Camillo di Christian RoccaTutti pazzi per Katrina

New Orleans è coperta d’acqua. Una buona parte della Louisiana e del Mississippi e dell’Alabama è in rovina. La più grande catastrofe naturale, totalmente naturale, della storia americana s’è portata via centinaia e centinaia di persone, forse di più. Gli sfollati, i senza tetto, i devastati e le vittime dell’uragano Katrina sono ancora in difficoltà. Chi senza casa, chi senza cibo, chi senza medicine, chi dipendente dalla gigantesca macchina di aiuti statale e federale. I danni sono incalcolabili, così come l’impatto sull’economia globale. E naturalmente non sono mancati gli sciacallaggi e i saccheggi e le violenze. Katrina non ci ha risparmiato quel caos tristemente noto ogni qualvolta una piccola o grande catastrofe si abbatte sulle nostre comunità. Un caos che sembrava inimmaginabile entro i confini della nazione più potente del mondo, non solo perché, come ha detto ieri George W. Bush, i risultati delle operazioni di soccorso “non sono accettabili”, ma per il solito “difetto di immaginazione” di politici e amministratori e burocrati che la Commissione sull’11 settembre nel suo rapporto sull’attacco alle torri gemelle aveva sancito nero su bianco. Stavolta nessuno credeva che l’impatto dell’uragano potesse essere così devastante, nessuno pensava che gli argini del Lago Pontchartrain potessero sbriciolarsi. E’ tutta qui la spiegazione della tragedia. Una tragedia che secondo gli esperti avrebbe potuto provocare centinaia di migliaia di morti, se i piani di evacuazione non fossero scattati per tempo. Solo che sono scattati in tempo.
Eppure sui giornali, specialmente su quelli italiani, spalleggiati dal sempre più inacidito New York Times e dalla galassia di blog radicali ed estremisti d’America, si è approfittato della tragedia per inscenare un disgustoso e ripugnante spettacolo di antibushismo, se non di antiamericanismo. Un fenomeno di sciacallaggio ideologico e di saccheggio intellettuale, pari a quello che in queste ore sta ulteriormente martoriando New Orleans, forse peggiore visto e considerato che non è motivato dallo stato di necessità ma da un micragnoso calcolo politico.
Gli articoli e i titoli dei giornali sono lì, a disposizione di tutti, con in neretto le solite firme dell’antiamericanismo made in Italy. E anche la più americana, la più informata e la più equilibrata di tutte, quella di Gianni Riotta, stona un altrimenti ottimo commento con la preoccupazione non preoccupante che gli Stati Uniti siano guidati da un presidente che divide. No, semplicemente sono guidati da un presidente che i compagnucci radical chic non accettano, non sopportano, non digeriscono. Che cosa abbia fatto Bush in questo caso per dividere, a parte leggere i giornali liberal che dividono mica male accusandolo di ogni empietà, non è dato saperlo. Anzi risulta che abbia arruolato Bill Clinton, piuttosto.

Per il FT, Bush era preparato
Così, mentre il compassato organo dell’establishment finanziario liberal, il Financial Times, titola a tutta pagina “Bush agisce per attenuare la crisi di Katrina” e all’interno spiega con precisione che “Bush era preparato ad affrontare l’uragano”, sulle gazzette nostrane (e americane liberal) si assiste a un carnevale di accuse alla Casa Bianca non solo e non tanto per le operazioni di prevenzione e di soccorso, ma addirittura di essere la causa prima, diretta e scatenante la forza distruttiva di Katrina. Le firme sono le solite: il fenomenale Zucconi detto Zuccopycat e d’ora in poi Zuckyoto, il neo-metereologo Ennio Caretto, il novello borghese Riccardo Barenghi, per restare soltanto ai grandi giornali. Repubblica ieri ha pubblicato anche due pagine di Howell Raines, il più disastroso direttore della storia del New York Times, solo pochi mesi fa costretto a ignominiose e scandalose dimissioni per aver coperto le truffe giornalistiche di un suo pupillo e per averle coperte con l’obiettivo ideologico di proteggere una legge totem per la sinistra liberal. Secondo Raines e i suoi discepoli italiani è tutta colpa di Bush. Senza di lui, non ci sarebbe stato nessun uragano. Senza di lui, Katrina avrebbe risparmiato New Orleans e gli argini del lago avrebbero certamente retto. Senza la sua sporca guerra in Iraq, in Louisiana tutto sarebbe filato liscio come l’olio. Bush non ha programmato nulla. Bush è in vacanza. Bush ha abbandonato il sud a se stesso. Bush ha inviato la Guardia nazionale in medio oriente. Bush ha trasformato l’America in Terzo mondo e, non contento, ogni giorno si adopera per far retrocedere anche l’Iraq. Il mantra dell’operazione mediatica italiota, come se davvero un battito d’ali a Roma potesse avere effetti a Washington, ripete che la tragedia provocata dall’uragano Katrina sia una vendetta, una rivincita della natura contro le politiche del presidente, di questo presidente.
 “I disastri”, nella splendida prosa immaginifica di Zucconi, sono sempre “cosiddetti naturali”, perché in realtà sono opera di Georgino e del suo spocchioso rifiuto di firmare il trattato di Kyoto. Georgino se l’è cercata e quindi l’America “non avrà bisogno dei nostri aiuti, di pacchi Onu e di beneficenza internazionale”. L’America “ha abbastanza soldi e mezzi” e infatti i giornali italiani non invitano a nessuna sottoscrizione, non pubblicano appelli, non organizzano collette per le vittime. Neanche un Sudoku di solidarietà. Neanche un soldo agli americani. Sono ricchi, che diamine. Sono carnefici e vittime delle loro stesse manipolazioni dell’ambiente. E, però, qualche riga più in là, con la stessa naturalezza e lo stesso cinismo, gli sciacalli intellettuali usano l’argomento opposto per andare, di nuovo, contro Bush: spiegano che i piani di evacuazione erano buoni soltanto per i ricchi e che le vittime sono i poveri disgraziati, i neri, i paria della società consumistica statunitense. Però, neanche un centesimo. Un blog americano di sinistra, tra i più autorevoli, ha invitato a non finanziare, a non aiutare, a non aprire il portafoglio per i cittadini della Louisiana, dell’Alabama e del Mississippi. Sono “red states”, Stati che hanno votato per George Bush: “Questi stronzetti ovviamente condividevano le politiche di Bush, quindi meritano di vivere le conseguenze del loro voto”. Non importa che il voto di New Orleans, come di quasi tutte le città, sia stato a favore di John Kerry, quello che importa è che “una parte di me – scrive il blogger Bradblog – crede che molti dei fan di George W. meritino di soffrire e di morire”. Ministri tedeschi, esperti britannici, estremisti islamici, mamme pacifiste e Michael Moore si sono uniti al coro del piove-governo-ladro. C’è chi ripete ogni due righe che il caos dei soccorsi e il disastro umanitario siano da addebitare alla guerra in Iraq, al fatto che Bush abbia inviato la Guardia nazionale nel pantano mediorientale. Ma non è vero: laggiù c’è meno di un terzo dei contingenti dei tre Stati coinvolti. Il resto era allertato e dislocato sul campo: 11 mila uomini prima che Katrina colpisse la costa, poi 21 mila, e 32 mila entro lunedì grazie all’esercito e alla marina.
C’è poi l’accusa di aver condotto politiche devastanti per l’ambiente, addirittura generatrici di uragani. Il no a Kyoto, innanzitutto. Ammesso che quel trattato serva a qualcosa, il no a Kyoto non è esclusiva bushiana. Ai tempi di Clinton, il Senato bocciò, con 98 voti a 0, un pacchetto di misure energetiche uguali a quelle previste da Kyoto. Cina e India non hanno firmato il trattato, mentre l’Europa kyotista si guarda bene dal rispettarne i termini. Il paradosso è che gli unici a seguire autonomamente i parametri di Kyoto sono le grandi multinazionali americane. Il surriscaldamento della terra, in ogni caso, non c’entra nulla con Katrina, come ha ammesso anche il New York Times.
Gli scienziati spiegano che il numero e la potenza degli uragani dipende dai ciclici e decennali cambiamenti di temperatura nell’oceano Atlantico. E’ sufficiente consultare il sito del National Hurricane Center per apprendere che oggi ci sono meno uragani, e meno potenti, rispetto agli anni 30, 40 e 50. Secondo l’Organizzazione mondiale meteorologica, un’Agenzia Onu, negli ultimi anni l’intensità degli uragani è diminuita. Sul Corriere, Ennio Caretto ha citato un esperto americano, il professor Kerry Emanuel, il quale avanza l’ipotesi che l’effetto serra c’entri, però s’è dimenticato di riportare la frase chiave del ragionamento di Emanuel e cioè che “ciò cui assistiamo nell’Atlantico è principalmente un cambiamento naturale”.
Il paradosso di questo sciacallaggio è che i santoni radical chic si sono trasformati nella versione integralista dei telepredicatori evangelici più conservatori. Quelli dicono che l’uragano è la punizione di Dio, ma almeno si basano sulle Scritture. Questi credono che Katrina sia la vendetta di un’intelligenza superiore nei confronti di chi rigetta Kyoto, ma con fede in Pecoraro Scanio.

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