Milano. Si fa presto a dire “ci vuole l’intelligence” per contrastare le cellule islamiste che seminano il terrore in mezzo mondo. Tanto più che ogni qual volta si scopre che l’intelligence agisce, in Pakistan o a Milano o in qualsiasi altro posto del mondo, gli stessi che fino al minuto precedente avevano spiegato che le armi-e-la-guerra-non-servono-piuttosto-ci-vuole-l’intelligence, con la stessa medesima convinzione denunciano violazioni dei diritti civili, abusi imperdonabili e mancanza di trasparenza nelle azioni coperte. In ogni caso, da sola e senza una politica da servire, l’intelligence non può sconfiggere il terrorismo. E come potrebbe? I servizi segreti non si accorsero dello sbarco in Normandia di un milione di soldati a bordo della più imponente flotta della storia. Non si accorsero di Pearl Harbor e l’11 settembre hanno sofferto di una “mancanza di immaginazione”. Riuscirebbe a proteggere le stazioni di metropolitana d’occidente?
Nei quattro anni successivi all’attacco alle Torri gemelle si è scoperto con grande evidenza che, senza bisogno di essere “deviati”, i servizi non sono un monolite. Piuttosto sono una comunità variegata di strutture, agenzie e persone con diverse visioni della società e del mondo. In fondo i servizi di intelligence non fanno altro che analizzare e interpretare le cose che accadono, le notizie che ricevono, gli indizi che raccolgono. E spesso le analisi e le interpretazioni sono differenti, come è ovvio che siano, al punto che all’interno del governo inglese c’era una diversa percezione del pericolo terrorista. Il Financial Times ha raccontato che l’MI5 aveva abbassato il grado di minaccia da “grave” a “importante” e in città l’apparato di sicurezza era più “rilassato” rispetto ai giorni delle elezioni. Contemporaneamente il ministero dell’Interno insisteva a dire che la minaccia era “grave e concreta”.
Ora è l’Iran a dividere gli esperti di intelligence. Negli Stati Uniti sono appena usciti due libri, Countdown to terror e Countdown to crisis. Entrambi considerano attendibili alcuni rapporti di intelligence che la vecchia gestione della Cia ha giudicato non credibili e quindi cestinato. Uno dei due autori è Curt Weldon, vicepresidente repubblicano della commissione Servizi armati. Weldon ha scoperto che la Cia e le altre agenzie hanno deciso di non tenere conto delle rivelazioni di un oppositore iraniano, secondo cui l’Iran avrebbe già pianificato “l’operazione dodicesimo Imam”. Un attacco nucleare così devastante da far rimpiangere l’11 settembre. Kenneth Zimmerman sostiene che altri rapporti contengono la prova che l’Iran abbia aiutato al Qaida a organizzare l’11 settembre e che ora nasconda e protegga bin Laden.
Questi libri contengono attacchi diretti alla Cia di George Tenet, il direttore dell’Agenzia che prima della guerra giurò a Bush che sarebbe stato un gioco da ragazzi, un rigore a porta vuota, trovare le armi di distruzione di massa in Iraq. Il capo stazione Cia a Parigi è intervenuto pubblicamente per smentire la fonte del deputato repubblicano, ma l’ex direttore della Cia James Woolsey sostiene che il libro va letto perché dimostra un fallimento dell’intelligence che potrebbe avere effetti catastrofici negli Stati Uniti.
Bush riforma la riforma dei servizi
Lo scontro dentro i servizi d’informazione è inarrestabile, nonostante Bush abbia incaricato il nuovo direttore della Cia, Porter Goss, di fare tabula rasa. Ogni giorno c’è un libro-rivelazione di un ex agente Cia o dell’antiterrorismo che accusa questo e quello di aver fatto o di non aver fatto qualcosa. Soltanto due giorni fa una cronista del New York Times è entrata in galera per una soffiata ricevuta su un’agente della Cia che si opponeva alla politica della Casa Bianca. In tutta questa gran confusione è passata quasi inosservata la seconda riforma in sei mesi varata da Bush. A dicembre aveva creato una nuova struttura di coordinamento di tutti i servizi di sicurezza, affidata a John Negroponte. La settimana scorsa ha recepito 70 proposte su 74 preparate da una commissione bipartisan. Scomparirà la separazione tra attività investigative fuori e dentro i confini americani (l’Fbi non opera all’estero e la Cia non può condurre azioni in America). Bush ha creato una semi-autonoma divisione di Sicurezza nazionale all’interno dell’Fbi che risponderà direttamente a Negroponte.