Camillo di Christian RoccaL'America è un po' pazza

L’Apocalisse è arrivata ieri mattina a Blacksburg, nel placido campus universitario di Virginia Tech, nel sud est degli Stati Uniti. Alle 7 e 15 un ventenne di origini asiatiche, vestito di nero, dotato di due pistole e di parecchie pallottole ha cominciato a sparare nel complesso universitario facendo le prime vittime. Due ore dopo è entrato in uno degli edifici, ha chiuso con dei lucchetti le vie d’uscita e ha compiuto una carneficina “insensata e incomprensibile”, nelle parole del rettore dell’Università. Al momento in cui questo giornale va in tipografia, gli studenti e i dipendenti dell’Università uccisi dal furore assassino sono trentadue, i feriti sono pochi di meno. Lo stragista è morto, secondo alcune informazioni si è ucciso egli stesso dopo aver compiuto la carneficina. Le prime confuse ricostruzioni della polizia raccontano di un piano meticolosamente preparato da uno studente, o da un ex studente, “altamente alienato”, con problemi con la sua ragazza o con un professore, e motivato da un irrazionale spirito di vendetta.
La domanda che tutti si pongono è perché in America succedano con tale frequenza episodi di questo tipo. Il pensiero va subito a Columbine, alla strage del 1999 nella scuola del Colorado dove due teenager massacrarono sedici coetanei, e alle decine di casi simili di questo tipo. La strage di ieri a Blacksburg non è soltanto l’ultima di una lunga serie, è anche la più devastante della storia degli Stati Uniti. Trovare una spiegazione non è semplice. Liquidare la strage con il gesto di una mente malata o con le solite polemiche sulla facilità di accesso alle armi non aiuta a capire. Blacksburg non è un fatto isolato, ormai episodi di questo tipo succedono sempre più spesso e dappertutto in America – dalle scuole ai centri commerciali – quasi fossero un codice, un rituale, per scaricare la propria alienazione, una specie di antidoto all’aggregazione. L’accesso alle armi ovviamente aiuta, ma in America il possesso delle armi non è il prodotto di una cultura bullista o machista, piuttosto è collegato al principio della libertà personale garantito dalla Costituzione e alla base degli Stati Uniti. In ogni caso la questione delle armi non fornisce una spiegazione. C’è, forse, che l’America è un po’ matta. E’ certamente priva delle astuzie europee, non conosce le alchimie del razionalismo nostrano, ed è per questo un paese di grandi illusioni e di fermenti religiosi, di laicismo esasperato e di attesa dell’Armageddon. L’America vive ancora la psicologia della frontiera, è violenta e perentoria, capace di moralismi assoluti e di abbassamento della soglia minima. Questa è la sua caratteristica fin dalla fondazione, con essa convive da oltre duecento anni. L’America è Blacksburg o Columbine, ma è anche la società più vitale del pianeta e l’unica capace di prendersi sulle spalle il peso del suo e del nostro futuro.

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