Domani, 10 febbraio, è il “giorno del ricordo”. Ed è un giorno in gran parte rivendicato e vissuto solo dalla destra estrema in Italia.
A me pare che questo rappresenti l’ennesima occasione mancata per creare una coscienza civile storicamente informata. Mi spiego.
Il tema delle foibe non è un tema di destra e certo che per sessanta anni in Italia chi ne ha parlato è stata in gran parte la destra italiana. Ne ha parlato perché quella vicenda è stata raccontata come un tradimento rispetto a italiani che erano stati lasciati soli (nel maggio 1945) e non difesi (a Parigi nel 1947) dal governo italiano, allora guidato dal democristiano Alcide De Gasperi.
Ma la questione delle foibe nel 1945 sta anche dentro una storia più lunga, che riguarda: gli sloveni discriminati sia dagli italiani che dai croati dal 1918 in avanti (penso a ciò che ha scritto Boris Pahor, per esempio); dentro il comportamento dell’esercito del Regno d’Italia e dalle stragi condotte dall’occupante italiano tra il 1940 e il 1943 (penso, per esempio, al volume di Davide Rodogno,Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista (1940-1943), Bollati Boringhieri); dal comportamento delle truppe titine; dal silenzio della sinistra italiana su quella vicenda.
Insomma la storia va raccontata “a parte intera” e “tutta intera”. Questo non ha fatto gran parte del sistema culturale italiano, soprattutto nei suoi organi di diffusione di massa (ovvero televisione e stampa a grande tiratura). L’ha fatto, invece, la storiografia in gran parte quella degli ultimi venti anni (penso ai volumi di Giampaolo Valdevit; Raoul Pupo; Guido Crainz, Gianni Oliva; tra gli altri.). Ma quanti li hanno letti.? Sono pessimista se penso che siamo pochi?
Ora non diversa è la questione del “giorno del ricordo”. Non contesto il fatto che sia stata votata una legge a larghissima maggioranza.
Il problema è che le date che si scelgono e il significato che si danno a quelle date devono coincidere oppure se non coincidono esprimono la memoria di ciò che in quel giorno è accaduto. Ecco perché dire giornata del ricordo, dire foibe e dire 10 febbraio significa decidere che le foibe sono spiegate da chi dichiarò quel giorno il “giorno del tradimento” e non riflettere su ciò che le foibe raccontano come storia: Un luogo , dove ricordiamolo non sono finiti solo gli italiani e dove in un arco di tempo più lungo sono finiti anche akltri spintri e dagli italiani. In breve dove le vittime e i carnefici cambiano spesso ruolo.
Ma la questione è oltremodo complicata anche da un altro fatto. La decisione di varare la “giornata del ricordo” emerge nell’Italia che ha posto il problema della “giornata della memoria”, una giornata in cui il problema è quello di ciò che gli italiani hanno fatto gli altri (anche se poi di questo si fa di tutto per non parlarne),un paradigma che in un paese che ha sempre raccontato se stesso come vittima, come “capro espiatorio” delle cattiverie di altri, doveva essere riequilibrato con una giornata che esprimesse come contenuto “ciò che gli altri hanno fatto a noi”.
E allora si spiega, forse, il motivo, per cui la giornata dedicata alle foibe è il 10 febbraio e non un’altra data. Perché lì il problema, non era solo inserire nel calendario civile dell’Italia repubblicana, una storia dimenticata o una storia negletta.
Il problema era duplice: far uscire la destra italiana dal cono d’ombra dove l’aveva rinchiusa il “giorno della memoria” e rovesciare il paradigma che sottosta, almeno nelle intenzioni, al giorno della memoria (ovvero che noi italiani facciamo i conti con le pagine oscure che abbiamo prodotto) e per questa via ritrovare l’innocenza perduta. In breve rifondare il mito della nostra bravura e della nostra bontà, perduto intorno alla macchina distruttiva dei genocidi della seconda guerra mondiale.
Quanto di tutto questo sta dentro al “giorno del ricordo” e alla retorica che l’accompagna?
E’ irriverente chiederlo nel “giorno del ricordo”? Qualcuno mai risponderà?