Silvio Berlusconi l’estate scorsa si lanciò in una delle sue scriteriate battute: “Uscire dall’Euro non è una bestemmia”. Allora fu considerata una boutade del cavaliere ma oggi che l’ex presidente del consiglio si rigetta nella mischia elettorale con toni populisti e antieuropei quella battuta potrebbe tornare di attualità. Per spiegare ai lettori quale sarebbe lo scenario di una nostra uscita dall’euro abbiamo scelto tra i tanti studi, un articolo comparso sul quotidiano la Stampa, firmato da Tonia Mastrobuoni, basato su uno studio dell’Ubs.
Avete un mutuo, una macchina, un frigo o un prestito da ripagare? Avete uno stipendio medio, insomma non proprio da nababbi? Siete abituati a viaggiare da un Paese all’altro senza contare i soldi nel portafoglio? Siete abituati a lamentarvi se il latte o il pane aumentano di qualche centesimo? Se a una o più domande avrete risposto di sì, dovrete fare il tifo perché l’Italia non esca mai dall’euro. I buontemponi che in queste settimane si divertono a caldeggiare un ritorno alla lira non spiegano mai gli scenari concreti di un’uscita dalla moneta unica per le vostre tasche. E per l’Italia. Eccoli.
Fallimento dei debiti
Premessa: non esiste una clausola di uscita dall’euro scritta nei Trattati europei. Si può solo uscire dall’Unione europea. Ma poniamo il caso che l’Italia riesca davvero a fare una «secessione» dall’Eurozona. Il primo dilemma sarebbe decidere se convertire o meno tutti i debiti attualmente denominati in euro, compreso quello pubblico da oltre 1.900 miliardi, nella nuova moneta. Schiere di avvocati delle banche o delle finanziarie che detengono titoli di Stato e crediti con l’Italia sarebbero coi fucili puntati, pronti a mettere in dubbio qualsiasi ipotesi di cambio. Meglio, allora, lasciarli in euro?
Anzitutto la lira crollerebbe
A quel punto si aprirebbe un altro scenario terrificante: la lira subirebbe sicuramente una svalutazione molto pesante rispetto all’euro. Un rapporto della banca d’affari Ubs che si esercita proprio sull’ipotesi di uscita dall’Eurozona di un Paese come l’Italia, ritiene probabile, in questo caso, un crollo della lira del 60 per cento. Vuol dire che gli stipendi e le pensioni varrebbero improvvisamenteil 60 per cento in meno. A fine mese, per pagare la solita rata del muto o del frigo bisognerebbe mettere cioè molti più soldi. Facile immaginare che per milioni di persone che hanno pochi margini di risparmio significherebbe perdere case, frigo, automobili o finire pignorati dalle banche. Lo Stato, infine, sarebbe costretto a dichiarare fallimento su un debito più che raddoppiato da un giorno all’altro. In altre parole, come ricordano molti italiani rimasti «bruciati» dai tango bond argentini, non ripagherebbe una parte del debito. Infine, per evitare tracolli e oscillazioni troppo violente della moneta, è probabile anche che si arrivi a un blocco dei capitali. Vuol dire, ad esempio, che per andare all’estero si avranno i soldi contati.
Inflazione e interessi alle stelle
Il fallimento del debito pubblico farebbe schizzare gli interessi alle stelle facendoci velocemente dimenticare questi 13 anni di moneta unica con tassi ai minimi. Per riconquistare la fiducia dei mercati l’onere sui prestiti di ogni tipo balzerebbe, nello scenario Ubs meno pessimista, di ben 7 punti rispetto al livello attuale. Le banche rischierebbero così di paralizzarsi o addirittura di fallire – anche a causa del «bank running», delle corse a ritirare i soldi dai conti e dai depositi che è uno scenario tipico, in questi casi. Allora, chiosa la banca d’affari svizzera, si potrebbe arrivare al totale congelamento del credito. Anche l’inflazione schizzerebbe a livelli inauditi, nel caso di uscita dell’euro e sarebbe aggravata dalla particolare struttura della nostra bilancia commerciale, cioè della differenza che c’è tra entrate e uscite. Siccome in Italia siamo costretti a importare molto e per di più beni insostituibili come l’energia, i prezzi si infiammerebbero ancora di più. Un altro elemento che si mangerebbe pensioni e salari.
L’apnea delle banche
Un dilemma simile a quello per il debito si aprirebbe per i conti o i depositi in euro: convertirli o no? Prima che si arrivi a sciogliere questo dilemma è molto probabile che gli istituti di credito vengano presi d’assalto facendo collassare il sistema. Ma in ogni caso anche qui la mannaia sarebbe comunque la pesante svalutazione rispetto all’euro. Complessivamente, una scelta così drastica come quella di abbandonare l’euro costerebbe a ogni cittadino italiano, secondo Ubs, inizialmente tra 9.500-11.500 euro all’anno. Passata l’emergenza, il costo rimarrebbe comunque alto, tra 3-4000 euro all’anno.