New York. Da “we like Ike”, “ci piace Ike”, a “she’s like Ike”, “lei è come Ike”, il passo è foneticamente breve. Politicamente appare meno probabile, visto che “Ike” è Dwight Eisenhower, l’ex generale americano della Seconda guerra mondiale eletto negli anni Cinquanta presidente repubblicano degli Stati Uniti. “Lei”, invece, è Hillary Clinton. Il giudizio su Hillary come nuova Eisenhower non è di un bizzarro commentatore alla ricerca di argomenti pepati per rendere più scoppiettante il suo articolo, ma di George W. Bush. In questi giorni, sembra che il presidente americano non parli d’altro che di Hillary, prima in un libro di Bill Sammon appena uscito nelle librerie e poi in un incontro off the record con i principali conduttori di talk show dei grandi network televisivi, filtrato ovviamente sui giornali.
L’idea è che Hillary, esattamente come Eisenhower nel 1952, sarà un presidente continuista rispetto al suo predecessore, questo malgrado in campagna elettorale stia dicendo il contrario. Allora, con Ike, i repubblicani criticavano le politiche di democratizzazione dell’Europa ideate dal presidente Harry Truman ed erano convinti che il principale pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti fosse la presenza dei comunisti in America, non quella nel resto del mondo. Una volta eletto alla Casa Bianca, Eisenhower fu invece un efficace continuatore della dottrina Truman e della Guerra fredda.
Bush è certo che chiunque gli succederà alla presidenza, specie se l’eletto sarà un repubblicano o Hillary Clinton, continuerà la sua missione in medio oriente e la guerra contro il terrorismo. Il fatto che l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, sia in testa ai sondaggi delle primarie repubblicane, malgrado le sue posizioni laiche su aborto, gay e ricerca sugli embrioni, conferma la tesi secondo cui anche le prossime elezioni presidenziali del 2008 saranno decise dall’attitudine dei candidati rispetto alle questioni del terrorismo islamista e della sicurezza nazionale. Tra i repubblicani è abbastanza scontato, anche se la crisi irachena avrebbe potuto far pensare il contrario. Un po’ meno ovvio è nel fronte del Partito democratico, anche perché, fino a questo momento, la campagna elettorale liberal è tutta centrata sull’opposizione a Bush e sul ritiro dall’Iraq.
“Se ascoltate bene – ha detto Bush all’autore di ‘The evangelical president’ – ci sono democratici che dicono che ci sarà bisogno di un qualche tipo di presenza” in Iraq. Hillary è tra questi. Inoltre, ha detto Bush, “mi aspetto le loro critiche, perché il modo per vincere le elezioni primarie del Partito democratico è criticare il presidente”. Ma, secondo Bush, quando si metteranno dietro la sua scrivania dello Studio Ovale, ammesso che ci arrivi un democratico, sarà molto diverso. Proprio come accadde ai tempi di Ike.
Bush non fa trapelare la sua preferenza tra i candidati repubblicani (anche se i rumor dicono Mitt Romney) ed è convinto che, alla fine, chiunque sarà il prescelto del suo partito finirà per battere l’avversario democratico. Ma sia l’autore del libro sia i giornalisti che lo hanno incontrato hanno notato, sul fronte opposto, una forte e decisa preferenza di Bush per Hillary. Bush è rimasto impressionato dalla professionalità della campagna elettorale della senatrice di New York ed è convinto che la sua esperienza da first lady le stia servendo moltissimo, come nel 2000 è servito a lui l’aver seguito da vicino le campagne elettorali di suo padre.
Le parole buone non sono mancate nemmeno per Barack Obama, il senatore nero che Bush ha invitato alla Casa Bianca pochi giorni dopo la sua prima elezione a Capitol Hill. Ma i più stretti collaboratori del presidente sostengono che Obama non sia professionalmente preparato per l’incarico, al contrario di Hillary. Nel libro di Sammon, inoltre, è registrata una certa delusione di Bush nei confronti delle critiche ricevute da parte di Obama. In ogni caso, sia gli strateghi di Hillary sia quelli di Obama sono in contatto con i consiglieri della Casa Bianca. Alcuni di loro, fanno sapere gli uomini di Bush, sono d’accordo con il presidente su molte questioni, anche se ovviamente non possono dirlo. Il canale però è aperto e funzionante. Bush consiglia apertamente a Hillary di modulare la sua retorica antiguerra, in modo da non legarsi le mani nel caso fosse eletta presidente. Per aiutarla, lei come tutti gli altri, Bush ha annunciato che utilizzerà gli ultimi sedici mesi della sua presidenza per fornire al suo successore, a maggior ragione se sarà democratico, tutti gli strumenti giuridici e politici necessari per poter continuare la guerra al terrorismo.
Christian Rocca
26 Settembre 2007