In queste ore, nei corridoi della politica, ci si sta chiedendo come mai Roberto Maroni non abbia ancora manifestato pubblicamente la sua celodurissima indignazione per quanto è stato mandato in onda da Presadiretta domenica sera. Il riferimento è in particolare alla precisa ricostruzione che il giornalista Danilo Procaccianti ha fatto dell’affaire Belsito. In ciò contribuendo peraltro anche a tracciare un profilo umano e psicologico dell’uomo, nelle cui mani la Lega Nord ha messo decine di milioni di euro, per lo più pubblici e che in una intercettazione telefonica si definisce “il tesoriere più pazzo del mondo”.
Il silenzio di Maroni pare incomprensibile. Soprattutto perché il successore di Umberto Bossi, benché mai citato dagli intervistati di Presadiretta, è stato comunque implicitamente tirato in ballo, non solo da Belsito, in merito alla responsabilità nella designazione di quest’ultimo a tesoriere della Lega. Ma pure nella colpa grave di averne tollerato la presenza al governo delle ricche finanze celoduriste. Ciò, nonostante i dubbi sulla trasparenza dell’azione del Belsito siano circolati con forza, e non solo tra i maggiorenti del partito, per tutto il tempo in cui “il tesoriere più pazzo del mondo” ha gestito il patrimonio economico-finanziario della Lega.
Roberto Castelli, di fronte alla telecamera di Procaccianti, ammette candidamente che, prima dell’intervento della magistratura, pur in presenza di perplessità sulla correttezza dell’operato di Belsito, sarebbe stato difficile cacciarlo. Ciò certo a riprova che il forte legame fiduciario che Belsito aveva costruito con Bossi era di per sé garanzia di inamovibilità. Però Castelli dice pure che “Belsito è stata una nomina condivisa da tutti…”. Quel tutti evoca chiaramente non solo il cosiddetto “cerchio magico”, ma i principali e storici compagni di strada del Senatur. Tra cui naturalmente anche Maroni.
La visione di Castelli collima perfettamente con quanto dichiara a Presadiretta, pur in un italiano stentato, lo stesso Belsito. Quando Procaccianti gli domanda se Maroni abbia avanzato perplessità sulla sua nomina a tesoriere o chiesto chi fosse e da dove venisse, Belsito risponde così: “Mi conoscevano tutti, nessuno può dire…ho letto qualcuno che dice che non mi conosceva, mi sembra molto strano, venivano tutti a cena con me…prima di me c’era Balocchi e io ero il suo vice quindi, non è che ha fatto una scelta su un soggetto sconosciuto. Io ero con Balocchi dal 2004, quindi è stato un percorso, non è che mi hanno scelto all’improvviso, passavo per strada…”.
Dunque Belsito, al pari di Castelli, usa quel “tutti”, che è sì un pronome indefinito, ma indica con sufficiente precisione che del “tutti” fa parte anche Maroni.
E in effetti non pare possibile che l’attuale capo della Lega non solo non si sia reso conto di nulla, ma addirittura non sapesse di che pasta fosse fatto Francesco Belsito e quale fosse il suo percorso di carriera. Perché non stiamo mica parlando di un novellino della militanza celodurista. Maroni è uno dei padri fondatori della Lega Nord. E per ben 22 anni è stato l’ombra di Umberto Bossi. Insomma Maroni è quel tipo di dirigente politico che non può non conoscere le pieghe più recondite della vita anche economica del partito, che ha contribuito a creare ed a plasmare.
Qualcosa però non torna rispetto all’atteggiamento di Maroni in tutta questa vicenda. Al netto delle sue generiche invocazioni di pulizia dello scorso aprile, Maroni pare più che altro teso a far scivolare nell’oblio gli scandali e far dimenticare il popolo padano su chi ha investito la Lega Nord per far amministrare le proprie finanze. Se questa è la scelta, allora si capisce perché non si sia voluto fare intervistare da Presadiretta e abbia adottato un basso profilo anche dopo che a milioni di italiani sono state ricordate le porcherie compiute da Belsito con i soldi di “Roma ladrona”.
Ma la Lega Nord ed il suo nuovo leader – che in una conversazione intercettata e riproposta da Presadiretta viene definito dal Senatur “piccolo nanetto rompicazzo” – è probabile che presto, a processi avviati, dovranno fare i conti con un drastico ritorno al recente passato.
Sorridente ma sornione, l’ex tesoriere nell’intervista sostiene di “essere stato messo nell’angolo”, ma lancia messaggi precisi che assomigliano a vere e proprie minacce: “Accetto questa decisione, però di cose da dire poi ce ne sono tante, tantissime. Poi ci sarà qualcuno che al contrario dovrà preoccuparsi”.