Milano. La candidatura presidenziale ora è ufficiale. L’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, mercoledì sera, ospite al Larry King Live sulla Cnn, ha detto chiaramente che parteciperà alla corsa 2008 per la Casa Bianca (“sì, mi candido”) in qualità di favorito, al momento, per il fronte repubblicano. L’ultimo sondaggio Gallup, dà all’ex sindaco il 40 per cento dei voti, seguito dal 24 di John McCain, dal 9 di Newt Gingrich e dal 5 di Mitt Romney. Giuliani ha sviato le domande sulle questioni etiche e non parteciperà, al contrario dei suoi concorrenti di partito, all’incontro annuale delle organizzazioni evangeliche del prossimo weekend in Florida. La novità è che ha cambiato tono su George Bush, pur non citandolo direttamente. Finora, mai aveva criticato l’azione presidenziale sull’Iraq e sempre aveva liquidato, definendola una “fesseria non vincolante”, la risoluzione congressuale dei democratici contraria all’invio di nuove truppe in Iraq. La critica ai democratici resta e il sostegno alla guerra in Iraq pure (“rimuoverei di nuovo Saddam, avrei soltanto sperato che l’avessimo fatto meglio e in modo diverso”), ma le accuse di mala gestione della guerra sono diventate precise e dettagliate: “Naturalmente ci sono stati errori. Lincoln ha commesso errori. Roosevelt ha fatto errori. Eisenhower ha compiuto errori”.
Giuliani ha detto che gli Stati Uniti sono entrati in guerra con pochissime truppe (“forse ne servivano 100 o 130mila in più”) e hanno sbagliato a smantellare la struttura militare e statale dell’Iraq saddamita. I dubbi iniziali sulla possibilità americana di ricostruire una nazione, ha detto Giuliani, si sono dimostrati molto fondati. Non solo. Giuliani ha riconosciuto che se il Congresso avesse avuto maggiori informazioni sulle armi di Saddam non avrebbe approvato la guerra, che è un po’ la tesi di Hillary Clinton. L’ex sindaco ha aggiunto che un voto contrario del Congresso nel 2002 non avrebbe però aggiunto nulla al dibattito sulla necessità di rimuovere Saddam, cosa che Giuliani continua a reputare positiva. Il punto è che gli americani, ha spiegato alla Cnn, devono essere preparati all’idea che la guerra potrà andare male, anche con l’invio delle nuove truppe deciso poche settimana fa: “Io sono fiducioso che questa volta le cose possano girare bene – ha detto – Ma chi lo sa? In piena guerra non si può mai sapere, ma dobbiamo provarci, non possiamo andarcene”. Lasciare l’Iraq, ha spiegato Giuliani, significherebbe dare all’Iran una “gigantesca possibilità di espandere le sue attività”.
Le prime critiche alla gestione della guerra mettono Giuliani sullo stesso piano di John McCain, il quale ha lo svantaggio di doversi esporre più dell’ex sindaco a causa del suo status di senatore. McCain ha difeso in aula l’invio dei altri soldati in Iraq, con una risoluzione di sostegno alla nuova strategia bushiana, riuscendo a contenere lo sfilacciamento del gruppo repubblicano e a bloccando la manovra democratica di votare un testo di critica al presidente. Alla Camera la situazione è diversa. La risoluzione, sempre non vincolante, sta per andare al voto (intorno alla mezzanotte americana di oggi) e i repubblicani non hanno i numeri per bloccarla. Sono 12 o 13 i repubblicani che voteranno il testo democratico, mentre soltanto un democratico dirà di no. Al talk show dell’iper conservatore Sean Hannity, Giuliani ha ribadito di essere “infastidito” da questo testo, perché gli americani non hanno eletto i propri rappresentanti per “esprimere commenti”: chi è contrario alla guerra abbia il coraggio di “farsi avanti e di prendersi qualche rischio”.
16 Febbraio 2007