Valsusa: non è già tutto deciso: le alternative possibili

Nel dibattito che si sta faticosamente e drammaticamente svolgendo intorno al Tunnel della Valsusa, si continuano a raccontare molte cose non vere, che falsano completamente la discussione pubblica...

Nel dibattito che si sta faticosamente e drammaticamente svolgendo intorno al Tunnel della Valsusa, si continuano a raccontare molte cose non vere, che falsano completamente la discussione pubblica e acuiscono la sensazione di un discorso chiuso e che é inutile riaprire.
Le cose non stanno cosi e c’è da sentirsi un po’ scoraggiati leggendo le dichiarazioni del Premier Monti che dice: “ non possiamo andare alla deriva staccandoci dall’Europa”, “ con la TAV si crea lavoro sul territorio e non solo” “non ci sono incompletezze nella VIA”, “ci sono stati momenti di ascolto delle amministrazioni locali” e altre considerazioni, che ci fanno dire che in realtà le fonti “dell’esame approfondito” condotto dal governo siano più o meno le stesse che noi abbiamo da anni contestato come non corrette e non complete.

Eppure, basterebbe al governo “tecnico” avvicinarsi alla questione del tunnel in Valsusa con la mente sgombra dai pregiudizi ideologici e dalla diffidenza nei confronti del movimento NOTAV e delle sue (sacrosante) ragioni, leggere i documenti di LTF; scorrere l’accordo intergovernativo fra Francia e Italia e la decisione della ministra francese di riconsiderare tutte le grandi opere ferroviarie eccetto 4 prioritarie (nelle quali non compare la Lione-Torino); consultare la proposta della Commissione Europea “Connecting Europe” sulle reti TEN, per capire che non solo nulla è davvero definitivamente deciso sul Tunnel di base della Valsusa, ma anche che siamo abbastanza in alto mare per quanto riguarda la concreta dimostrazione della sostenibilità finanziaria dell’opera e della sua reale utilità. E basterebbe analizzare con attenzione gli stessi quaderni dell’Osservatorio di Virano, tanto citati in questi giorni, per capire che proprio in quei quaderni o almeno in quelli pubblicati prima dell’uscita delle amministrazioni contrarie all’opera, sono descritte per bene le tappe che la Lione-Torino avrebbe dovuto seguire e che mettono chiaramente il tunnel all’ultimo, lontano posto nelle priorità. Insomma, siamo nel campo della pura professione di fede e non in quello della fredda analisi dei dati e delle realtà; siamo prigionieri di una visione da anni ’70 della crescita economica puramente quantitativa e basata su grandi opere molto rigide ed impattanti, per cui si riesce a dare per buona l’ipotesi che un’opera che forse si comincerà concretamente a costruire fra quattro o cinque anni e sarà completa (dati LTF) nel 2035/40 su una linea oggi utilizzata al 20% delle sue attuali potenzialità potrà davvero avere un impatto sulla crisi economica e di occupazione attuale. Soprattutto se si considera che il progetto di cui oggi si parla non è definitivo, è stato approvato al CIPE con 222 prescrizioni importanti e tutti sanno molto bene che comunque le infrastrutture non bastano per assicurare il trasferimento modale gomma/ferro. Con le tariffe, i contributi e le deduzioni di cui godono gli autotrasporti, è impossibile pensare che sia competitivo passare le merci sui treni, anche se ci fosse il tunnel e la linea più veloce del mondo. Senza contare che la struttura produttiva del nostro paese è basata su piccole e medie imprese distribuite sul territorio, una struttura che rende una linea rigida e con pochi punti di fermata poco utile a togliere i tir dalla strada.

Mi sono sempre chiesta perché in Italia invece di considerare il contenuto di una certa questione, si tenda sempre a prendere posizione sulla base di chi la rappresenta. Provate per credere, è sempre cosi. Quindi se io, che sono ecologista, o un sindaco della Valsusa, o un tecnico che per quel sindaco lavora, diciamo una cosa vera, saremo comunque meno credibili di LTF, del signor Virano, o di tanti esponenti politici più o meno “moderati” che non si sono mai dati la briga di studiare un po’ come sta davvero la questione. Quindi se si dice: “il progetto è già deciso”; “l’UE darà il 40% del costo dell’opera”; i francesi sono molto più avanti di noi” “non c’è spazio per nessuna trattativa” tutti, politici, giornalisti, tv accettano come verità sacrosante queste dichiarazioni ripetute da anni a pappagallo senza alcun fondamento.
Quindi la manipolazione è facilissima, perché sono pochi ad andare a vedere quale è la situazione e ,soprattutto, a crederci. Insomma: “dimmi chi sei e ti dirò se ti credo”.

Io sono convinta che dietro la radicalizzazione del Movimento NOTAV, dopo tanti anni di “ragionevoli” contro-deduzioni e proposte, ci sia anche questo elemento di mancanza totale di fiducia che fa dire a molti di loro “o con noi o contro di noi” e che rende tutte le mediazioni impossibili e l’opzione zero “per sempre” l’unica fattibile.
Questa situazione ha avuto un effetto davvero devastante nel caso della Lione-Torino, perché ha trasformato la discussione intorno ad un buco nelle Alpi una battaglia fra due opposti fronti l’un contro l’altro “armati” che oggi ci fa vivere momenti di tensione eccessiva, condiziona fortemente e in negativo la vita, il lavoro, le prospettive future di migliaia di persone e rende il dibattito necessario sul modello di sviluppo impossibile. E cosi, quella che secondo me rimane l’unica vera proposta seria e “sostenibile” nei prossimi decenni e cioè un rafforzamento della linea attuale, possibile con costi e tempi molto minori rispetto al grande buco, con un “aggiustamento” razionale del nodo di Torino, e un rinvio del tunnel a eventuali tempi futuri e a quando la sua utilità sarà comprovata, è stata sempre considerata non “realistica”.
Eppure non è cosi.
L’UE sta nel bel mezzo di una procedura legislativa che ha l’obiettivo di definire entro il 2013 quali progetti saranno finanziati con quali e quanti soldi. La Commissione europea ha fatto la sua proposta, ma si tratta di una proposta. Questa proposta (10 linee, 30 miliardi di contributi EU per opere che avranno bisogno di 500 miliardi di euro per essere realizzate) si pone nel contesto della discussione, anch’essa in corso, delle prospettive finanziarie 2013/2020; in questo periodo di vacche decisamente magre la battaglia per mantenere il bilancio comunitario al suo livello attuale ( più o meno l’ 1% del PIL UE) è molto difficile. Già nel periodo precedente (2007/2013) la Commissione aveva proposto 20 miliardi di euro per le reti trans-europee trasporti e ne aveva ottenuti solo 8…..Questo elemento è molto rilevante per i destini del tunnel di base, che rappresenta la tratta internazionale della Lione/Torino. Nell’accordo intergovernativo fra Francia e Italia firmato in pompa magna nel gennaio 2012, si dice infatti chiaramente all’art. 1 par. 3 che “l’accordo non ha come oggetto di permettere l’avvio dei lavori sulla parte comune che richiederà un protocollo separato tenendo conto in particolare della partecipazione definitiva della UE al progetto.” Quindi nulla di definitivo fino a quando non si saprà se la UE parteciperà o no con il 40% dei costi previsti (stimati a 8,5 miliardi ma che saranno sicuramente molti di più, anche perché il tunnel non ha senso senza la costruzione dei pezzi di linea che lo raggiungono…) e che dovrebbero per il resto essere suddivisi fra Italia e Francia per rispettivamente per il 53% e 47%. Inoltre, sempre da parte francese, è interessante notare come Nathalie Kosciusko-Morizet, Ministro francese dell’Ecologia e dei Trasporti, abbia indicato nel dicembre 2011 “la ricetta per uscire dalla grave crisi: dare priorità alla manutenzione e al rinnovo della rete ferroviaria classica e sottoporre lo sviluppo delle linee ad Alta Velocità ad una valutazione esterna indipendente per superare la confusione tra decisioni politiche e tecniche tutti i progetti con l’esclusione delle quattro linee i cui lavori sono in corso”, tra le quali ovviamente non figura la Lione-Torino. E allora, perché mai questo riesame ragionevole non può avvenire anche da noi ??

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