Camillo di Christian RoccaServizio pubblico (Nel giorno della tragedia non sfugga la farsa di Rep.)

Rep. da ieri è l’unico giornale al mondo a essersi schierato a favore del carcere per i giornalisti che proteggono la loro fonte. E lo ha fatto con un comico editoriale di Giuseppe D’avanzo e con un articolo di cronaca del suo compare Carlo Bonini (nota per le loro sempre misteriose fonti: attenti che questi se la cantano subito). Bonini, addirittura, maramaldeggia, scrivendo che "la Miller entra in un penitenziario. Ma dell’area metropolitana di Washington. Non dunque nelle violente galere cittadine che scoppiano di neri". Ma vi rendete conto? Ma andiamo alpunto: perché l’editoriale di D’Avanzo è comico? Ecco perché. La tesi è questa: la giornalista del New York Times, Judith Miller, ha fatto un sacco di favori alla Casa Bianca, compreso quello di fare il nome di Valerie Plame, un’agente segreta della Cia, al fine di screditare la Cia medesima perché contraria alla guerra in Iraq e il marito dell’agente che andò in Niger e scoprì che non era vero che Saddam voleva comprare uranio dal Niger. Il ragionamento fila. Solo che i fatti citati, i fatti alla base del ragionamento di Davanpour, sono falsi. Ripeto: falsi. Judith Miller, al contrario di quanto scrive Davanpour, non ha mai fatto il nome di Valerie Plame (dal NYT di oggi: "Ms. Miller did not write an article about Ms. Plame"). A fare il nome è stato Robert Novak, libero e (nontanto) bello. Secondo fatto falso: il marito di Valerie Plame, vale a dire l’ambasciatore Joseph Wilson, non scoprì che la vicenda dell’uranio era falsa. Nonostante a Davanpour non risulti, lo stesso Wilson nel suo libro, e poi la Commissione sull’11 settembre e poi una commissione indipendente britannica guidata da Lord Butler ( "We conclude that the statement in President Bush’s State of the Union Address of 28 January 2003 that `The British Government has learned that Saddam Hussein recently sought significant quantities of uranium from Africa’ was well-founded") e poi il Washington Post, il New York Times, il Financial Times (d’accordo, Zuccopycat e Caretto non ne hanno fatto cenno), hanno confermato che la storia era… vera. Dunque: Bush inserì 16 parole nel discorso sullo Stato dell’Unione, con le quali diceva che ai servizi inglesi risultava che Saddam aveva cercato di acquisire uranio arricchito in Niger ("The British government has learned that Saddam Hussein recently sought significant quantities of uranium from Africa"). Cheney mandò, su suggerimento dell’agente Cia Valerie Plame il di lei marito Joseph Wilson a controllare. Wilson andò, trovò conferma che un ministro di Saddam aveva chiesto al premier del Niger di acquistare uranio ed anche che il premier del Niger gli spiegò che era difficile farlo, viste le sanzioni Onu sull’Iraq. Wilson, quindi, tornò scrisse un rapporto alla Cia (sulla base del quale Bush parlò alla nazione), ma poi scrisse un articolo per il NYT nel quale fece attenzione a dire di non aver trovato la prova dell’avvenuta vendita. Attenzione: dell’avvenuta vendita, non del tentativo di acquisto, cioè dell’accusa di Bush. I pirlotti ci sono cascati ed è scoppiato un casino. Però la Commissione sull’11 settembre ha confermato (e peraltro ha raccontato di alcune bugie e di altre ambiguità di Joseph Wilson) che il tentativo di vendita c’è stato.. William Safire sul New York Times pure. Il Washington Post con un editoriale anche. Il Financial Times non è stato da meno. Così come la Commissione inglese di Lord Butler. Ricapitoliamo: l’editoriale di D’Avanzo dice che la Miller ha compiuto un reato federale, e non è vero. Dice che Wilson andò in Niger per trovare conferma del “tentativo di Saddam di acquistare 500 tonnellate d’uranio” e sostiene che capì che “la storia non era vera”, e anche questo è falso ("Wilson told his Cia contacts Iraq tried to buy 400 tons of uranium in 1998"). Di 500 tonnellate parla solo D’Avanzo. Bush non ha fatto cifre e comunque Saddam ha cercato di comprarne 400. E’ possibile che si siano inventati cose di questo tipo, o peggio non le conoscano, per di più per sostenere la tesi della galera per una giornalista di sinistra non necessariamente in guerra con Bush? Con Rep. è possibile tutto. (Consiglio a Davanpour: la prossima volti copi da Rosa Brooks, non sopporta la Miller filo-guerra in Iraq ma, almeno, per le ragioni giuste). Non mi occupo di cose italiane, quindi non so. Ma se le inchieste italiane di Bob D’Avanzo e Carl Bonini sono fatte come quelle americane, stiamo freschi.
PS
Rep. è sfortunata con Joseph Wilson (a proposito: leggete come i giornali di sinistra sfottono il suo libro e prendono in giro il fatto che tutto questo can-can per aver fatto il nome della moglie e poi la moglie si fa fotografare in posa su Vanity Fair come Gwyneth Paltrow). Ricorda Luca Sofri che un giorno Rep. intervistò Joseph Wilson, ma nel sommario, nel testo e nella didascalia lo chiamò Robert Wilson. Solo dall’illustrazione della copertina del libro si capisce che l’autore del libro appena intervistato era Joseph Wilson.

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