■ Chi è Fabio Lalli?
Qualche giorno fa abbiamo avuto il piacere di intervistare Fabio Lalli, fondatore del network Indigeni Digitali e “startupper compulsivo”.
Il network degli Indigeni Digitali è nato un anno e mezzo fa da un’idea che Fabio ha portato spesso nelle aziende in cui ha lavorato: aperitivi periodici informali, un’occasione per fare knowledge sharing tra persone che lavorano in divisioni diverse di una stessa azienda. In seguito l’aperitivo è stato esteso alla rete, ed è diventato effettivamente “Indigeni Digitali“, crescendo e diffondendosi poi rapidamente sia a Roma, sia nel resto d’Italia.
Ognuna delle penne del simbolo degli Indigeni Digitali ha un significato, rappresentano i valori degli Indigeni e sono, fondamentalmente, il riassunto dell’Etica Hacker di Pekka Himanem. Nel network non ci sono solamente programmatori e tecnici ma anche persone che lavorano in comunicazione, manager, persone che già hanno fatto impresa: queste competenze ibride hanno portato in molti casi a progetti nuovi, startup o addirittura nuove opportunità di lavoro.
Gli obiettivi futuri sono da una parte far crescere il network, che ha già cominciato ad attirare l’interesse di alcuni investitori, dall’altra mantenere l’aspetto che secondo Fabio è il più importante, ovvero l’approccio disinteressato e utile a tutti: si tratta infatti di una rete di persone che si aiutano senza interessi o influenze di brand.
Gli sponsor partecipano attivamente e fanno crescere il network, ma non modificano i valori e il modello del network stesso. Infine Fabio ha sottolineato l’importanza della collaborazione con le università: gli Indigeni Digitali possono rappresentare una grande opportunità di trasferimento di esperienza da manager e imprenditori a persone che stanno solo adesso uscendo dalle università, per portare poi anche alla nascita di nuovi progetti.
Fabio ha parlato anche di Followgram, un’applicazione nata dalla collaborazione con Lorenzo Sfienti che permette agli utenti di ampliare le funzionalità di Instagram. L’app è diventata popolare in brevissimo tempo ed è stata ripresa dalla CNN e da The Next Web, ed attualmente viene usata anche da brand piuttosto importanti come AirFrance, British Airways, Audi e Converse. I numeri di Followgram sono molto promettenti: In 2 mesi di vita sono stati generati 8600 vanity url, l’app conta circa 150 – 160 iscrizioni, 17.000 utenti unici e 50.000 pagine visitate al giorno.
Il successo che ha riscosso ha quindi portato a ipotizzare un modello pro da poter monetizzare. Per quanto riguarda l’aspetto economico per quello riguarda le startup, Fabio sostiene che la maggior parte dei progetti dovrebbero essere autosostenibili, e adottare un modello che permetta di andare online in modo strutturato, senza aver bisogno di soldi ancor prima di partire. Questo, secondo Fabio, rappresenta un buon esercizio per capire in che modo si possono ottimizzare i costi, e per non dover in seguito crescere in pareggio tra revenue e costi.
Abbiamo parlato con Fabio anche di enterprise 2.0, sistemi più evoluti rispetto alle Intranet classiche: a suo avviso il pregiudizio più grande che le aziende hanno nei confronti di approcci di questo tipo è la paura della perdita del controllo. La sua esperienza in aziende che hanno adottato questi sistemi però è stata molto positiva.
Gli utenti venivano molto responsabilizzati nel momento in cui dovevano portare il loro contributo all’interno della piattaforma aziendale, e i vantaggi erano palesi: innanzitutto la disponibilità di informazioni, dall’altra il coinvolgimento che portava a rafforzare il senso di appartenenza all’azienda e ad aumentare vicinanza tra dipendente e azienda. Abbiamo proseguito parlando di sistemi di geolocalizzazione, crowdsourcing, i vantaggi e gli svantaggi di chiudere i social network nelle aziende e molto altro.
Invito tutti quindi a visionare l’intervista integrale, molto più ricca di riflessioni e dettagli rispetto a questa mia breve sintesi.