La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 28 ottobre, XXVIII
Giorno della Nuova Era Riformista, si apriva con le ultime notizie
da Mosca, dove gli ostaggi sono stati "tutti uccisi dal
gas". Le pagine di Rep. sul blitz moscovita sono contraddittorie.
Vediamo perché. Leggendo i titoli di prima pagina sembra
che il giudizio di Rep. sull’operato di Vladimir Putin sia fortemente
negativo: "Salgono a 117 gli ostaggi morti. La protesta
dei parenti cacciati dagli ospedali" e "ancora centinaia
i ricoverati. Scoppia la polemica tra Putin e la Ue". Anche
la pagina 2 è su questa linea: "Mosca, la strage
del gas", "è solo colpa dei chimici, hanno sbagliato
dosi e metodo", "prima la nebbia, poi il sonno, molti
di noi sono morti così", "hanno usato una miscela
proibita", "è un’arma vietata dagli accordi",
"una sostanza sperimentale adoperata da incompetenti".
Poi, improvvisamente otto pagine dopo, nell’ottima ricostruzione
di Alberto Stabile, Rep. cambia tono e racconta che l’attacco
di Putin è stato giustificato dal fatto che i ceceni avevano
cominciato a uccidere gli ostaggi. In un altro articolo un sopravvissuto
racconta di una "ragazza" che "si ribellò
e subito le spararono".
L’altra grande notizia di ieri era la vittoria di Lula, il metalmeccanico
e leader sindacale che ha stravinto le elezioni brasiliane. Il
bravo Guido Rampoldi, da San Paolo, gli fa un ritratto-monumento
pieno di rimandi e riferimenti alla storia politica e sindacale
di Sergio Cofferati. Probabilmente, trovandosi dall’altra parte
del mondo, non è stato avvertito che la nuova linea di
Rep. è dimenticare dimenticare dimenticare l’amore bello
di un tempo.
Un’altra notizia cui Rep. dedica due intere pagine è la
nuova eruzione dell’Etna. L’articolo di Attilio Bolzoni è
magmatico. Comincia così: "Il vento questa volta
non sparge sui suoi fianchi solo cenere e odori di zolfo. E i
giochi di fuoco ad alta quota non sembrano solo effetti speciali,
fontane rosse che colorano all’improvviso il cielo e poi ricadono
sulla neve fresca".
Nel weekend è tornata Concita De Gregorio (Conc.). Ovvio,
c’erano i girotondi da raccontare. C’è da fare una premessa.
Gli articoli di Conc. sono scritti molto bene e sono sempre esilaranti.
Ieri però Redazionalmente Corretto è stato colto
da un dubbio: e se Conc. fosse la nuova Wodehouse italiana? Frasi
come quella che segue meritano di entrare nella storia del giornalismo
politico: "Fuori dal bar il filosofo Gianni Vattimo spiega
meglio il senso del suo intervento: ‘Bisogna rottamare D’Alema
e convincere Cofferati a prendere la guida della sinistra. Bisogna
raccogliere firme. Andrò di persona da Bobbio a chiedergli
la sua’. E anche: ‘Bisogna fare uno statuto del movimento, una
carta dei principi. Se no cosa impedisce che il giorno in cui
si vota arrivino cento naziskin, e se io domani ubriaco convoco
una riunione a Canicattì?’". E’ o non è Wodehouse
a farle scrivere: "Zacchiroli informa che alle quattro è
nato suo nipote Tommaso" oppure che "Diego Novelli
da Torino nei suoi tre minuti infiamma la sala". Novelli
che infiamma? E che dire di Franca Rame che "parla delle
firme da mandare a Ciampi contro la Cirami" contrapposta
a "un biglietto letto da Moretti" che annuncia la costituzione
"oggi qui, del comitato ‘Basta roba a Ciampi’, per evitare
di ingombrare di roba inutile? Geniale, no? Eppure c’è
chi sostiene che Conc. non sfotta affatto. La seguiremo.
Il lunedì è il giorno dell’inserto "Affari
& Finanza" scritto, diretto e interpretato dal giornalista
a banda larga, Giuseppe Turani (Tux.). Ieri ha scritto cinque
articoli e tre interviste. A pagina 17, invece, c’è un
articolo di Agnese Ananasso sui weblog, i giornali-diario su
Internet. L’articolo è confuso ("alcune delle maggiori
testate giornalistiche come il Guardian, il Salon, la Cbs hanno
creato il loro weblog") e pieno di inesattezze. Andrew Sullivan,
per esempio, non è il "primo blogger", non è
"radicale" e non è "capo redattore di The
New Republic".
Rep. di domenica era fantastica, e non solo per la riflessione
di Adriano Sofri sui ceceni, un popolo che conosce molto bene.
C’era anche la sessantacinquesima puntata di Casa Cirami, la
sit-com scritta da Liana Milella (Mil.) per complicare una cosa
semplicissima, e cioè, detta perché ci si intenda:
"legge Cirami=risposta del Cav. a offensiva Procura di Milano".
Mil., invece, si appassiona ai singoli commi e si accapiglia
sui sub emendamenti della legge con il risultato di non far capire
più niente: "Perché Cirami riconosce alla
Consulta solo una ‘sensibilità’: quella di non aver ancora
deciso sul caso Previti. Per il resto, le sue parole sono state
inequivocabili quando ha parlato del sospetto che si voglia prevaricare
il Parlamento nella sua sovranità. ‘Padre biologico’ del
legittimo sospetto, il senatore siciliano ormai vede ‘sospetti’
da ogni parte e lancia accuse anche nelle sedi dove proprio non
dovrebbe". Vi pare che abbia finito qui? "Alla Corte
non fanno un solo passo indietro. Meraviglia c’era l’altro ieri,
e meraviglia era rimasta ieri. Meraviglia per affermazioni gravi,
cui non aveva fatto seguito una pubblica reprimenda da parte
di chi ha il dovere, come presidente di un’istituzione, di garantire
non solo la propria, ma anche l’altrui dignità pubblica".
Qui l’unica meraviglia è che continuino a farla scrivere.
Domenica c’era una pagina delle lettere sublime. Alberto Arbasino
sfotteva Ilvo Diamanti che si era lamentato della marginalità
delle città italiane: preferisce, gli ha detto Arbasino,
la centralità di Sarajevo, Kabul, Hanoi e Beirut? Antonello
Caporale si è preso la solita smentita, mentre Rep. si
è scusata per lo scherzetto di sabato a Michele Serra.
Stanchi del suo buonismo, gli uomini del desk gli hanno firmato
l’articolo con un altro nome: Rupert Murdoch, detto lo squalo.
W la nuova Rep. (continua)
29 Ottobre 2002