Camillo di Christian RoccaJohn Negroponte

Milano. John Negroponte è il primo direttore dei servizi segreti americani, la nuova figura di coordinamento dell’intelligence creata su indicazione della Commissione parlamentare d’indagine sugli attacchi dell’11 settembre. E’ stato nominato ieri dal presidente George Bush e assumerà l’incarico dopo la conferma (scontata) del Senato. Il suo vice sarà il generale Michael Hayden, l’attuale capo della Nsa, un’agenzia di intelligence del Pentagono. Negroponte oggi è l’ambasciatore americano a Baghdad, l’uomo che negli ultimi mesi ha coordinato la politica della Casa Bianca nell’ex paese di Saddam. La sua nomina a capo dei servizi, proprio nel bel mezzo del processo di formazione del governo iracheno, apre nuovi scenari sia a Washington sia in medio oriente. Il national intelligence director ha il compito di gestire il budget (40 miliardi di dollari annui) di tutti i servizi segreti americani, compresi Cia ed Fbi. Sarà Negroponte, per intenderci, a decidere chi e che cosa finanziare, pare anche con competenza sulla fetta di denaro per le azioni coperte, fin qui gelosamente custodita dal Pentagono.

Il direttore della Cia, quello dell’Fbi, e i capi delle altre 13 agenzie di intelligence dovranno riferire le loro analisi a Negroponte, il quale ogni mattina informerà il presidente. Negroponte non farà parte del governo, al contrario di quanto aveva chiesto la Commissione 11 settembre. Non avrà un ufficio alla Casa Bianca, ha detto Bush, ma sarà il numero 1 del mondo dell’intelligence. Non si sa ancora se lavorerà dalla storica sede della Cia a Langley oppure da altrove.
John Negroponte è un diplomatico di carriera di 65 anni, un professionista che da quattro decenni serve il suo paese nei posti più complicati del pianeta. Prima dell’incarico in Iraq, il nuovo capo dei servizi è stato l’ambasciatore di Bush alle Nazioni Unite, ma il nome se l’è fatto negli anni Sessanta e Settanta prima in Vietnam del Sud, poi da assistente di Henry Kissinger. Nel decennio successivo è stato l’uomo di Ronald Reagan in Centro America e il coordinatore delle politiche antisandiniste. Lucia Annunziata, editorialista della Stampa, lo conosce fin da allora ("sono un’attenta osservatrice del negropontismo"). Recentemente lo ha incontrato a Baghdad, e non è affatto stupita della nomina: "E’ un personaggione, uno sempre destinato a un incario più importante". A Baghdad, spiega al Foglio, Negroponte ha fatto quello che ha sempre fatto in tutta la sua carriera e che doveva fare anche in questa situazione, "organizzare un servizio di intelligence alternativo a quello della Cia".

Il nuovo ambasciatore a Baghdad
Negroponte non è stata la prima scelta di Bush, almeno così si dice. I democratici proprio l’altro ieri avevano criticato il presidente perché a due mesi dalle elezioni non aveva ancora nominato il capo dell’intelligence, il tassello mancante della sua squadra di sicurezza nazionale. Secondo i giornali, la Casa Bianca ha contattato tre persone prima di Negroponte, nessuna delle quali ha accettato l’incarico. Ma il capo dello staff della Casa Bianca, Andrew Card, ieri sera ha decisamente smentito. Questa cosa, insieme con il momento delicato della situazione in Iraq, ha destato qualche sospetto. Una fonte vicina ai falchi del team Bush ha raccontato al Foglio, dietro promessa di anonimato, che l’Amministrazione in realtà non era molto contenta del lavoro svolto da Negroponte. L’ambasciatore aveva puntato gli equilibri del nuovo Iraq su Iyyad Allawi, uscito ridimensionato dalle urne. Non si tratterebbe però di un segnale di cambio di politica, ma piuttosto di uno sforzo per rendere l’attuale politica più efficace: ci sarà un nuovo governo, meglio che ci sia una controparte americana altrettanto nuova. Il giovane neocon Michael Rubin, ex consigliere dell’Autorità americana a Baghdad, non è affatto d’accordo con questa interpretazione, nonostante sia stato un vivace critico delle scelte pro Allawi di Negroponte. Rubin ha detto al Foglio che a Baghdad circolava da tempo la voce che Negroponte volesse lasciare: "Non è un posto che si può occupare a lungo. E’ normale che arrivi un ricambio dopo una svolta, cioè dopo le elezioni". L’incarico di Negroponte, ha detto Rubin, non è affatto onorifico, al contrario delle medaglie che Bush ha assegnato a Paul Bremer e George Tenet, due collaboratori fatti fuori.
Non si sa ancora chi prenderà il posto di Negroponte a Baghdad. Due mesi fa si parlava di Eric Edelman, ambasciatore in Turchia, ma ora ci sono indiscrezioni su Zalmay Khalilzad, attuale ambasciatore in Afghanistan, compagno di studi di Paul Wolfowitz, fondatore del Project for a new american century e sponsor di Ahmed Chalabi. "Se è vero ­ dice Rubin per confermare che non si tratta di una bocciatura di Negroponte ­ non sarei sorpreso se Khalilzad dovesse lasciare subito dopo il referendum sulla Costituzione". Anche Paul Berman, intellettuale liberal, che negli anni Ottanta criticò la politica condotta da Negroponte in Honduras, spiega al Foglio che si tratta di una promozione: "Avrà più potere, non meno. Il nuovo ambasciatore in Iraq riferirà anche a lui, non solo a Condoleezza Rice".

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