Roma. L’alternativa a Hillary Clinton si chiama Mark Warner, cinquantunenne ex governatore democratico della Virginia, miliardario del settore telecomunicazioni, un omone che i sostenitori paragonano a Schwarzenegger quanto a presenza fisica e carisma. Secondo l’Economist, in coppia con il senatore Joe Biden, Warner sarebbe il candidato ideale per mantenere vive le chance del Partito democratico di tornare alla Casa Bianca, ancora molto basse nonostante la disaffezione popolare nei confronti dell’ultimo Bush. Domenica scorsa il magazine del New York Times gli ha dedicato un lungo ritratto, a firma di Matt Bai, attento osservatore delle dinamiche interne al partito che fu di Kennedy. Bai ha descritto Warner come il nuovo possibile Bill Clinton, ovvero come l’unico democratico in grado di sconfiggere il prescelto dell’establishment del partito, cioè la senatrice Hillary Clinton. Warner può contare sui precedenti: è un ex governatore esattamente come gli ultimi due presidenti di centrosinistra, Carter e Clinton. Non solo. Come loro, Warner ha guidato uno stato del sud, circostanza decisiva perché il sud, con il midwest, è la zona del paese dove i democratici non vincono da tempo immemorabile. Warner vuole convincere il partito a non commettere ancora una volta l’errore di nominare un candidato elitario del nordest, come Kerry nel 2004. Scegliendo Hillary – è il suo messaggio subliminale – si va incontro a sconfitta sicura perché i democratici continueranno, di fatto, a non essere competitivi in 34 stati su 50.
La sfida di Warner non è facile, quasi mai un “insurgent”, cioè un candidato non sostenuto dall’élite del partito, riesce a ottenere la vittoria nelle primarie. Bill Clinton ci riuscì soltanto perché Mario Cuomo si ritirò dalla corsa. L’altro grande problema di Warner è la raffinata strategia di Hillary, molto simile a quella ideata da Karl Rove nell’anno precedente la prima elezione di Bush. Il piano consiste nell’arrivare alle primarie del partito, che si svolgeranno all’inizio del 2008, avendo già convinto elettori e finanziatori dell’ineluttabilità della sua nomina. L’ex first lady oggi è l’unica vera star del suo partito, l’unica conosciuta ovunque e con un alto profilo presidenziale. Insieme con il marito può vantare una straordinaria rete di finanziatori e, grazie a una bizzarria della legge sulla raccolta dei fondi elettorali, partirà avvantaggiata contro qualsiasi avversario perché potrà utilizzare per la corsa alla Casa Bianca i 75 milioni di dollari raccolti per la facile rielezione al Senato del prossimo novembre. Proprio per questo, secondo il New York Times, l’unico vero candidato anti Hillary è Warner, perché è straordinariamente ricco, possiede una fortuna personale di 200 milioni di dollari e, soprattutto, “è intenzionato a usarli” come ha già fatto nella campagna per l’elezione a governatore della Virginia.

I pochi finanziatori rimasti
Warner sta provando a convincere i possibili finanziatori democratici, i pochi che non si sono ancora schierati con Hillary. Sono di due tipi. Il primo tipo è composto da chi considera Hillary troppo centrista, specie sulla guerra in Iraq. Costoro sono in attesa che emerga un altro candidato alla sinistra della senatrice di New York. In lizza, al momento, c’è soltanto Russ Feingold, amato dal popolo di Internet nonché l’unico senatore ad aver votato contro il Patriot Act, oltre che contro la guerra in Iraq. Su questo fronte lavora anche John Edwards, ex compagno di strada di Kerry, oggi impegnato in un centro studi sulla povertà, ma soprattutto molto attento a solleticare i sentimenti pacifisti della sinistra americana. C’è chi giura che prima o poi scenderà in campo anche Al Gore, ma finché ciò non sarà formalizzato Hillary non avrà molto da temere alla sua sinistra. John Kerry ci vorrà riprovare, ha già a disposizione 15 milioni di dollari, ma difficilmente gli elettori democratici gli concederanno un’altra possibilità. C’è, però, un altro fronte anticlintoniano, ed è quello su cui fa affidamento Warner oltre che un nugolo di altri pretendenti come il senatore falco Evan Bayh e il governatore dello Iowa Tom Vilsack. Il fronte centrista anti Hillary è convinto che una figura così polarizzata come Hillary non potrà mai vincere (uno degli ultimi sondaggi ha svelato che più di metà degli americani non la voterebbe mai). Warner si rivolge a loro, proponendosi come moderato, fiscalmente responsabile, attento ai bilanci, favorevole al libero porto d’armi e alla notifica ai genitori nel caso in cui una minorenne volesse abortire. Warner è un imprenditore, uno dei fondatori di Nextel, sicché ha un certo appeal sulle grandi aziende high tech della California e sugli imprenditori più distanti dal Partito democratico. Il suo punto debole è la mancanza d’esperienza, specie in campo internazionale (l’Economist gli affiancherebbe il decano della commissione Esteri, Joe Biden). Per ora Warner parla soltanto di politiche interne, di tecnologia, di economia globale, di istruzione e di America rurale. Sfugge invece a ogni domanda su Iraq o Iran, sperando che sia Bush, da qui al 2008, a risolvergli la questione.

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