Cazza la randaBeppe Grillo ha ragione. Il senso della battuta su Al Qaeda

Ieri Beppe Grillo, nella tappa bolognese del suo "tsunami tour", ha invitato Al Qaeda a bombardare il Parlamento. Le persone in buona fede e dotate di minimo raziocinio hanno capito bene quale fos...

Ieri Beppe Grillo, nella tappa bolognese del suo “tsunami tour”, ha invitato Al Qaeda a bombardare il Parlamento. Le persone in buona fede e dotate di minimo raziocinio hanno capito bene quale fosse il senso di tale battuta. E tanta gente per bene, moderata nell’anima, ma incazzata nera per la deriva immorale del proprio paese – e che probabilmente non voterà Beppe Grillo semplicemente perché deciderà di astenersi – ha condiviso il simbolico appello di Grillo. Affinché finalmente qualcuno liberi l’Italia dalla pessima classe politica che si ritrova. All’interno della quale, sia bene inteso, ci sono persone oneste e capaci. Ma costituiscono purtroppo una minoranza, ininfluente e perennemente destinata ad essere sopraffatta da una trasversale maggioranza di cialtroni.

Il livello di cialtroneria è di nuovo emerso con forza in relazione alle grosse porcherie del Monte dei Paschi. “Il più grande scandalo della storia con Parmalat e Banco Ambrosiano”, ha giustamente sentenziato lo stesso Grillo. In ballo non ci sono solo 6 milioni di conti correnti, 4 miliardi di denaro pubblico elargito con leggerezza e la sopravvivenza del più antico istituto bancario. C’è in gioco la poca residua credibilità del paese. Eppure da settimane è una corsa collettiva allo scaricabarile. Avete visto o sentito qualcuno della nostra pseudo-classe dirigente che si sia assunto una responsabilità, per lo meno morale, per i fatti accaduti? Nes-su-no.

Nessuno, dentro il Partito Democratico – che ha una oggettiva grave colpa per aver puntato su persone sbagliate dentro la Fondazione e al comando della banca – ha avuto l’onestà intellettuale di ammettere almeno di aver compiuto scelte scellerate.

I controlli interni non hanno funzionato, si è detto da più parti. Ebbene ieri, puntuale, dalle colonne del Corriere della Sera, è arrivato il rimpallo di responsabilità da parte di Di Tanno, presidente del collegio sindacale di Mps ed arrivato là anche per la sua vicinanza a leader del Pd come D’Alema e Visco.

Peraltro, chi ignora i “giochini” dell’informazione italica, sarà rimasto stupito che Sergio Rizzo, sedicente fustigatore del sistema, abbia dedicato a Di Tanno un’intervista che ha occupato tutta la terza pagina del giornale. Ciò, benché Di Tanno sia indagato da mesi rispetto a presunti “reati di manipolazione del mercato ed ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza in relazione alle operazioni finanziarie di reperimento delle risorse necessarie alla acquisizione di Banca Antonveneta ed ai finanziamenti in essere a favore della Fondazione Monte dei Paschi”.

Non parliamo poi della Banca d’Italia, che ha dovuto addirittura chiedere soccorso al Presidente della Repubblica per tentare di far bere agli italiani che l’attività di vigilanza sia stata svolta con la diligenza del buon padre di famiglia. Salvo continuare ad omettere di dare spiegazione sul perché – come ha sottolineato l’ottimo Lorenzo Dilena nei giorni scorsi – nessun provvedimento sia stato preso nei confronti di Mps e si sia permesso che questa mettesse in opera operazioni speculative, nonostante l’ispezione del 2010 avesse rilavato una situazione fortemente critica.

Dunque, anche sulla vicenda Mps, assistiamo, con crescente disgusto, alla messa in scena dello stesso copione visto tante altre volte. Quello in cui nessuno, tra coloro che hanno avuto responsabilità dirette ed indirette, se ne prende su di sè almeno una parte.

Ieri, in rete, tanti esponenti del Pd hanno manifestato, col consueto atteggiamento sprezzante e da primi della classe, viva disapprovazione per le parole di Grillo. Sbagliano, per l’ennesima volta. Dimostrando ancora di più di essere distanti anni luce dalle pulsioni che animano un pezzo importante del loro stesso elettorato, in parte in fuoriuscita anche per il caso Mps. E soprattutto non comprendendo che il vero scandalo non è rappresentato dai giudizi forti di Grillo. Ma semmai dal fatto che una sempre più squalificata classe dirigente, autoreferenziale, dedita a curare gli affari propri e dei propri amici, per giunta senza uno straccio di progetto-paese in testa, possa ancora avere voce in capitolo sul destino dell’Italia.

@albcrepaldi

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