L’immagine che di sè ha dato la politica italiana negli ultimi anni è devastante. Non tanto agli occhi della mia generazione, che già ha fatto i conti con Mani Pulite ed è cresciuta con una vena di disincanto e rabbia verso la politica e che puntualmente riaffiora. Quanto, in particolare, alle giovanissime generazioni. A chi ha 10-12 anni, come mio figlio Enrico, e comincia a manifestare curiosità per il circo della politica, per i suoi personaggi di cui vengono narrate le gesta, per la verità ben poco eroiche, sui media. Penso insomma a coloro i quali dovrebbero poter coltivare, sulla spinta di una naturale ingenuità, un’idea positiva della politica. E che invece sono bombardati da notizie che disintegrano, appunto, il loro quadretto senza macchia e squalificano nel complesso e indistintamente chi fa politica.
Cosicchè, se è stato facile replicare a domande di Enrico, tipo “chi è questo signore? chi è quell’altro? cosa vuole dire? di che partito è? perchè da detto questo? perchè quei signori litigano?”, è stato complicato rispondere ai pressanti quesiti giunti, ad esempio, quando è esploso il Ruby-gate. Spiegare a mio figlio come mai il nome e l’immagine di alcune tra le più rilevanti cariche istituzionali del paese fossero, ogni giorno, messe in relazione a festini proibiti ed accostate a figure femminili molto avvenenti, ha significato fare un esercizio di equilibrismo pazzesco. Nel tentativo di sostenere come la politica sia sana nonostante la presenza isolata di alcune mele marce.
Ma è stato ancora più difficile affrontare il tema degli illeciti perpetrati dagli ex tesorieri della Margherita e della Lega Nord, di cui per giunta mio figlio ha sentito più volte parlare me al telefono a causa del mio book sui conti dei partiti. Cosa vai a dire ad un bimbo che sente che i soldi dei partiti sono stati utilizzati per farsi ville, comprare titoli in Tanzania o gioielli, pagare spese personali dei figli e parenti del leader, farsi rimborsare fastosi pranzi e cene non di lavoro? Puoi provare, come ho fatto, a trasferire il concetto, per cui è come se qualcuno arrivasse in casa tua, si portasse via i soldini custoditi nel salvadanaio e li spendesse, al tuo posto, in figurine, gelati, patatine e gormiti.
Il caso Fiorito, agli occhi di mio figlio, non deve esser suonato come una situazione nuova e diversa da quelle già viste in precedenza. Dunque, ad oggi, fortunatamente, non sono ancora arrivate domande. Queste sono giunte, inaspettatamente, su Renzi, che Enrico ha visto più volte in tv, sui giornali che porto a casa la sera, così come quando mi frullo il cervello davanti al pc curiosando qua e là con a fianco Enrico stesso che mi tira per la manica della camicia per giocare con lui.
Uno di questi interrogativi mi ha letteralmente messo k.o. e recitava più o meno così: “papà, ma Renzi spende tanti euro per girare l’Italia?”. Gli ho risposto semplicemente: “credo di sì”.
Oggi che ancora si parla di ostriche, feste, case pagate con i soldi dei contribuenti, ho ripensato alla domanda secca di Enrico su Renzi. Ed al fatto che la mia risposta è stata insufficiente. Avrei dovuto spiegare che Renzi sta facendo una campagna molto costosa, sopra le righe, senza che ci sia alcuna competizione elettorale, con tanto di personale al seguito, utilizzando uno spin doctor che appare un abile venditore di format, più che un approfondito conoscitore del nostro paese, una società di comunicazione e di marketing, un produttore televisivo, eccetera. E che, nonostante Renzi usi risorse private (a proposito, dove è finito il regolamento sul fundraising della fondazione Big Bang promesso per fine giugno?), questa sua roboante e non economica personale campagna elettorale stride con la morigeratezza a cui da tempo sono costretti gran parte dei nostri concittadini. Certo molto meno rispetto alle porcherie di Fiorito e dei suoi amici che hanno sputtanato immense risorse pubbliche.
Voglio però dire, a costo di estremizzare, che le gesta di Fiorito e la campagna di Renzi hanno un tratto comune: ripropongono il grande tema della sobrietà di chi fa politica.
Un valore, questo, che dovrebbe essere posto a fondamento dell’azione politica e che viene invece vergognosamente calpestato da gran parte dei nostri rappresentanti. A destra, come a sinistra. Almeno in questo, cioè nell’infischiarsene di essere sobri e non solo di apparire tali, effettivamente la distinzione tra destra e sinistra non esiste da tempo.
In questo buco nero di sfrenato esibizionismo condito in un culto esaperato della persona, provo grande nostalgia per Romano Prodi. Un uomo, prima ancora che un esponente politico, che ha fatto della sobrietà uno dei suoi principali elementi distintivi. E che. anche per questo, non ha certo dovuto ricorrere all’ostentazione di ostriche, macchinoni, belle donne o alle costose cure di qualche spin doctor per entrare nella storia.