatore lo avevano solo le persone ricche, il tè a basso costo era l’alleato perfetto. La cosa potenzialmente bella di questo prodotto è che, se rinnovato nella ricetta – attualmente fatta praticamente di solo zucchero – potrebbe essere una bella alternativa più sostenibile delle bottiglie in plastica e dell’eccessivo spazio occupato nel trasporto. Il gusto di questa bevanda è davvero troppo dolce e rimane poco spazio per il sapore del tè (presente al 2%). Colore molto scuro, gusto delle caramelle al limone di casa di nonna. E poi resta l’imbarazzo di aver fatto uno spot come questo. No, dai.

Estathé zero al limone 6 ½
Bellissima invenzione quella di Estathè zero, in cui lo zucchero viene sostituito da edulcoranti come sucralosio ed estratto di stevia. Si abbattono così gli apporti calorici, ma quello che ci interessa davvero è il paragone, in termini di gusto, con Estathè classico.
Li assaggiamo insieme e la differenza è netta: mentre sul classico si percepisce il sapore di tè con una breve coda di gusto che è meno persistente, ma piacevole, nel caso della versione zero la percezione dell’edulcorante come la stevia appiattisce la sensazione di tè e la dolcezza permane sulla lingua. Che peccato! Questa ci sia di lezione per capire che il dolcificante non è migliorativo (nei prodotti e nelle nostre vite).

S.Bernardo tè al limone 7-
Ennesimo esempio di acqua che fa tè. La lista degli ingredienti è molto semplice, e viene specificata la quantità di foglie di tè nero (0,7%). Peccato per l’apporto calorico che, a causa dello zucchero, fa apparire S. Bernardo come il più zuccherato di tutti i tè al limone qui provati. Colore e profumo sono piacevoli, il tè è molto dolce ma con un gusto che si avvicina alla competitor Estathé. Puoi migliorare uscendo dall’anonimato, magari provando a usare limoni certificati e abbassando la quantità di zucchero.

Verum Thè al bergamotto di Calabria 7
Sullo scaffale di Eataly non abbiamo trovato tè al limone, abbiamo pensato quindi di puntare su questa bevanda fatta di tè nero e bergamotto di Calabria, presidio Slow Food. Una bevanda in vetro dal buon profumo. All’assaggio, quello che temevamo: la sensazione di sciroppo per la tosse è spesso un limite del gusto bergamotto. Se il bergamotto è però la vostra passione, avete trovato il vostro tè. Zuccherato. Viva il bergamotto, ma andiamoci piano.

SanTHÈ Sant’Anna al limone 7 ½
La tendenza dei marchi dell’acqua di diventare tè è piuttosto diffusa. Trasformarsi in vino sarebbe stato più stupefacente, ma visto il caldo ci accontentiamo. Santhè è allineato ai tè al limone più diffusi per percentuale di limone usato (0,2%) e nessuna specifica sul tè a parte il fatto che è nero. Qui si usa lo zucchero per dolcificare, non edulcoranti. L’uso di un’acqua a basso residuo fisso migliora l’esperienza. Un’esperienza democristiana.

Estathé al limone 8 ½
A Estathé dobbiamo sicuramente riconoscere la capacità di aprire il mercato delle bevande a base di tè. Nato nel 1972 nel formato iconico del bicchiere, fino al 1994 è stato prodotto solo al gusto limone. Campagne pubblicitarie in pieno stile Ferrero e un gusto piuttosto unico hanno reso questo tè il leader di mercato. Proprio per questo abbiamo scritto a Ferrero per farci dire se la referenza più venduta fosse pesca o limone, ma non ci hanno risposto. Grazie! Da Ferrero dobbiamo imparare una cosa: il formato piccolo è il demonio. Il costo di Estathé nel formato 400 ml è altissimo rispetto a quelli da un litro. Per non parlare del brick. Questo è un ottimo modo per disincentivare gli acquisti in confezione monouso, ma solo se quei soldi venissero spesi per il benessere dell’ambiente.
In etichetta, questo marchio è il primo che sembra mostrare interesse verso il tè, specificando che «Estathé interpreta fedelmente il rituale di preparazione del vero infuso di foglie di the». All’assaggio, è allineato agli altri tè al limone dolcificati con lo zucchero. Ma Estathé genera solo due pareri: o lo ami, o lo odi. Qui lo si ama. E lo si premia anche per una maggiore esaustività delle info veicolate.

Pesca

San Benedetto The pesca 3 ½
Iniziamo subito con questa lattina fatta da S. Benedetto (quelli dell’acqua, sì) che utilizzano un infuso di tè nero pari allo 0,1% della ricetta (è la qualità più bassa in questo articolo), seguito poi dalla pesca (0,1%), zucchero e edulcorati. Non sembra nobilissimo e infatti non lo è. Non si sente il gusto del tè, ma solo di frutta indefinita e annacquata. La sensazione di dolce è eccessiva. Che delusione!

Fuze tea pesca e rosa 4
È un tè di proprietà della Coca-Cola HBC, che si è lanciata sul mercato prendendo un po’ il posto di Nestea, lo ricordate? Forse, con questo video, sì. Nestea è un po’ sparito dagli scaffali e ha lasciato spazio alla multinazionale competitor.
Fuze si posiziona come bevanda a zero zuccheri, usando il sucralosio come dolcificante. La cosa molto strana è la lunga lista ingredienti, ben più lunga della media. Questo non ci piace. In bocca non si percepisce come un tè alla pesca, ma come una bevanda dolce, con note a tratti mandorlate, sarà per via della rosa. Non c’è un elemento che ci faccia credere che sia un prodotto valido, anche se può incontrare il gusto di molti. Non il nostro. Peccato!

Arizona iced tea peach flavour 5+
Un prodotto che arriva nientepopodimeno che dai Paesi Bassi. Diteci se c’è bisogno di far viaggiare per tutta Europa una banalissima bevanda fatta di plastica e acqua, aromatizzata al tè, che non porta nessun valore aggiunto all’Italia.
Pochi ingredienti, tè nero, pesca, zucchero e derivato della stevia. Il sapore è buono, ma si presterebbe meglio a drinkini alcolici. Il costo, poi, è esorbitante: molto più costoso della media dei tè qui provati. Siamo disposti a pagare un tè costoso dei Paesi Bassi solo se in infusione ci metti le foglie di marijuana (no, scherziamo, dai. Forse).

La finestra sul cielo infuso bio tè nero gusto pesca 5 ½
Un tè bio alla pesca, trovato nella polvere da Eataly. Una bottiglia piuttosto anonima di un prodotto che sembra fatto in casa. Il colore è molto scuro e torbido: un segno della buona presenza di tè. Tra gli ingredienti troviamo il succo di uva, che all’assaggio scopriamo essere il gusto più forte, coprendo (quasi) quello del tè. La pesca non è pervenuta. Ovviamente il costo non è basso, ma il risultato è deludente.

Lipton solubile alla pesca 6 ½
Vi sembrerà di comprare la Biochetasi, invece è solo tè alla pesca. Questa busta, dal valore inferiore a un euro e trovata sullo scaffale del bicarbonato, ci riporta a un vecchio modo di consumare il tè freddo, che potrebbe invece essere il modo del futuro, se approcciato con un occhio green e dopo un restyling della ricetta. Solo estratto di tè, zucchero e acidificante. Il risultato finale è di gran lunga migliore rispetto al solubile Ristora. Ricordiamo che Lipton è il primo marchio della storia ad aver commercializzato la formula del tè solubile per il preparato a freddo. Sono passati centinaia di anni e Lipton, benché resista, ha perso smalto. Non ce la sentiamo di dargli un voto insufficiente, è come la nonna che si iscrive alla scuola serale per il diploma a 70 anni: le vuoi bene.

Vitasnella Depura thé 7-
Vitasnella fa subito estate 1995 e certezza del potere dimagrante del sudore. Una scelta diversa dagli altri perché siamo di fronte a un tè verde, arricchito da infuso di erbe. Tutto sommato, leggendo la lista ingredienti, sembra un prodotto piacevole da bere. Niente zucchero, ma acesulfame e sucralosio. Il sapore delle erbe emerge e sovrasta il tè, ma il gusto è buono e rinfrescante. L’etichetta parla chiaramente di tè, ma non siamo sicuri che sia proprio tale. Buon lavoro, ma fuori tema.

Al market internazionale

Bevanda al tè con zucchero e edulcorante 5
Non potendo riportare la marca – scritta con i sinogrammi cinesi – riportiamo la descrizione dell’etichetta tradotta. Lo abbiamo scelto tra altri, attratti dal pack e dagli ingredienti. È un tè verde con succo d’uva a cui si aggiungono zucchero, sciroppo di fruttosio e gli estratti della stevia.
Al gusto, più che un tè, sembra una bevanda alla fragola. Non quella della Basilicata, ma quella della Big Babol. Una bibita di cui possiamo fare a meno, in cambio di una bella fetta di anguria.

Tè verde senza zucchero 5 ½
Una versione liscia di tè verde in cui non sono presenti zucchero o edulcoranti. A tratti potrebbe sembrare l’acqua dove avete messo in ammollo i carciofi, ma in verità è un semplice tè verde freddo di cui non sappiamo molto altro, se non che è privo di apporto calorico. Potete ottenere di meglio preparandolo in casa, a costo più contenuto e scegliendo le foglie di tè.


Bevanda al tè 8
Nell’intento di prendere un tè puro al market cinese, ci siamo imbattuti in questa bottiglia che contiene solo acqua, tè nero e i soliti antiossidanti e correttori di acidità. Una bella scoperta! Finalmente una bevanda che sa di tè, fresca e piacevole, da sostituire a un caffè freddo di metà giornata o da accompagnare alla merenda senza rischiare il diabete.

In conclusione, i tè alla pesca si sono rivelati una delusione generale in termini di gusto e, alcuni casi, di ricettazione. Molto meglio con i tè al limone che si sono rivelati come più clean e coerenti nel gusto. Dopo aver provato diversi tè sembra di capire che le aziende vedono questo segmento di mercato come un’opportunità per fare cassa con un prodotto così stagionale, senza soffermarsi troppo su come migliorare il mercato. Poca qualità, troppo zucchero o edulcorante.
Se siamo stati bravi, negli anni, a imparare l’abitudine di fare il pane in casa, forse possiamo anche provare a comprare buone miscele di tè e prepararci da soli un meritato rinfresco estivo. Servirà solo poco tempo in più, ma meno budget per un risultato più degno.

Tutte le foto sono di Alessio Cannata

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