Ci sono le impressioni di Gaia Bonanomi, le sfumature di colore di Camilla Ferrari, la forza delle immagini di Stefano Guindani, l’estetica cinematografica di Giulia Mantovani e l’ironico urban-style di Nicolò Parsenziani. Cinque fotografi, cinque sguardi diversi per età, esperienze e formazione, riuniti insieme per la mostra “Framing Light: Exploring the Essence of Vision through Italian Photography”, aperta al pubblico un giorno soltanto, l’8 febbraio, dalle 13 fino alle 22, all’interno della Sala dei Tessuti, nell’elegante palazzo anni Venti di via San Gregorio a Milano (ingresso libero). Un progetto voluto da Marcolin, azienda leader nel mondo dell’eyewear, per raccontare al pubblico i tre valori della collezione WEB Eyewear, house brand del gruppo: gusto, trasparenza e quiet luxury. Un modo anticonvenzionale per raccontare un prodotto attraverso i valori che lo rappresentano, ma senza mai mostrarlo.
«La sfida e l’opportunità di questo progetto è stata proprio interpretare questi tre concetti senza far vedere gli occhiali» racconta Stefano Guindani, autore di fama internazionale dopo il debutto, trentacinque anni fa, come fotografo di scena al Teatro Ponchielli di Cremona. «E farlo evitando di essere didascalico. Ecco allora che, per il “gusto”, ho voluto evocare quello molto italiano per la bellezza e l’arte, la manualità, il saper creare, attraverso le mani sporche di gesso di uno scultore al lavoro. Le saline di Marsala, invece, dove l’acqua è tinta di rosa per via di una particolare alga e, al tramonto, sembra quasi fluorescente, sono state la location perfetta per parlare di trasparenza legata alla natura, come il volo degli aironi sull’acqua di un altro mio scatto in mostra».
La “quieta grandezza” di Guindani torna anche con le foto dedicate al concetto di lusso: una ragazza seduta all’aria aperta, assorta nella lettura di un libro. Immagini di pace e tranquillità: che sia questo il vero lusso? Hanno l’atmosfera vibrante e indefinita di un sogno, invece, gli scatti di Camilla Ferrari, giovane visual artist milanese che ama lavora con immagini e video nella dimensione del long form storytelling. «Ho cercato di restare fedele al mio approccio “atmosferico”, declinando queste tre parole in una sorta di “viaggio mediterraneo”, fatto delle atmosfere e dei colori estivi del Sud» spiega. “Cartoline da un sogno”, come sono state definite, che cercano di cogliere il risvolto poetico di piccole gestualità, dettagli, riflessi e rifrazioni sull’acqua, nella natura.
Dalle atmosfere oniriche di Camilla Ferrari al tratto giocoso e ironico del fotografo di moda e lifestyle Niccolò Parsenziani, una laurea in architettura nel cassetto e una grande passione – fin dal liceo – per moda e fotografia. «Nei miei servizi fashion cerco sempre di creare un moodboard, una narrazione che dia un’anima alle storie, non parto mai dal prodotto» racconta. Ed ecco allora il gusto di olio, pane e burro, la trasparenza di un sottile telo di plastica che avvolge dei fiori e il lusso del contrasto tra un mazzo di fiori intravisto dallo specchietto retrovisore di un’auto nel traffico milanese. «I fiori sono un tema ricorrente del mio lavoro. In questo caso, ho giocato sulla discordanza tra il caos della città e la bellezza quieta della natura, portata all’interno dell’abitacolo di un’auto». Senza dimenticare i piccoli “errori” (una sfocatura, un’imprecisione, qualcosa fuori posto) che ricorrono, volutamente – quasi fossero una firma – in tutte le foto di Parsenziani. Diversissime da quelle pulite e dalla palette delicata di Giulia Mantovani, fotografa nell’editoria di moda. «Ho cercato di riflettere su questi valori a livello personale, scegliendo di calarli nel quotidiano. Come per il gusto. le immagini di una tavola estiva a fine pranzo, che evocano la convivialità con una nota quasi nostalgica per qualcosa che è già accaduto. Il lusso, invece, l’ho raccontato su una spiaggia del Sud, con i toni caldi e avvolgenti che evocano il riposo. Ma il concetto più sfidante per me è stato la trasparenza, legato al valore dell’onestà, che ho scelto di illustrare con il corpo di una modella bagnato dalle onde del mare».
In mostra anche i lavori in pellicola di Gaia Bonanomi, uno studio a Milano e un altro a Barcellona, che considera la fotografia soprattutto un potente strumento di scoperta di sé e di connessione con gli altri. «Per me tutto parte da un’esperienza personale, da colori, stratificazioni, tessuti e forme che mi portano a vedere la realtà con occhi diversi» spiega. «Ecco allora il gusto italiano che si traduce nel restituire valore alle cose semplici, quotidiane, artigianali, trasformandole in oggetto del desiderio. O il quiet luxury evocato da una donna che si muove con grazia in controluce, che danza nella natura: immagini che sembrano sequenze rubate da un film. È stato progetto molto interessante, non capita spesso che un brand decida di investire sull’immagine pura facendo dialogare fotografi diversi. Sarà bellissimo vedere riuniti insieme i nostri scatti».