Camillo di Christian RoccaProtocollo Rosa nel pugno

Al direttore – Mi scusi se torno su quel “cialtronesco” che sabato ho affibbiato alla campagna radicale sull’eutanasia neonatale olandese. Domenica se ne è occupato il Corriere, spalancando le colonne alle controdeduzioni dei miei amici radicali, ieri c’è tornato il Riformista con Oscar Giannino. Il mio giudizio negativo non è sul merito della questione (io sono più favorevole che contrario), ma sul fatto che i radicali continuino a nascondere il reale contenuto dell’esperimento olandese. I radicali prima dicevano che l’eutanasia olandese riguardava soltanto neonati destinati a morte certa, forma compassionevole per porre fine a indicibili quanto inutili sofferenze. Quando gli ho fatto notare, citando il Protocollo di Groningen, che questo è soltanto uno dei tre casi, i rosapugnisti hanno cambiato modulo di difesa. Ora replicano così: sono pochi, pochissimi, i casi in cui l’eutanasia è stata praticata. I numeri non li ho mai contestati, non mi interessano. Il punto è che il Protocollo di Groningen prevede l’eutanasia anche per i neonati non destinati a morte certa e non dirlo è da propagandisti. Oscar Giannino scrive: è vero, ma gli altri sono bimbi affetti da “gravissime patologie per le quali la sopravvivenza è confinata dietro terapie intensive”. E’ così? Non è (soltanto) così, caro Oscar. C’è un terzo gruppo, quello dei neonati gravemente malati la cui vita “non dipende da trattamenti medici intensivi”, ma per i quali si prevede una pessima “qualità della vita” (se proprio siete appassionati di numeri, ogni anno in Olanda sono tra i 15 e i 20 i casi di eutanasia di questo terzo gruppo). E’ compassionevole? E’ mostruoso? Non lo so. Mi piacerebbe però che i radicali avessero il coraggio di difendere le loro idee senza trucchetti.

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