Camillo di Christian RoccaUnborn in the USA

l 56 per cento degli americani è pro-choice, cioè favorevole a lasciare alle donne il diritto e la scelta di interrompere volontariamente la propria gravidanza. Solo il 38 per cento è pro-life, a favore cioè della vita e quindi contraria all’aborto. Questi dati così netti emergono dall’ultimo e più completo sondaggio sul tema, condotto da Survey Usa proprio nei giorni in cui il presidente George W. Bush sta scegliendo il secondo giudice da nominare alla Corte Suprema. Negli Stati Uniti non esiste una legge sull’aborto né a favore né contro, come c’è in Italia o nel resto del mondo. L’aborto è totalmente libero dal 1973, da quando la Corte Suprema, con una decisione di cinque giudici contro quattro, emise la sentenza del caso Roe contro Wade che riconobbe come costituzionale il diritto delle donne a interrompere la gravidanza. La dottrina Roe prevede la possibilità di abortire “per qualsiasi ragione” nei primi 5 mesi e mezzo di gravidanza e, per non meglio specificate ragioni di “salute”, anche negli ultimi tre mesi. Prima della morte del presidente William Rehnquist, e delle precedenti dimissioni di Sandra O’Connor, dentro la Corte la maggioranza a favore dell’aborto era più ampia del 1973: sei giudici contro 3. Al posto di Rehnquist, antiabortista convinto nonché estensore del parere di minoranza ai tempi della Roe, Bush ha nominato il giudice John Roberts il quale è personalmente pro-life ma anche non intenzionato a ribaltare quella sentenza perché ormai saldamente radicata nella cultura e nella società americana. Proprio per questo motivo, al Senato i Democratici stanno sostanzialmente dando il via libera alla sua nomima, mentre i conservatori più duri non sono affatto contenti della scelta. Nel momento in cui il processo di nomina di Roberts sarà completato, la maggioranza a favore dell’aborto resterà 6 a 3 se non si amplierà addirittura fino a 7 a 2. La giudice dimissionaria, Sandra O’Connor, al contrario di Rehnquist è favorevole all’aborto. Quasi certamente Bush la sostituirà con un giudice antiabortista e la bilancia tornerà sul 5 a 4 del 1973 oppure sul 6 a 3 dell’ultima sessione. Fatti due conti, quindi, la sentenza sull’aborto non è affatto in pericolo.
Altra cosa è il divieto di aborto tardivo, noto come partial birth, imposto da Bush nel 2003. Prima di allora, era possibile anche nelle ultime settimane di gravidanza con l’atroce tecnica dell’aspirazione del cervello effettuata attraverso un foro nel cranio del bambino non ancora completamente partorito (sennò si tratterebbe di omicidio). La prossima Corte Suprema a breve dovrà decidere sul divieto federale di partial birth, pratica vietata dalla 194 italiana, dopo che nel 2000 decise di bocciare un’analoga legge del Nebraska. In quel caso uno dei giudici pro choice, Anthony Kennedy, votò con gli antiabortisti e il risultato fu solo di 5 a 4 a favore del fronte abortista. Con la sostituzione della O’Connor, la Corte potrebbe cancellare la sentenza del 2000 e confermare la legittimità del divieto di partial birth deciso da Bush due anni fa. La Corte è divisa 5 a 4, in senso pro choice, anche sull’obbligo di avviso ai genitori nel caso una minorenne volesse abortire. A ottobre la Corte deciderà sulla costituzionalità di questo obbligo e, anche in questo caso, il sostituto o la sostituta della O’Connor sarà decisivo per limitare il diritto assoluto di abortire.

Antiabortisti solo 9 Stati su 50
E’ molto difficile, anzi improbabile, che l’aborto venga proibito. Non solo per i numeri e i profili dei giudici, ma anche perché secondo la dottrina dello “stare decisis” la Corte Suprema è tradizionalmente contraria, in mancanza di ragioni particolarmente importanti, a ribaltare le decisioni prese dai predecessori, specie nel caso di una sentenza come la Roe contro Wade in vigore da 27 anni. Ma anche se Bush avesse la possibilità di nominare un altro giudice pro life e la nuova Corte decidesse di ribaltare Roe, l’aborto non diventerebbe illegale. Il diritto di abortire tornerebbe a disposizione dei Parlamenti dei cinquanta Stati dell’Unione, ciascuno dei quali potrà decidere come crede.
Il sondaggio di Survey Usa aiuta a capire che cosa succederebbe nella remota possibilità che la sentenza Roe contro Wade fosse cancellata. Solo 9 Stati su 50 hanno una maggioranza di cittadini contraria all’aborto: Utah (61 per cento), Louisiana (57), Arkansas e Idaho (55), Alabama (54), Mississippi e West Virginia (53), Kentucky e Tennesse (51). E’ probabile che i parlamenti di questi Stati deciderebbero di criminalizzare l’aborto, ma è altrettanto probabile che perlomeno i governatori democratici del Tennessee e della West Virginia metterebbero il veto. In generale, resterebbe un diritto, solo un po’ più limitato, secondo l’adagio clintoniano per cui l’aborto deve essere “Sicuro, legale e… raro”.

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