Povero tetto. Se non c’è, è assurdo che non l’abbiano previsto, perché la pioggia non può interrompere finali di cartello come quelle recentissime di Roma e Parigi. Se invece viene montato, allora è tecnologico e bellissimo, ma poi spezza il gioco e avvantaggia l’avversario.
Nel giro di poche ore il tetto apribile del campo centrale di Wimbledon è diventato primo imputato e capro espiatorio della sconfitta di Rafael Nadal, uscito al secondo turno per mano di un sorprendente Lukas Rosol, numero 100 del mondo, classico vincitore “a sua insaputa” fino a qualche minuto prima del match. Sui campi londinesi il maiorchino non perdeva alla seconda partita dal 2005 e oggi deve fare i bagagli lasciando sull’erba la seconda posizione nel ranking mondiale, con le quotazioni di Federer (favorito) e Djokovic che salgono vertiginosamente.
I fatti. Rosol esordisce contro il favore dei pronostici (vittoria quotata a 31), perde il primo set, ma poi infila un doppio 6-4 e passa in vantaggio, prima di perdere il quarto. A quel punto il giudice arbitro fa chiudere il tetto per ovviare all’oscurità e terminare il match con la luce dei riflettori. La pratica porta via trenta minuti abbondanti: Nadal sbuffa, Rosol riordina le idee. Il match riprende: manca un set, quello decisivo. lo spagnolo è freddo, debole alla risposta, confuso negli attacchi. Il ceco attacca come un forsennato (22 ace totali) e vince accompagnato dagli applausi scroscianti del pubblico.
“La decisione di chiudere il tetto – spiegherà Nadal – non è stata la migliore per me. Ci hanno messo 35-40 minuti, non sapevo che ci volesse tanto tempo”. Rafa la prende con filosofia (“è solo un match di tennis, non una tragedia”) e con signorilità si ferma a firmare autografi a bordo campo. Il tutto mentre l’avversario prova a definire l’entità dell’impresa: “è come se una squadra della Repubblica Ceca battesse il Real Madrid”. Lui, tennista che negli ultimi cinque anni non era mai riuscito a superare le qualificazioni in quel di Wimbledon.
Ma i nadaliani ortodossi non ci stanno. Uscire al secondo turno è uno smacco troppo grande, perdipiù davanti ad un emerito sconosciuto. Si lamentano sul web, imprecano contro il tetto e maledicono l’oscurità della notte, sbarrano gli occhi davanti ai siti di As e Marca che stravolgono le proprie homepage col fisico statuario di Balotelli accanto alla faccia contrita di Nadal. Persino la stampa italiana registra qualche mal di pancia. Nella sua corrispondenza da Londra, l’inviato della Stampa Stefano Semeraro scrive di una “sessione notturna e mascherata, vinta dopo 40 minuti di stop dal picchiatore Rosol, più a suo agio indoor”. Sotto i riflettori, conclude, “resta l’ombra di un match storico, ma un po’ falsato”. Nella conta delle percentuali e delle responsabilità è bene ricordarci che, comunque, anche Rafa è umano. Fortissimo, ma mortale. Nonostante i sette Roland Garros vinti, a prescindere dai tetti dispettosi.