Caro Christian, allora va bene a cena mercoledì. Non ti curare del dolce, magari invece prendete voi una bottiglia di vino. Non venite troppo tardi, così salutate i bambini prima che li mettiamo a letto: e poi loro ci tengono a mostrarvi alcune delle loro esibizioni circensi. Adesso passano le giornate a camminare per casa a piccoli passi goffi, barcollando da destra a sinistra e da sinistra a destra, con le braccia aderenti ai fianchi. Non ve ne preoccupate: è che abbiamo visto “La marcia dei pinguini” e adesso le nostre vite sono completamente pinguinate. È un documentario fantastico sull’abitudine dei pinguini dell’Antartide di farsi ogni anno cento chilometri a piedi per andare ad accoppiarsi e riprodursi sempre nello stesso posto. Le immagini sono fantastiche. In America quest’estate è andato fortissimo: il secondo incasso tra i documentari di tutti i tempi, per quelli che considerano il film di Michael Moore un documentario. Altrimenti il primo. Magari allenatevi un po’ a casa, prima di venire: pinguinatevi.
Caro Luca, vorrei organizzare le primarie per la guida della Juventus. Lapo o Moggi? Montezemolo o Giraudo? Vedrei con piacere anche una candidatura della tradizione, Boniperti o la figurina di Beppe Furino. Scalfarotto secondo te sarebbe disposto a fare l’outsider? Io comunque resto un conservatore e voterei per i tre formidabili antipatici che la guidano oggi, anche perché mi ricordo con orrore la precedente operazione simpatia, quella condotta nel 1990 da Montezemolo e sprofondata non ricordo se al settimo o al nono posto. La squadra aveva ventidue punte e mezze punte, Hassler, Di Canio, Baggio, Schillaci, Casiraghi, e in difesa Galia e Luppi. L’allenatore geniale di allora, oggi allena i figuranti della trasmissione di Simona Ventura. Un periodo nero per la squadra, ma che dico nero: nerazzurro.
Caro Christian, in effetti Scalfarotto ha un nome che sembra tirato fuori paro paro dalla panchina della Juventus. Tipo Mastropasqua, o Alessandrelli. Bisognerebbe farci uno studio. Tipo le ricerche che fa Steven Levitt: hai visto che è uscita la traduzione italiana di “Freakonomics”? Anche quello in America ha avuto un gran successo. Lui è un economista che misura dati alla mano quanto gli incontri di sumo siano venduti, come vi frega un immobiliarista e se gli insegnanti truccano gli esami per guadagnare credito alla propria classe e a se stessi. Cose così. Io gli consegnerei gli elaborati dell’esame per l’Ordine dei giornalisti.
Caro Luca, come sai io sono un fan della grande distribuzione e non potrei mai separarmi dalla tessera Fidaty dell’Esselunga. Preferisco cento volte gli asettici, alienanti e insignificanti negozioni alle piccole-botteghe-di-una-volta dove ti riconoscono quando entri (e quindi devi essere sempre pettinato), avverti il contatto umano (e devi trattenere i tuoi istinti più bestiali) e sei costretto a ringraziare per aver ricevuto (“solo perché è lei”) uno sconto di cinquanta centesimi su un prodotto sovraprezzo di euro tre. Negli ascensori di New York è l’argomento di conversazione più diffuso, secondo soltanto alle cattive condizioni del tempo causate da George W. E’ una specie di malattia dei liberal: vorrebbero tornare ai tempi dei mom&pop stores, giustamente cancellati dal franchising e dalla globalizzazione. Eppure, ti devo confessare che mi sto impegnando per difendere dal rischio di chiusura un fenomenale negozietto di cd che si trova in uno scantinato dell’Upper West Side e gestito da un italoamericano che pare uscito da un film di Martin Scorsese. Si chiama NYCD e si trova sull’81esima tra Amsterdam e Columbus. Se passi da New York, fammi un fischio, scendo di corsa dal secondo piano di Tower Records e ti ci porto.
Caro Christian, non me ne parlare. Per me l’unico esercizio commerciale che ha ancora senso svincolare dal virtuale è il bar. Per tutti gli altri c’è internet, compresa l’Esselunga. Non solo non devi pettinarti né salutare, ma puoi anche far spese in pigiama e con le dita nel naso. E poi, il portafoglio più sottile del mondo si trova solo su internet.
Caro Luca, ho preso il disco dei Grandaddy. Sembrano i Coldplay, però progressive. Ho preso anche l’ultimo di Neil Young. Ricorda Neil Young, in effetti. Li ho comprati al music store di iTunes, dove tra l’altro il portafoglio non serve. Comunque, confesso: oltre a quel portafoglio fatto con la tela dello spinnaker, ne ho anche un altro. E’ il più piccolo portafoglio al mondo in pelle: si chiama Slimmy. Tienilo per te, perché un’amica che segue la passione con cui ci vantiamo di possedere questo simbolo della superiorità dell’occidente mi ha fatto notare che è la prima volta che sente degli uomini sfidarsi a colpi di “io ce l’ho più piccolo del tuo