Può capitare che un dipendente abbia la necessità di agire in giudizio per tutelare i propri diritti, negati dal datore di lavoro. Il riconoscimento di questi diritti, tuttavia, non può prescindere dalla presenza di elementi di prova in grado di suffragare le richieste dei dipendenti. Oltre ai testimoni e ai documenti scritti, i lavoratori possono depositare anche delle conversazioni registrate in ufficio all’insaputa dei propri colleghi o responsabili?
La risposta, come spesso accade quando si parla di diritto, è dipende. Secondo quanto affermato da numerose sentenze, infatti, un dipendente può utilizzare conversazioni registrate di nascosto, senza il consenso dei colleghi, se tale utilizzo è finalizzato alla tutela giudiziale di un diritto. Inoltre, il dipendente deve essere presente durante la conversazione oggetto di registrazione.
In questi casi, la maggioranza dei Giudici privilegia le esigenze di difesa del dipendente rispetto al diritto alla riservatezza dei terzi. Il diritto del lavoro protegge la dignità delle persone e, pertanto, può prevalere rispetto alla necessità di tutelare la privacy dei colleghi o dei responsabili. Si tratta di una delicata operazione di bilanciamento che deve essere valutata caso per caso. Il lavoratore, ad esempio, non può depositare la registrazione di una conversazione avvenuta con un suo collega soltanto per antipatia o ritorsione.
In ogni caso, le conversazioni registrate all’insaputa dei colleghi non devono essere diffuse e devono essere conservate con la massima cura da parte del dipendente. L’incauta diffusione di queste registrazioni può avere gravi conseguenze anche di carattere penale. L’esercizio dei propri diritti non può trasformarsi in un pericoloso gioco di spie.
*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni settimana. Qui per iscriversi