Pierluigi Bersani ieri era proprio in vena di fare battute. Un po' velenose, per la verità. Come quella con cui ha commentato alcune proposte dei competitors in tema di fisco. "Oggi le tasse son gi...
Pierluigi Bersani ieri era proprio in vena di fare battute. Un po’ velenose, per la verità. Come quella con cui ha commentato alcune proposte dei competitors in tema di fisco. “Oggi le tasse son già calate di una trentina di miliardi, fra Berlusconi e il nuovo Monti”, ha detto il candidato democratico a Palazzo Chigi.
Che sulla questione fiscale ci sia una corsa a chi promette di più, è a tutti evidente. Andiamo dunque a vedere cosa scrive in merito il Partito Democratico. Nel suo manifesto “L’Italia Giusta” – quattro cartelle, scritte mesi fa e che fanno quasi rimpiangere le 180 pagine del programma dell’Unione del 2006 – la ricetta è così declinata: “il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari…Quarto passo è mettere in campo politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile”.
In queste due righe sarebbe condensata la proposta dei Democrats italiani sulle tasse. Due righe che peraltro l’elettore medio non avvezzo a usare la funzione “trova” della barra degli strumenti del pc, farà fatica a individuare. Perchè le 40 parole che il Pd dedica al fisco sono confuse nelle dichiarazioni di principio sul lavoro.
La mossa comunicativa potrebbe apparire astuta. Perché la estrema genericità dei due passaggi garantisce la possibilità di alludere ad una vastissima gamma di soluzioni, senza così correre il rischio di dover rendere conto, una volta al governo, di promesse troppo precise e magari inattuabili.
C’è però da considerare che gli italiani, reduci come sono da un salasso fiscale senza precedenti, hanno comprensibilmente l’aspettativa di vedere diminuire il sempre più soffocante carico di tributi. Ed hanno voglia di poter leggere o ascoltare – senza correre il rischio di farsi prendere per l’ennesima volta per i fondelli – come i partiti, con un approccio sufficientemente articolato, faranno scendere quel 56 per cento di prelievo che all’Italia vale il primato mondiale di tassazione.
Dunque la vaghezza e la pochezza della piattaforma democratica su un argomento così sentito, ma nello stesso tempo così decisivo per dare ossigeno al Paese, non suona come un buon biglietto da visita. Ed accresce la sensazione che il Pd sul fisco non abbia un preciso programma. Una sensazione che per giunta hanno contribuito ad avvalorare le seguenti parole pronunciate sempre ieri da Bersani, in risposta a Monti: nel 2013 bisogna certo pensare “a un abbassamento del carico fiscale a vantaggio di lavoratori, pensionati e chi investe per dare lavoro. Noi siamo per la progressività sulle imposte come l’Imu fino a 500 euro, e da quel che ricavi dalla fedeltà fiscale, dal controllo della spesa pubblica e dalla dismissione del patrimonio si deve pensare a un abbassamento del carico fiscale”.
Concretamente quindi non è chiaro cosa abbia voluto dire Bersani, quali misure abbia in mente, quali fasce di reddito voglia liberare più di altre dal peso tributario, come intenda rendere meno oppressivo il fisco per le imprese, in che modo voglia mettere sotto controllo la spesa pubblica, e così via.
Insomma Bersani faccia attenzione a non ironizzare troppo sulle proposte di riduzione fiscale di Monti e Berlusconi. Perché per questi ultimi sarebbe ancora più facile prendersi gioco del Pd, che di ricette sulle tasse pare non averne.