I pacifisti che nel weekend hanno sfilato a Washington con la “peace mom”, Cindy Sheehan, sono davvero pacifisti? Uno scrittore di sinistra come Christopher Hitchens sostiene esattamente il contrario: quelli non vogliono la pace, sono a favore della guerra solo che tifano per gli avversari. E’ un’esagerazione di un brillante intellettuale anticonformista? Mettiamo in fila i fatti. Da alcune settimane i giornali raccontano di un nuovo sentimento pacifista che attraversa l’America, simile a quello che negli anni Settanta costrinse gli Stati Uniti a ritirarsi dall’Indocina e a consegnare quei poveracci nelle mani dei loro torturatori comunisti dai quali peraltro non sono ancora riusciti a liberarsi. La figura chiave di questa favola è Cindy Sheehan, la madre di un soldato americano partito per l’Iraq come volontario e ucciso in battaglia a Sadr City. I giornali ne parlano come di una tranquilla, moderata, probabilmente repubblicana, casalinga della California, inizialmente favorevole alla guerra e poi, complice l’insensatezza della morte del figlio, ravvedutasi fino a diventare l’icona e la paladina della nuova consapevolezza pacifista americana.
Per dare maggior forza a questa tesi, i cronisti non scrivono che la Sheehan era contro la guerra anche prima della morte del figlio, che la sua famiglia ha preso le distanze dalla sua protesta, che il marito ha addirittura chiesto il divorzio e che, infine, un incontro tra Cindy e Bush in realtà c’è stato, e pure cordiale, tanto che una fotografia immortala il bacio tra i due e, in un’intervista a caldo, Cindy ha usato parole dolci per il presidente. I giornali dimenticano, soprattutto, di riportare le cose che Cindy oggi dice e scrive, cioè che le truppe americane dovrebbero ritirarsi non solo dall’Iraq ma anche dall’Afghanistan e perfino da New Orleans. Non è una battuta: Cindy Sheehan ha scritto un articolo con cui ha criticato Bush per aver mandato l’esercito nelle zone colpite da Katrina: Fallujah o il quartiere francese per lei pari sono, entrambe vittime dell’imperialismo americano. Sabato sera, stando a un intervento pubblicato a suo nome su Daily Kos, ovvero il più autorevole e più letto blog di sinistra, Cindy si è addirittura lamentata del fatto che la Cnn avesse trasmesso sempre e soltanto notizie sull’uragano Rita nonostante si trattasse soltanto di “un po’ di vento e un po’ di pioggia”, proprio mentre “in questo paese” succedono altre cose più importanti come la sua marcia su Washington.
Cindy Sheehan è tutto tranne che una moderata: definisce Bush “il più grande terrorista del mondo”, crede che in Iraq e in Afghanistan il presidente stia commettendo “uno sfacciato genocidio”, sostiene che i soldati americani combattano già “una guerra nucleare” e afferma per iscritto (ma poi ha smentito) che gli assassini di suo figlio sono “combattenti per la libertà”. La protesta della Sheehan è così fuori sincrono con il senso comune dell’America reale al punto che nessun leader del Partito democratico, ma proprio nessuno, né Hillary Clinton, né il pacifista Howard Dean, né Ted Kennedy, né John Kerry, s’è mai fatto vedere accanto alla mamma cosiddetta coraggio e tantomeno alla marcia di domenica. Tutto ciò è difficile leggerlo sui giornali, sia sui grandi quotidiani liberal americani sia sui nostri, sul Corriere della Sera in primis. Una mamma che ha perso un figlio è giustificata, qualsiasi cosa dica, al contrario dei giornalisti liberal e di sinistra che sfruttano il suo dolore e la sua disperazione per misere convenienze politiche e per abbattere un presidente che non appartiene al loro quartierino.
Ritirare le truppe, anche da dove non ci sono
I giornali non hanno riportato, oppure hanno nascosto, le sigle organizzatrici della marcia: il gruppo neo-comunista Answer e l’United for Peace and Justice. E’ sufficiente farsi un giro dentro i loro siti, oltre che in quello del Worker’s World Party dell’ex Attorney General Ramsey Clark, per scoprire che si tratta di gruppi estremisti che sostengono il dittatore nordcoreano Kim Jong Il, quello cubano Fidel Castro, quello venezuelano Hugo Chavez, l’ex tiranno serbo Slobodan Milosevic e, nel caso del partito di Clark, finanche l’invasione sovietica dell’Ungheria nell’anno domini 1956. Appena c’è da difendere un dittatore comunista o un affamatore di popoli, loro ci sono sempre e, tra l’altro, chiedono anche di ritirare le truppe americane dalla Palestina e da Haiti, dove non ci sono. Il settimanale The Nation e diversi opinionisti radical ma pacifisti veri, da David Corn a Marc Cooper, avvertono i compagni che “Answer is not the answer” ma un fronte in difesa del fascismo, dello stalinismo e del jihad. Sono guerrafondai, non pacifisti.