L’imbarazzo dei giornali americani di ieri mattina era evidente. La notte precedente, dallo spettrale centro storico di New Orleans, George W. Bush aveva parlato al paese della tragedia e delle devastazioni causate dall’uragano Katrina e spiegato punto per punto il suo piano di ricostruzione e di investimenti nelle zone colpite. Con una retorica che ultimamente sembrava aver perduto, tanto da aver richiamato in servizio Michael Gerson, cioè lo speechwriter dell’11 settembre, Bush ha promesso di fare quello che da sempre sa fare meglio, ovvero spendere i soldi federali come nessun altro presidente di destra o di sinistra abbia mai fatto. Al contrario di quanto scrivono gli sciacalli ideologici, secondo i quali Katrina sarebbe da addebitare alle politiche liberiste e ai tagli alla spesa pubblica decisi da Bush (oltre che a Kyoto, alla guerra in Iraq, al razzismo e a tutto ciò che possa danneggiare la Casa Bianca), questa Amministrazione sarà ricordata come la più spendacciona e solidale della storia d’America, dall’istruzione, alla sanità, agli aiuti umanitari nel mondo. Bush rifiuta la politica dello “small government” tipica del suo partito, anzi crede che il potere federale debba essere speso per migliorare la vita dei cittadini sia in patria sia all’estero. E’ la “dottrina Bush” esportata a New Orleans con 60 miliardi di dollari stanziati per l’istituzione di una gigantesca zona fiscalmente protetta che garantisca aiuti, agevolazioni, assegni, sussidi, prestiti e finanziamenti. La ricostruzione di New Orleans, secondo Bush, dovrà essere la chiave per curare l’endemica povertà di queste aree dell’America post segregazione.
I giornali si sono accorti del rilancio bushiano e avvertono che con il discorso di giovedì il presidente ha provato a ricostruire non solo New Orleans ma anche la sua immagine, tanto che il Washington Post ha notato come, non a caso, il supervisore della campagna di aiuti sarà Karl Rove (ma sul campo andrà uno tra il generale Tommy Franks e l’ex presidente della General Electric, Jack Welch). Non ci vorrà molto tempo per capire se l’ennesimo rilancio di Bush avrà un esito positivo. Dal nervosismo dei media pare di sì, tanto più che da lunedì New Orleans riaprirà i battenti proprio mentre le dimensioni della tragedia prendono una forma più accettabile: a oggi i morti sono 710 ed è improbabile che diventino 10 o 25 mila, come si diceva all’inizio. Katrina ha devastato una zona grande 233 mila chilometri quadrati. L’Italia misura poco di più. Solo immaginando l’impatto di un uragano della forza di Katrina su tutta l’Italia, da Trapani a Trento, si può intuire come e quanto le strutture di soccorso americane siano riuscite a limitare i danni.
17 Settembre 2005