Milano. Martedì notte la California ha legalizzato il matrimonio gay con uno storico voto della Camera bassa, successivo a un’analoga deliberazione di giovedì del Senato di Sacramento, la capitale dello Stato. Il governatore Arnold Schwarzenegger dovrà firmare o porre il veto al Religious Freedom and Civil Marriage Act entro il 9 di ottobre. Da qui a quella data può succedere di tutto. La legge è passata all’Assemblea statale controllata dai Democratici con 41 voti favorevoli e 35 contrari. Tutti i Repubblicani hanno votato contro, solo quattro Democratici non hanno seguito la linea del partito. I promotori dell’iniziativa, che era stata bocciata a giugno, sono riusciti con un sotterfugio procedurale prima a rimettere il progetto di legge all’ordine del giorno e poi a conquistare i voti dei tre deputati Democratici che tre mesi fa avevano fatto mancare il sostegno. La nuova formulazione del codice di famiglia sostituisce la definizione di matrimonio come “contratto di diritto civile tra un uomo e una donna” con la più generica formulazione di “contratto di diritto civile tra due persone”, spalancando così la porta alle nozze omosessuali. Gli avversari della legge denunciano l’estrema facilità con cui i liberal si liberano di un’istituzione definita nel corso di un paio di millenni per provare un grande esperimento di ingegneria sociale. I liberal ribattono che si tratta di una questione di diritti civili, mentre il fronte del no spera nel veto di Schwarzenegger, aspetta la sentenza definitiva sui matrimoni gay celebrati lo scorso anno a San Francisco e in ogni caso prepara una mobilitazione referendaria. Il voto californiano è particolarmente rilevante perché per la prima volta legalizza il matrimonio gay attraverso un voto democratico espresso in un’Assemblea eletta direttamente dai cittadini. In Massachussetts, per esempio, il via libera alle nozze omosessuali era arrivato per via giudiziaria, da qui la campagna bushiana contro i giudici militanti che vogliono imporre il loro personale parere sui rappresentanti del popolo democraticamente eletti. La legge californiana non è detto che riesca a entrare in vigore ma, come ha scritto Andrew Sullivan sul suo blog, contribuisce a cambiare la dinamica dello scontro politico. Non sono più i giudici a legiferare in materia, ma i rappresentanti del popolo. E se a questo si aggiunge il tentativo del Parlamento del Massachussetts di approvare un emendamento costituzionale pro nozze gay, si può tranquillamente dire che siamo entrati in una nuova fase, più favorevole al campo libertario.
In California ora si aspetta la decisione di Schwarzenegger. Il governatore è notoriamente favorevole alla parificazione dei diritti delle coppie gay con quelli dei coniugi eterosessuali, ma è contrario al matrimonio tra due persone dello stesso sesso. E’ un conservatore sulle materie fiscali, un liberal sulle questioni sociali. Eppure sembra probabile che porrà il veto alla legge, anche perché in caso contrario perderebbe la sua base conservatrice in un momento assai critico: il gradimento è in discesa e per l’8 novembre ha convocato una serie di referendum per chiedere più poteri nella gestione del bilancio statale e per attuare la riforma scolastica. La sua portavoce non s’è sbilanciata, anche perché a complicare la vicenda ci sono altre due questioni: nel 2000 la Proposition 22, un referendum contrario alle nozze gay, fu approvato dal 61 per cento della popolazione californiana. Appellandosi a quel voto, il fronte del no considera incostituzonale la nuova legge, che ribalta la chiara e netta decisione legislativa presa dai cittadini cinque anni fa.
L’anno scorso il sindaco di San Francisco, Gavin Newsom, aveva sfruttato la decisione pro-gay del Massachussetts per decidere autonomamente di legalizzare di fatto il matrimonio omosessuale. Successivamente una Corte di San Francisco ha giudicato incostituzionale il divieto di nozze gay contenuto nella Proposition 22, apparentemente dando il via libera al sindaco. Ma non è finita: contro la sentenza è stato fatto ricorso e ora si aspetta la decisione d’appello. Schwarzenegger ha fatto sapere che si atterrà alla decisione giudiziaria e spera che questa arrivi entro la data in cui dovrà necessariamente firmare o rigettare la legge approvata martedì: “Gli elettori si sono espressi con la Proposition 22 – ha detto la portavoce di Schwarzy – La questione poi è finita in tribunale. Il governatore crede che i tribunali siano il luogo adatto a prendere la decisione”.
8 Settembre 2005