Camillo di Christian RoccaPetraeus al Congresso

New York. Il generale David Petraeus, capo delle forze americane in Iraq, e l’ambasciatore Ryan Crocker, rappresentante diplomatico a Baghdad, hanno testimoniato ieri davanti alle commissioni Forze armate ed Esteri della Camera bassa del Congresso di Washington, nella più attesa e importante audizione politico-militare dai tempi del Vietnam. Le notizie sono due, ma quella più importante non riguarda la situazione in Iraq, il numero di brigate che saranno ritirate, le inefficienze del governo al Maliki, la nuova alleanza con le tribù sunnite, i tempi e le modalità della presenza militare e l’influenza nefasta degli ayatollah iraniani negli affari iracheni. Tutto ciò si conosceva già dalle anticipazioni dei giornali che sostanzialmente segnalavano una situazione ancora parecchio complessa, ma con sostanziali progressi militari, miglioramenti politici (in particolare nella provincia di Anbar un tempo guidata da al Qaida e dai saddamiti) e troppi ritardi del governo centrale di Baghdad.
Sulla base di questa valutazione, “gran parte degli obiettivi sono stati raggiunti”, Petraeus ha suggerito una riduzione di 4 mila soldati prima di Natale, una continuazione della strategia fino al suo compimento previsto per agosto 2008, quando il numero delle truppe tornerà alla quota pre-surge di 130 mila uomini e, infine, una sospensione fino a marzo o aprile del giudizio sulla presenza americana in Iraq oltre l’estate del 2008. Andare via dall’Iraq avrebbe conseguenze devastanti, hanno detto sia Petraeus sia Crocker, quest’ultimo un diplomatico che nel 2003 era contrario all’invasione militare.
La notizia del giorno però è stata un’altra: la campagna dei democratici e della sinistra radicale di cancellare le buone notizie provenienti dal fronte per forzare la Casa Bianca a ritirare le truppe. Prima ancora che Petraeus e Crocker potessero cominciare a raccontare ai deputati e al pubblico americano i contorni della situazione, i leader democratici hanno cercato di liquidare le loro testimonianze come pura propaganda della Casa Bianca. “Se ci dirà che ci sono progressi, non ci crederemo”, ha detto il deputato Tom Lantos e così ha fatto intendere anche il presidente della commissione Ike Skelton. Entrambi hanno espresso dubbi sull’affidabilità di Petraeus e Crocker, gli stessi elaborati nell’ultima settimana da vari editorialisti liberal. Il capogruppo repubblicano Duncan Hunter, candidato alla Casa Bianca, ha chiesto ai due colleghi di rimangiarsi ogni sospetto avanzato sull’onore e la rispettabilità di Petraeus e Crocker, in aula contestati da sei o sette militanti pacifisti. Con imbarazzo, il presidente Skelton ha dovuto ribadire che considera Petraeus e Crocker il meglio della classe dirigente militare e civile del paese, ma a quel punto l’atteggiamento pregiudiziale dei democratici era chiaro ed è diventato spettacolarmente palese, anche se involontariamente, quando un malfunzionamento dei microfoni ha impedito a Petraeus e Crocker di parlare per dieci minuti.
Una pagina sul New York Times
Il punto è che i leader del Congresso erano andati in vacanza ad agosto convinti che a settembre, una volta che anche l’ultima strategia bushiana in Iraq fosse giunta a fallimento, sarebbero riusciti a conquistare il necessario voto dei repubblicani per porre fine alla guerra. E’ accaduto il contrario, come hanno scritto ieri sul Wall Street Journal il repubblicano John McCain e il collega democratico Joe Lieberman, sostenitori dell’aumento delle truppe in Iraq ben prima di Bush: “Così come il presidente, sebbene in ritardo, ha avuto il coraggio di cambiare la sua strategia fallimentare – hanno scritto i due senatori – speriamo che dopo aver ascoltato il generale Petraeus gli oppositori della guerra facciano la stessa cosa”. Una speranza vana, malgrado qualche singolo deputato abbia deciso di cambiare posizione. E’ prevalsa, invece, l’ala più arrabbiata del partito, quella che non vuole vincere in Iraq, ma che si aspetta soltanto la sconfitta di Bush e dei suoi alleati. The Politico aveva riportato la frase di un anonimo senatore democratico, secondo il quale il partito non si sarebbe potuto permettere di dare del bugiardo a Petraeus in diretta tv, così “l’aspettativa è che lo faccia qualche gruppo esterno”. Ieri mattina, sul New York Times, è comparsa un’intera pagina pubblicitaria del gruppo MoveOn.org che senza mezzi termini, e prima di ascoltare il generale, accusava Petraeus di aver tradito l’America per aver mentito o, forse, per aver concesso un’altra chance a Bush. Al Congresso i democratici non hanno i numeri per far prevalere la loro linea ed è probabile che l’agitazione di ieri sia stata una mossa eclatante da poter dare in pasto ai gruppi radicali che ormai controllano il partito. Oggi Petraeus e Crocker andranno al Senato, poi domani terranno una conferenza stampa. Giovedì, Bush parlerà al paese e il giorno dopo presenterà al Congresso le sue proposte per la continuazione della guerra.

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