Florida una cippa. I commenti di Romano Prodi e dei suoi editorialisti di riferimento hanno paragonato il ristretto margine di 24 mila voti a favore dell’Unione a quanto accaduto alle elezioni americane del 2000, quando George W. Bush fu eletto presidente grazie a una differenza di 537 voti in Florida. Il senso è questo: niente di anormale, anche nelle grandi democrazie capita che si vince e si perde per un pugno di voti. Vero. Gli unionisti però sono stati meno propensi a ricordare altri due paragoni possibili. Intanto quello dei voti popolari nazionali, che in quell’occasione premiarono lo sconfitto Al Gore di mezzo milione di consensi. Qui in Italia, sommando Camera e Senato, ha prevalso Berlusconi di 400 mila voti. L’altro paragone è quello del comportamento del candidato che la sera delle elezioni è risultato sconfitto: Al Gore chiese il riconteggio delle schede, fece ricorsi di ogni tipo, ingaggiò una leale battaglia legale con Bush e concesse la vittoria all’avversario solo cinque settimane dopo la chiusura delle urne. Se oggi si rivendica il paragone con la Florida, va riconosciuto che Berlusconi non sta facendo nulla di abominevole, tanto più che non stiamo assistendo a richieste di riconteggio, ma aspettiamo ancora il conteggio ufficiale della Cassazione.
La Florida dimostra che questo è il bello della democrazia, anche perché, terminata la battaglia legale, Gore ha dichiarato: “Questa è l’America, il paese ha la priorità rispetto al partito”. Ma se quella è l’America, noi siamo in Italia. La differenza non è geografica. In America il presidente eletto ha gli stessi poteri e la stessa capacità di manovra politica sia che vinca di un voto sia con tre milioni di scarto. In Italia c’è un sistema parlamentare che funziona conquistandosi il consenso giorno dopo giorno in Parlamento, sicché una maggioranza appesa a tre o quattro splendidi novantenni, peraltro non eletti, e alla puntualità degli aerei dall’Oceania e dal Sudamerica è difficilmente paragonabile a quanto successo dopo la Florida.
Lì si votò il martedì 7 novembre 2000. Alle 7:48 di sera, ora di New York – mentre la zona occidentale della Florida ad alta densità repubblicana avrebbe ancora potuto votare perché ha un fuso orario diverso da quello della zona orientale – le tv hanno annunciato che le urne erano già chiuse e che Gore aveva vinto lo stato. Uno studio McLaughlin and associates ha valutato che circa 15 mila elettori non sono andati a votare a causa di quell’errore, con un possibile danno di cinquemila voti per Bush. Il primo canale ad aver dato la notizia della vittoria di Gore è stata la iper-conservatrice Fox di Rupert Murdoch. Alle dieci di sera i network hanno cambiato idea, rifiutandosi di assegnare lo stato. Poco dopo le 2, per decisione di un cugino di Bush che lavorava alla Fox, il canale di Murdoch ha assegnato lo stato a Bush. Subito dopo anche gli altri hanno dato la notizia. La mattina successiva Bush era avanti di poco più di 1.000 voti, a causa di un errore di conteggio nella contea di Volusia. Gore ha telefonato a Bush per complimentarsi, nonostante quei mille voti si fossero dimezzati. Le leggi della Florida obbligano a un riconteggio nazionale nel caso il margine sia così basso, inoltre Gore ha chiesto il conteggio a mano in quattro contee dove erano stati annullati parecchi voti a causa di una scheda elettorale disegnata in modo bizzarro da una funzionaria democratica. I due team hanno subito inviato in Florida decine di avvocati, guidati dagli ex ministri James Baker (per Bush) e Warren Christoper (per Gore). Per oltre un mese si sono succeduti ricorsi e denunce e sentenze di tribunali locali e della Corte suprema della Florida. C’è stato anche il pathos legato alle schede provenienti dall’estero. Gore chiedeva di ricontare le schede, anche oltre i tempi previsti dalla legge. I bushiani dicevano di no, anche perché in Florida non c’era un sistema univoco di valutazione delle schede contestate, ma diversi da contea a contea, al punto che una scheda ritenuta valida in una città avrebbe potuto essere scartata altrove per le stesse identiche ragioni. Il 12 dicembre 2000 ha chiuso il caso la Corte suprema di Washington, fermando i conteggi proprio perché non era garantito un metodo coerente di valutazione delle schede. Bush è diventato presidente, Gore ha concesso la vittoria. Un anno dopo quei fatti, un consorzio degli otto principali organi di stampa americani ha esaminato le schede della Florida e ha concluso che se Gore avesse ottenuto ciò che chiedeva, ovvero il riconteggio nelle quattro contee, avrebbe perso non di 537, ma di 225 voti. Inoltre che se tutte le schede contestate fossero state valutate con il metodo di controllo più comune, Bush avrebbe vinto di 493 voti.
14 Aprile 2006