Camillo di Christian RoccaPer una sinistra tosta

Un manifesto politico per provare a salvare la sinistra da se stessa. Il “vaste programme” è di un gruppo di intellettuali inglesi guidati dall’editorialista dell’Observer, Nick Cohen, e dal professore di politica all’Università di Manchester, Norman Geras. Si sono riuniti per la prima volta un paio di giorni dopo le elezioni inglesi dello scorso anno in una sala fumosa di un pub londinese alla fermata di Euston Station. Questa settimana hanno pubblicato sullo storico settimanale della sinistra socialista britannica, The New Statesman, un documento d’intenti politici, The Euston Manifesto, che ha subito ottenuto l’adesione del saggista Paul Berman, del filosofo della politica Michael Walzer, di John Lloyd del Financial Times, del dissidente iracheno Kanan Makiya, del direttore del Journal of Human Rights Thomas Cushman, di Marc Cooper di The Nation, di parecchi docenti universitari, di decine di bloggers di sinistra democratica e di tre riviste come Dissent, Engage e Democratiya.
“Noi siamo democratici e progressisti”, si legge nel preambolo, “ma i nostri principi non sono esclusivi. Vogliamo, piuttosto, andare oltre la sinistra socialista verso i liberali egalitari e gli altri impegnati sui temi democratici in modo non ambiguo”. L’idea ambiziosa di questa sinistra democratica, antitotalitaria e liberatrice è quella di rimodulare l’opinione progressista, tracciando una linea divisoria tra “la sinistra che rimane fedele ai suoi valori più autentici e quella attuale che ultimamente si è mostrata troppo flessibile su questi principi”. Il Manifesto è composto di 15 punti: per la democrazia, nessuna scusa per la dittatura, diritti umani per tutti, uguaglianza, sviluppo per la libertà, contro l’antiamericanismo, per due popoli-due stati, contro il razzismo e l’antisemitismo, uniti contro il terrorismo, per un nuovo internazionalismo, apertura critica alle idee della destra, rispetto della verità storica, libertà di pensiero, open source sui software, modernità e tradizione.
C’è il rischio che ci definiscano “neoconservatori”, ha scritto senza timore uno dei promotori sul blog, ma nel testo c’è una solida impalcatura in difesa dell’uguaglianza e sul dovere di combattere la povertà e le ingiustizie sociali. “Io appartengo alla sinistra”, diceva orgogliosamente George Orwell quando le sue intemerate anticomuniste sembravano averlo consegnato alla destra britannica. Malgrado tra i promotori del Manifesto ci siano parecchie persone contrarie alla guerra in Iraq, il cuore dell’iniziativa è ricordare come i principi e i valori della sinistra siano sempre stati la promozione della democrazia, la diffusione della libertà, la lotta alle dittature e la presa di distanza dal pacifismo antiamericano. La sinistra, secondo i promotori, deve essere unita nel giudicare il carattere reazionario e assassino del regime di Saddam e deve “riconoscere che la sua destituzione è stata una liberazione per il popolo iracheno”. La sinistra deve differenziarsi in modo netto non solo da chi sostiene le ragioni dei nostalgici e dei jihadisti, ma anche da quella parte maggioritaria di progressisti che cerca di sistemarsi a metà strada tra i terroristi-resistenti e le forze che si battono per la democrazia. I promotori del Manifesto rigettano le analisi realiste di moda sia a destra sia a sinistra secondo cui a volte i regimi dittatoriali sono utili. Il gruppo Euston si oppone non soltanto al terrorismo, ma anche al riflesso della sinistra dominante di provare a comprendere le ragioni e le cause all’origine del terrorismo, fino al punto da giustificare le stragi.
Un tempo la sinistra democratica si distingueva da quella totalitaria se stava con i rivoluzionari ungheresi, cechi, polacchi invece che con i carri armati sovietici. Le dottrine totalitarie e i regimi dispotici sono ancora lì, così come i democratici e gli oppositori. Il compito della sinistra non è cambiato, ma le sinistre continuano a essere due.

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