I giornalisti di Bloomberg hanno portato all’opinione pubblica la vicenda della chiusura dei derivati di Cassino al termine di una lunga e costosa procedura di richiesta al tribunale amministrativo per l’accesso agli atti per scopi giornalistici. Non è chiaro perché la trasparenza nuoccia ai Comuni, ma è sicuro che la mancanza di trasparenza nuoce al mercato ed ai contribuenti e avvantaggia le banche.
E’ solo grazie a un pervicace lavoro di inchiesta con mezzi giudiziari che Bloomberg News è riuscita a portare alla luce la storia dei derivati di Cassino, e le macerie che ha lasciato: tagli agli asili nido e aumento della tassa sulla raccolta rifiuti. Per questo Cassino diventa un caso di studio su come l’utilizzo dei derivati da parte di un emittente pubblico possa nascere e morire nella assoluta mancanza di trasparenza. E in questa mancanza di trasparenza, che limita la concorrenza, proliferano le asimmetrie informative (di cui il caso è un esempio estremo).
Il caso: nel 2003, Cassino ha stipulato un contratto swap con Bear Stearns, la banca di investimento salvata nel week-end di San Patrizio del 2008 tramite acquisizione da parte di JP. Morgan. Nello stesso 2008 Cassino portò in tribunale JP Morgan, che ha chiuso la vicenda con una transazione. Bloomberg riporta un caricamento iniziale a favore delle banche tra i 700.000 e gli 800.000 euro, su un contratto per un ammontare nominale di 22 milioni e mezzo. Riporta una perdita complessiva, alla chiusura del contratto, di 577 000 euro.
Il tipo di contratto è un test ideale cui sottoporsi per capire quanto conosciamo i prodotti derivati. Da quanto riportato, Cassino scambiava i pagamenti a tasso fisso su un mutuo con pagamenti a tasso variabile. E i pagamenti a tasso variabile avevano due particolarità: i) non potevano scendere sotto il 4,95%; ii) il tasso di riferimento era l’interbancario sul mercato del dollaro. E’ un prodotto con un buon coefficiente di difficoltà.
Partiamo da ciò che si vede a occhio nudo. Il fatto che i pagamenti a tasso variabile non potessero scendere sotto il 4,95% significa che il Comune di Cassino vendeva a Bear Stearns l’assicurazione contro il ribasso dei tassi: tecnicamente, un floor. Non sappiamo se era un floor standard o digitale, come andavano in voga nei contratti con i Comuni in quel periodo: dal fatto che non è menzionata la presenza di alcuna assicurazione, a favore di Cassino, contro il rialzo dei tassi, ci fa pensare che si tratti del secondo caso. Infatti, la proposta tipica di prodotto derivato offerto in quel periodo ai Comuni era del tipo: stai pagando un mutuo a tassi fissi troppo alti (tra il 6% e l’8% erano i tassi ereditati da prima dell’euro)? Ti abbasso il pagamento a un livello, diciamo, del 4,95%, e paghi il tasso variabile se i tassi salgono sopra quel livello. Si noti che questi non sono contratti di copertura: il Comune, infatti, si espone al rischio di un aumento dei tassi per avere una chance di riduzione dei pagamenti di interessi in caso i tassi di riferimento restino bassi. Non sappiamo se questa fosse la struttura, ma qualunque fosse, possiamo comunque dire che il contratto includeva una vendita di assicurazione da Cassino a Bear Stearns.
Veniamo ora a ciò che non si vede a occhio nudo: il particolare che, se lo avete notato, vi qualifica come intenditori di prodotti derivati. Se poi siete anche in grado di tradurre quel particolare in un prezzo, siete addirittura un sommellier. Il contratto prevedeva pagamenti a tasso variabile in euro, legati ai tassi del mercato in dollari. Questo qualifica il contratto swap come un “quanto swap”. Prodotti di tipo “quanto” sono appunto definiti come derivati che danno pagamenti in una valuta in funzione di indicatori di mercato espressi in una valuta diversa. La “quantizzazione” è un concetto di finanza matematica estremamente difficile da spiegare senza utilizzare strumenti matematici avanzati, ma facile da descrivere in modo intuitivo: è come se il prezzo nascondesse un flusso di dividendi pari alla covarianza del tasso d’interesse in dollari e del tasso di cambio euro-dollaro (cioè quanto più il tasso d’interesse e di cambio si muovono insieme, tanto più alto il dividendo). Secondo voi chi avrà incassato questo dividendo? Cassino o Bear Stearns? Per aiutarvi nella risposta, diciamo che i “quant”, che sono gli esperti di finanza matematica, lo sanno valutare, i professionisti di buon livello sanno che esiste, tutti gli altri lo ignorano.
Ma la domanda più inquietante di questa vicenda è politica, e non tecnica, e sta nel fatto che Cassino ha rifiutato di rivelare i termini della transazione di chiusura “per più di due anni, riferendo un vincolo di discrezione con la banca”, come riferisce Bloomberg. E Bloomberg segnala il rischio che questo possa diventare un “template” per le procedure di chiusura cui altri comuni stanno lavorando. Questo è francamente inaccettabile. C’è innanzitutto una questione di principio. Perché il collega che fa il mio stesso lavoro all’Università di Cassino, e che là ha la sua residenza fiscale non ha diritto ad avere quella informazione? Può solo pagare come contribuente e non può neppure togliersi il capriccio di sapere chi ha incassato quel dividendo da “quantizzazione” e se la transazione sia stata equa? C’è poi, soprattutto, una questione di sostanza. Secondo voi a chi sarà andato il “dividendo della discrezione”?
Insomma, si richiederebbe un po’ di quella che in inglese si chiama “accountability”, e di cui in italiano mi sfugge il termine (ho forse non ho l’umore di scriverlo). Le truppe di Bloomberg hanno sfondato la linea gotica a Cassino. Ora la battaglia passa ai comitati di trasparenza del nord. E’ tempo che il Comune di Milano faccia la sua parte, e dia l’esempio: pubblichi i dettagli della transazione sui suoi derivati con le banche e stabilisca il nuovo “template” di trasparenza per la risoluzione delle controversie in derivati.