Camillo di Christian RoccaUn giorno in pretura. Scalfari diffamò Craxi e difese Berlusconi

Milano. Rullo di tamburi: il Cav. è stato assolto una seconda volta sul caso Sme e quasi quasi non c’è più bisogno della legge Pecorella sull’inappellabilità delle sentenze. Secondo rullo di tamburi: l’ex ministro Clelio Darida, che nel 1985 aveva sostenuto la vendita della Sme dall’Iri di Romano Prodi alla Buitoni di Carlo De Benedetti, ha fatto una pubblica e limpidissima difesa di Bettino Craxi e ha avanzato dubbi sulla condotta di Romano Prodi. Il terzo rullo di tamburi è un po’ imbarazzante: riguarda una battuta perlomeno infelice su De Benedetti che Prodi avrebbe fatto a Renato Altissimo.
Tutto ciò è avvenuto in un’aula di tribunale, nello scorso novembre. E’ notizia di lunedì che Eugenio Scalfari sia stato condannato dal Tribunale di Roma per aver diffamato Bettino Craxi con un articolo pubblicato sul Venerdì di Repubblica. Ma la notizia nella notizia è che il Fondatore si è difeso difendendo il Cav., al contrario di quanto per anni ha scritto la sua amata Repubblica.
Riassuntino: il 16 maggio 2003 Scalfari ha scritto: “Craxi interveniva direttamente nel mondo del business come nessun presidente del Consiglio aveva mai fatto”, specificando che “intervenne con mezzi illeciti per impedire la vendita della Sme”. Stefania Craxi e la Fondazione Craxi hanno querelato Scalfari (e il direttore di Repubblica Ezio Mauro). Il Tribunale ha dato ragione alla figlia dell’ex presidente del Consiglio. Cosa c’entra Berlusconi? Ecco, che cosa c’entra: Il giornale fondato da Scalfari, ed edito da Carlo De Benedetti, non ha mai nascosto di considerare Berlusconi colpevole di varie magagne, e di corruzione di giudici, nella tragicomica tentata vendita della Sme di stato a De Benedetti. Al caso che riguarda il loro editore, i republicones hanno ovviamente dedicato centinaia di articoli, mentre lo stesso De Benedetti si è costituito parte civile al processo di primo grado che accusava Berlusconi di aver comprato la sentenza del giudice Verde che ha annullato il contratto Prodi-De Benedetti. Berlusconi non ha comprato la Sme ed è stato assolto dall’accusa di aver comprato la sentenza Verde.
Un’assoluzione che non ha convinto i republicones. Ma ora c’è questa divertente deposizione di Scalfari all’udienza del Tribunale di Roma: “Io ho dato dell’illecito al comportamento non di Berlusconi ma di Craxi, quindi il problema è completamente un altro (…). E’ una mia opinione, certo, ma io non ho dato giudizi su Berlusconi, li ho dati su Craxi, se lei legge il testo su questo non c’è il minimo dubbio. Allora è chiaro che Berlusconi non ha fatto… in quel caso, nel caso di partecipare, di mettere in piedi una cordata, Berlusconi non ha fatto nulla di illecito”. E poi: “Io ho dato dell’illecito al comportamento non di Berlusconi ma di Craxi”.
Sia pur scagionando il Cav., Scalfari si è difeso come un leone davanti alle puntute domande dell’avvocato Roberto Ruggiero. La sua tesi difensiva è stata questa: la frase sui “mezzi illeciti” usati da Craxi non era una denuncia penale, ma la segnalazione di un comportamento politico e istituzionale non opportuno da parte dell’allora presidente del Consiglio: “Non so come spiegarmi meglio, ma è un aggettivo di tipo politico, io non sto incolpando nessuno di reati, tant’è che forse lei sa che io sono stato fin dall’inizio disponibile a transigere questa lite”. Alle domande di Ruggiero, il direttore di Repubblica ha risposto ripercorrendo la storia personale e politica sua e di Craxi, cominciata bene e finita male, ma anche il rapporto di amicizia, poi societario, infine di dipendenza professionale con Carlo De Benedetti.
Lo scambio di battute tra l’avvocato e l’imputato è stato di altissimo livello, leale e colto, uno spettacolo nello spettacolo. L’avvocato Ruggiero ha chiesto all’imputato Scalfari “considerato che lei si professa amico di De Benedetti e di Prodi, approfittando di questo rapporto privilegiato, mi sa dire se lo sa perché lo ha saputo dall’uno o dall’altro in che cosa consisterebbe il mezzo illecito adoperato da Craxi per impedire la conclusione del contratto Sme”. E Scalfari ha risposto: “Io non ho bisogno delle fonti De Benedetti e o Prodi nella fattispecie, perché la mia fonte è la vostra, perché è agli atti, è Berlusconi”, riferendosi alla famosa deposizione nell’udienza Sme in cui il Cav. ha spiegato di non aver avuto alcun interesse all’acquisto della Sme. “Avvocato – ha detto Scalfari replicando alla stoccata del legale di Craxi – tra le indagini che lei fa, tenga presente che anche Craxi aveva degli amici personali, tra i quali Berlusconi”.
Molto interessante la deposizione di Clelio Darida, allora ministro delle Partecipazioni statali. Darida ha spiegato come avesse sostenuto per fedeltà di partito, la Dc di De Mita, il piano prodiano di vendita della Sme a De Benedetti, nonostante l’ambiguità del metodo di trattativa scelto dal presidente dell’Iri. Darida ha ricordato che Prodi non ha rispettato “le regole di procedura che bisognava attuare in quel caso”, paradossalmente ribaltando l’accusa iniziale di Scalfari a Craxi con cui è partito il processo. Darida ha raccontato che Prodi voleva tenere “segreta” la trattativa, anzi lo ha invitato esplicitamente a “tenere assolutamente riservata l’informazione”, cioè a non farlo sapere al presidente del Consiglio Craxi: “Io ho commesso un errore che si è sommato a quello di Prodi – ha detto Darida – cioè l’errore di non impedirgli di fare una trattativa, diciamo così, riservata” perché “trattandosi di un bene pubblico motivi di correttezza e di opportunità avrebbero voluto (…) che questo venisse sottoposto alla verifica del mercato”. Quando il contratto “segreto” è stato reso pubblico, Craxi non ha più rivolto la parola a Darida perché, come ha ricordato Darida stesso, “io sono stato il vero difensore di Prodi e il vero difensore di De Benedetti (…) ho difeso fino al limite massimo della logica”. Craxi ha preferito comunicare le sue “contestazioni di metodo”, con cui poi ha ottenuto il decreto Darida “cioè il ritorno alla procedura normale”, attraverso Giuliano Amato (“stava a Craxi come Letta sta a Berlusconi”; “c’erano colloqui costanti con Amato, perché poi ho visto che Amato dice che lui non ricorda, va bé, adesso…”).
Ultima cosa, la battuta infelice di Prodi su Carlo De Benedetti così come l’ha raccontata Renato Altissimo al giudice e trascritta nei verbali. L’allora ministro dell’Industria aveva detto a Prodi che il gruppo Heinz era interessato all’acquisto della Sme, ma Prodi gli aveva risposto che non intendeva venderla. Pochi mesi dopo Prodi ha chiuso l’accordo con De Benedetti. Altissimo si è congratulato e, a Prodi, ha chiesto: “Fammi capire solo una cosa: perché a Carlo sì e a Renato no?”. E Prodi: “Perché Carlo ha un taglietto sul pisello che tu non hai”.

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