La salute del serpenteRicette ‘rosse’ del medico? Ecco le novità

Tra le novità che ci aspettano al varco in questo settembre incerto ne abbiamo una che già abbiamo toccato con mano: le nostre ricette 'rosse' per  i farmaci non hanno più i nomi di farmaci a noi n...

Tra le novità che ci aspettano al varco in questo settembre incerto ne abbiamo una che già abbiamo toccato con mano: le nostre ricette ‘rosse’ per i farmaci non hanno più i nomi di farmaci a noi noti, ma lettere un pò criptiche stampate, sembra alla rinfusa, una accanto all’altra, che corrispondono ad altrettante medicine senza più il nome commerciale assai più familiare.

Sì, forse alcuni nomi li abbiamo orecchiati, i famosi equivalenti, ma la maggor parte di noi in realtà è più abituata al nome di fantasia che non al principio attivo.

Da ora in poi invece troveremo per lo più solo principi stampati sulla nostra ricetta e addio vecchio nome noto.

Ebbene è proprio così! I medici hanno l’obbligo di indicare il nome generico del farmaco, eccezion fatta per le patologie croniche già in fase di cura, per le quali il medico può continuare a scrivere il nome commerciale, mentre per le malattie croniche curate per la prima volta o in un episodio di malattia acuta dovrà indicare il principio attivo.

Acido acetilsalicilico, paracetamolo, nimesulide, alcuni già li conosciamo, ma certo dire letrozolo, barnidipina, tamsulosina, alfusozina, idroclorotiazide non son certo nomi facili da associare al proprio farmaco.

«Sarà il farmacista» spiega Aurelio Sessa, presidente Simg Lombardia,«a dispensare il farmaco generico, con il costo più basso, che in quel momento ha a disposizione».

Il medico ha comunque la possibilità di scrivere il nome di un farmaco di marca, indicando sempre il nome del principio attivo, con una clausola di “non sostituibilità” motivando sinteticamente la scelta con definizioni tipo ‘scelta dell’assistito’ e/o per ‘motivi clinici’.

Perchè dunque scrivere i principi, anzichè il nome del farmaco?

Per il risparmio nell’ottica delle ormai note paroline straniere ‘spending rewiew‘.

L’equivalente per legge, ricorda Silvio Garattini, deve avere un prezzo ridotto del 20% rispetto a quello di marca.

E’ uguale al nostro solito farmaco?” E’ la domanda più frequente del cittadino.

No, l’italiano è italiano, e l’equivalenza non vuol dire uguaglianza, ma effetto sovrapponibile a quello del farmaco di marca corrispondente, effetto, sottolinea Garattini, stabilito in funzione della purezza del prodotto e della velocità di dissoluzione nel caso si tratti di compresse, e della concentrazione del farmaco nel sangue nell’ambito della variabilità individuale.

Va bene, ma io riconosco dal colore la scatola di medicina che devo assumere, ricorda un anziano paziente e se il farmacista ‘ogni volta mi cambia equivalente, in funzione della disponibilità in farmacia del principio, io non mi ci racccapezzo e non so più cosa devo prendere!

Certo, sembrano dettagli, ma in pazienti in politerapia il problema si pone eccome ed i medici lo stanno evidenziando.

Magari non sarebbe meglio indicare gli equivalenti con colori uguali a seconda della patologia, tipo verde per il diabete, giallo per la pressione, rosso per il cuore e così via?

Certo il risparmio è risparmio e non guarda in faccia il cittadino, chiamato comunque ad esporsi sempre in prima linea.

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