Avviso ai radi-gad chic. Pare che in America le donne evangeliche abbiano molti più orgasmi della media nazionale. Così dice l’editorialista del New York Times, David Brooks, precisando con dispiacere di non conoscere il dato per esperienza diretta. Pare anche che i conservatori siano più felici, molto più dei loro compatrioti di sinistra, e questo risulta da una sondaggio commissionato dal – scusate-la-parola – “serissimo” Centro di Ricerche Pew: il 48 per cento degli americani di destra si definisce “molto felice”, a fronte di un misero 28 per cento di liberal. Una tendenza che non è nuova, nonostante pochi giorni fa l’organo dell’establishment finanziario internazionale, cioè il Financial Times, abbia scoperto quanto sia cool, figo, essere conservatori in America.
Secondo la ricerca Pew è almeno dal 1972 che i repubblicani si sentono più felici dei democratici. Sono, in particolare, le coppie sposate e la gente religiosa a considerarsi tali, ha scritto ieri sul Washington Post George Will: probabilmente perché tendono a non considerare la felicità il migliore dei mondi possibili ma, come è scritto nella Dichiarazione di Indipendenza, l’attività stessa di perseguimento della felicità, che altro non è se non l’american way of life.
Certo, oltre alle preghiere e alle reminescenze rivoluzionarie, aiuta il conforto delle vittorie elettorali, ma anche l’assenza di sensi di colpa nell’addentare una gran bella bistecca agli estrogeni o solo il piacere di guidare una macchina sportiva senza preoccuparsi dello scioglimento dei ghiacciai. Secondo l’editorialista del Washington Post questa propensione alla felicità nasce dal paradosso che i conservatori sono più pessimisti dei radi-gad chic. E’ più difficile che siano colti di sorpresa dagli eventi, anche perché non si avventurano, come Gad Lerner, a sostenere che mi-dispiace-ma-non-ci-credo-deve-essere-stato-un-fotoreporter se in Libano qualcuno calpesta la bandiera danese come antipasto di saccheggi e incendi in varie sedi diplomatiche. I conservatori hanno più spesso ragione, e quando scoprono di avere torto non possono che rallegrarsene. A sinistra non è così. E’ tutto un annunciare cambi di residenza e prenotazioni di voli per l’estero, in caso di vittoria degli avversari. Ovviamente restano, ma infelici. E il povero Tom Wolfe non ha trovato nessuno all’aeroporto di New York dove all’indomani della rielezione di Bush avrebbe voluto fare ciao ciao con la manina. E’ una vita d’inferno, quella di sinistra. Non c’è solo l’eterno tafazzismo, cioè l’arte di riuscire a darsi le martellate sugli zebedei, né il piacere di continuare a farsi del male, nemmeno la passione per l’unica squadra al mondo che quando vinceva aveva tifosi di estrema destra e ora che perde ha una curva di ospiti dei programmi di Serena Dandini. Guardate come sono arrabbiati Al Gore e Paolo Flores. Considerate quanto sono, scusate-la-parola, “seri” John Kerry e Domenico Fisichella che è reazionario ma, appunto, è corso a sinistra.
I radi-gad chic italiani sono l’intero girone dei “noiosi” in cui l’Avvocato Agnelli poneva gli sgobboni, i secchioni, i seriosi. Vinceranno le elezioni ma sono già infelici perché Rifondazione rompe, Mastella pretende e il cardinal Ruini invade. E fin d’ora promettono vagonate di, scusate-la-parola, “serietà” articolate in 281 pagine di pesantezza. “Siamo un partito serio”, ripete Massimo D’Alema, quando di solito chi vince le elezioni è cool. Guardate il conservatore Dave Cameron, perfino Angela Merkel è diventata sexy. E vogliamo paragonare i divi da rotocalco Sarkozy e sua moglie Cécilia con la manfrina del posto in lista per la moglie di Fassino? E’ febbraio, primavera verrà. Consoliamoci con Bertinotti. Prima o poi ci verrà in soccorso il suo casinismo organizzato, mica perché farà cadere il governo (per carità no, magari poi ci tocca Casini). Almeno lui, come nella formidabile gag di Corrado Guzzanti, complica le cose con un solo obiettivo: “Pevché mi divevto”.
24 Febbraio 2006