Milano. George Bush ha scelto il suo primo giudice della Corte suprema, probabilmente il primo di tre che gli capiterà di nominare nei suoi otto anni alla Casa Bianca (altri due potrebbero dimettersi per motivi di salute). Chi si aspettava una scelta radicale, volta cioè ad avviare un infuocato dibattito sul ribaltamento della sentenza “Roe contro Wade” che nel 1973 rese l’aborto un diritto costituzionale, è rimasto spiazzato. John Roberts – 50 anni, dello Stato di New York, cattolico praticante, una gran carriera di avvocato e parecchia esperienza come consulente giuridico del governo – è un uomo di destra, un conservatore di vecchio stampo, ma anche rispettato dai liberal, tanto che nel 2003 fu confermato all’unanimità dal Senato per il posto alla Corte federale di Washington, dopo aver ottenuto il via libera (16 a 3) dalla Commissione Giustizia.
Più che l’aborto è un altro l’aspetto interessante del suo profilo e non a caso ieri, nel corso di un intervento a favore dell’approvazione del Patriot Act, Bush ne ha parlato: Roberts condivide la cornice legale della guerra al terrorismo elaborata dalla Casa Bianca dopo gli attacchi dell’11 settembre. E a differenza del ministro della Giustizia Alberto Gonzales, fino a ieri candidato alla Corte e autore di quella cornice giuridica, non avrà problemi di conflitto di interessi se alla Corte dovesse capitare di giudicare le norme antiterrorismo. La settimana scorsa Roberts ha negato ai terroristi processati a Guantanamo il diritto alle medesime garanzie giuridiche di cui godono i cittadini americani e i semplici prigionieri di guerra.
La seconda chiave di lettura è politico-parlamentare: scegliendo Roberts, Bush ha smontato sul nascere le barricate che i Democratici erano pronti ad alzare contro l’incubo del giudice antiabortista che li terrorizza da anni. Le reazioni sono state molto equilibrate, a partire da quella del leader al Senato Harry Reid. Non solo: qualche giorno fa il senatore centrista Joe Lieberman aveva detto che se Bush avesse nominato uno come John Roberts, sarebbe stato interpretato come un segnale di dialogo con l’opposizione. Detto, fatto. Ora è difficile per i Dems organizzare l’ostruzionismo contro un candidato che solo qualche mese fa confermarono senza problemi e non inserirono nella lista dei dieci giudici “inaccettabili”. Questo non significa che i Democratici voteranno Roberts, ma solo che quei 14 senatori centristi che il mese scorso sbloccarono il filibustering consentiranno ai repubblicani di votare. In questo caso Roberts sarà confermato per la sessione autunnale della Corte.
No ai giudici militanti e legislatori
Roberts è stato il vice di Kenneth Starr, il procuratore del Sexgate di Bill Clinton, ma è molto apprezzato dagli ex consulenti del presidente democratico. E’ anche uno degli avvocati che ha discusso più cause alla Corte suprema: 39. E’ giudice soltanto dal 2003, ma in passato è stato assistente dell’attuale presidente William Rehnquist. L’altra sua decisione che ha fatto discutere è quella con cui ha impedito a una ragazzina di 12 anni di far causa all’azienda dei trasporti che l’aveva fatta arrestare perché mangiava patatine fritte in un treno. A malincuore, non giudicò l’arresto una violazione costituzionale.
Roberts sostituisce la conservatrice moderata Sandra O’Connor. Come lei, Roberts non è un ideologo, quindi apparentemente non è del genere che piace a Bush. Il presidente aveva detto che il suo giudice ideale era del tipo di Antonin Scalia o di Clarence Thomas, ovvero un fedele interprete della legge, non un militante che usa i tribunali per legiferare. Come loro, Roberts è un federalista convinto: crede cioè che la Costituzione assegni a Washington competenze minime e che gran parte del potere spetti ai 50 Stati. La cosa preoccupa il New York Times e le lobby ambientaliste e sindacali, perché il suo voto “federalista” potrebbe far pendere la bilancia a favore della cancellazione di diversi interventi pubblici federali. Come O’Connor, Roberts è un giurista pro-business, attento a tutelare la libera intrapresa, ma resta un pragmatico alla Rehnquist. Quanto all’aborto, subirà la pressione dei Democratici. Sarà riesumato quel breve parere che scrisse a favore di Bush padre con cui invitava a ribaltare la “Roe”. All’audizione del 2003, spiegò che si trattava della posizione dell’Amministrazione, non della sua. In ogni caso il suo voto, oggi, non è decisivo (con O’Connor la maggioranza pro choice era di 6 a 3). I liberal però non si fidano. E per la verità neanche i conservatori, ancora scottati da O’Connor e da David Souter, i due giudici scelti per il curriculum conservatore e poi diventati liberal.