Milano. Il Financial Times ha raccontato che per i giovani americani essere conservatori è “cool”, cioè figo. Se ne è avuta prova alla trentatreesima edizione della Conservative Political Action Conference (Cpac) che si è tenuta da giovedì a sabato in un albergo di Washington. Alla Conferenza di una delle associazioni più conservatrici del paese hanno partecipato Dick Cheney, prima della battuta di caccia in cui ha accidentalmente ferito un amico, e poi dirigenti repubblicani, aspiranti candidati, lobbysti di ogni tipo. Ma ciò che ha stupito i giornalisti è stata la straordinaria presenza di studenti, al contrario di quanto capita alle riunioni dei movimenti conservatori europei. “Ogni anno sono sempre più giovani e sempre più arrabbiati”, ha detto gongolante uno degli organizzatori.
Gli oratori scelti per parlare a questa platea di giovani, carini e conservatori provengono dal fronte socialconservatore o paleoconservatore della Right Nation, contrarissimi all’aborto, favorevoli all’emendamento costituzionale che vieta il matrimonio gay, incavolati con Bush per il suo progetto di legalizzazione degli immigrati clandestini, scettici sulla guerra ideologica per esportare la democrazia. Uno dei banchetti più visitati è stato quello dei “Conservatori per la pace”, i quali si definiscono “americani contro l’impero mondiale” e spiegano che “il primo costo dell’impero sarà la perdita delle nostre libertà”. Molto ben fornita la schiera di iperliberisti e libertari, i primi critici sull’eccessiva spesa pubblica decisa da Bush (“non è una politica conservatrice”), gli altri favorevoli alla legalizzazione delle droghe. Le stilettate alla Casa Bianca non sono tali da aver fatto perdere la fiducia in Bush. Piuttosto è il fronte moderato del partito a uscirne a pezzi. Il lobbysta anti tasse Grover Norquist ha spiegato che questi ragazzi si sentono frustrati perché sanno molto bene cosa vogliono, ma si accorgono che l’agenda conservatrice avanza molto lentamente. “Ma io mi ricordo ancora di quando perdevamo”, ha detto Norquist al Financial Times.
Oltre al vicepresidente Cheney e a Norquist, sul palco del Cpac i protagonisti sono stati l’ex leader del Congresso, Newt Gingrich, il leader al Senato, Bill Frist, l’ex colonnello Oliver North e, soprattutto, il candidato alle prossime presidenziali preferito dall’establishment del partito, il senatore della Virginia, George Allen. Ma nessuno ha entusiasmato i mille giovani repubblicani quanto Ann Coulter, la polemista super bionda considerata la Michael Moore della destra. La platea era gremita, più di quando ha parlato Cheney e ha tributato applausi a scena aperta da rockstar alla tagliente lingua della Coulter. Ne ha avuto per tutti. Ha cominciato a insultare i repubblicani moderati, definiti “spregevoli”, e poi se l’è presa con i “minchioni”, cioè con i burocrati di Washington che perdono tempo in chiacchiere e non relizzano il programma conservatore. Poi se l’è presa con i democratici, il cui programma secondo la Coulter ha solo tre punti: “Aborto on demand, matrimonio gay e vietare i Boy Scout”, perché questi rifiutano di accettare i gay come istruttori dei ragazzi. “Un giorno troveranno un modo per combinarli tutti e per capire come si potranno abortire tutti i futuri Boy scout”.
In un momento alla Calderoli, Coulter ha definito i musulmani “ragheads”, teste coperte di stracci, e quando uno studente islamico le ha chiesto per quale motivo insultasse i suoi correligionari, lei ha risposto: “Io faccio qualche battuta, ma loro hanno ucciso tremila americani”. Ovazione in sala. Ripetuta quando ha spiegato la sua dottrina contro l’Iran: “Il nostro motto dopo l’11 settembre deve essere questo: se le teste coperte di stracci fanno la voce grossa, le teste coperte di stracci affronteranno le conseguenze”. Sulla Siria che ha consentito l’attacco alle sedi diplomatiche danesi, Coulter ha proposto più o meno la stessa cosa: “Secondo le regole del Trattato Nato, abbiamo l’obbligo di attaccare subito la Siria. Oppure la Nato, come le convenzioni della società civilizzata, non conta quando sono coinvolti i musulmani?”.
Queste dichiarazioni hanno fatto il giro su Internet e decine di bloggers e opinionisti conservatori hanno preso le distanze dalla Coulter, considerata ormai come una stand-up comedian, cioè un’artista comica cui piace provocare. Il giorno prima in Arkansas aveva detto che “abbiamo bisogno di qualcuno che metta veleno per topi nella crème brulée del giudice Stevens”, uno dei membri di sinistra della Corte suprema. E ha aggiunto: “E’ una battuta, per voi giornalisti”. Ma anche alla conferenza Cpac è tornata sull’argomento spiegando che, se l’intelligence verrà a sapere di un attacco terroristico alla Corte, bisognerà avvertire i giudici Roberts, Alito, Thomas e Scalia, cioè soltanto i membri conservatori della Corte. E quando uno studente le ha chiesto quale sia stato il suo più grande dilemma etico e morale, lei ha risposto: “C’è stato un momento in cui ho avuto Clinton a tiro, ma ho pensato: Ann, questo non aiuterà la tua carriera”.
14 Febbraio 2006