Camillo di Christian RoccaDa radicale dico: la linea radicale sull’eutanasia olandese è cialtrona

Sono di sinistra, liberale, radicale. Sono laico. L’unica volta che ho ricevuto l’eucaristia è stato il giorno della mia prima e ultima comunione. Non ho mai frequentato un oratorio, neanche per giocare a calcetto. Abrogherei il Concordato, ancora più dell’Ordine dei giornalisti. Sono entusiasta che dopo 19 anni di assenza torni sulle schede elettorali la Rosa nel pugno, simbolo sul quale nel 1987 misi la mia prima crocetta e che certamente rimetterei se non si fosse alleata con i più antiamericani, i più statalisti, i più giustizialisti su piazza (però ho firmato per le liste e versato euro 100).
Due anni fa, quando è stata approvata la legge 40 sulla (non) fecondazione assistita, ho scritto su questo giornale che si trattava di una boiata pazzesca. D’accordo, allora lo diceva anche Marcello Occidente-Express Pera, ma l’ho riscritto anche un anno dopo in occasione del referendum, al quale non ho partecipato perché il perfido direttore di questo giornale in combutta col card. Ruini mi ha tenuto al confino di Manhattan. Per me, quella di questo giornale, resta la prima campagna mondiale in favore della vita che incomprensibilmente si adopera per rendere più difficile le nascite, ma tant’è. Ancora un paio di cose. Considero Antonio Socci il più brillante intellettuale italiano del XIII secolo e Mel Taliban Gibson un fondamentalista, anche se so distinguere tra chi mozza le teste e chi si limita a leggere il Vangelo come fosse il manuale delle giovani marmotte. Di più. Sono il ghost writer della definizione usata da Daniele Capezzone secondo cui il nostro Giulio Meotti sarebbe il “Marco Travaglio della bioetica” (in realtà la battuta era riferita a Francesco Agnoli: Giulio Meotti è il Simone Cristicchi della bioetica, il sanremese di che-bella-gente/disegno-intelligente). Aggiungo che, nelle mie primarie ideali, sceglierei sempre e comunque Capezzone.
Questa lunghissima premessa è essenziale per dare maggiore credibilità a quanto sto per scrivere: la posizione radical-rosapugnista sull’eutanasia infantile in Olanda è cialtronesca. In questo caso i miei amici radicali stanno raccontando balle, non ho ancora capito se consapevolmente o no (temo di sì, visto che prima della campagna fogliante sulle staminali – alla quale non ho partecipato – i radicali lasciavano intendere che da quelle cellule si potevano già estrarre medicine miracolose in comode compresse da 12).
Sull’eutanasia infantile sapevo niente, anche perché non credo sia la questione più decisiva di questo mondo, specie ora che entriamo nei quarti di Champions League. Ho seguito la sanguigna puntata di Otto e mezzo sul tema, ho letto l’editoriale del Foglio di ieri e ho ascoltato il mio amico Daniele a Radio radicale. La questione, al di là di come la si pensi sull’eutanasia e al netto delle stupidaggini di Giovanardi, è questa: è vero, come dicono i radicali, che in Olanda sperimentano e discutono una legge sull’eutanasia come forma compassionevole per non far soffrire i neonati sofferenti destinati comunque a morire? Si potrà essere favorevoli o contrari rispetto a una scelta di questo tipo da parte dei genitori e di tre collegi medici, ma se, come dicono i radicali, il dibattito olandese riguardasse soltanto questo caso sarebbe certamente propagandistico e allarmistico e luciannunziatesco parlare di eugenetica e di selezione della razza (parlare di “nazismo” è in ogni caso una stupidaggine, perché ebrei, handicappati e froci venivano uccisi per decreto del Reich, contro la volontà loro e dei loro genitori). Ma, al contrario, se fosse vero ciò che dicono Meotti, Giovanardi e Ferrara, la questione sarebbe ben diversa e negarlo un trucchetto da treccartari. Cosa dicono Meotti, Giovanardi e Ferrara? Dicono che il caso olandese non riguarda soltanto i neonati sofferenti destinati a morte certa, ma anche handicappati gravi. Fosse vero ciò che dicono si tratterebbe di legalizzazione di pratiche di soppressione della razza impura. I radicali negano. Allora sono andato a leggere il protocollo di Groningen, sulla base del quale in Olanda si sperimenta l’eutanasia nei confronti dei neonati. Bene. Parla di bimbi che non hanno chance di sopravvivenza, come dicono i radicali, ma anche di neonati con gravi lesioni cerebrali o danni agli organi vitali che però “possono sopravvivere”, malgrado le “aspettative circa le condizioni future” non siano invitanti. C’è anche un terzo caso, “più astratto” e “più difficile da definire”, di neonati incurabili la cui esistenza non dipenderà da trattamenti intensivi, ma che a giudizio di genitori e medici avranno “una pessima qualità della vita”. Mi dispiace, ma questa volta i propagandisti sono i miei amici radicali.

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