La lucida analisi di Marco Alfieri stimola alcune considerazioni.
Innanzitutto al fine di affermare l’opportunità che la magistratura faccia fino in fondo il suo dovere. Anche se questo non servirà a cambiare le “regole del gioco”. Perché dopo l’ennesima decapitazione per via giudiziaria dei maggiordomi dei partiti piazzati nei CdA di aziende strategiche come Finmeccanica, si riproporranno e continueranno a dominare i rodatissimi meccanismi di cooptazione clientelare a cui nessuno si sottrae. A destra, come a sinistra. In un certo senso di ciò si trae conferma dalle prime parole pronunciate dal professor Monti stamane, a commento dell’arresto di Orsi. “C‘è un problema relativo alla governance che affronteremo”, ha detto il premier.
Al di là di questo aspetto, il dramma vero risiede nel fatto, confermato una volta di più da questa ignobile campagna elettorale, che la politica, salvo rare eccezioni, non sa nemmeno da dove partire per abbozzare una minima strategia di politica industriale.
La curiosità mi ha spinto nei giorni scorsi ad andare a vedere cosa dicono i vari programmi elettorali sul tema. E’ una valle di lacrime! Il Partito Democratico ed il Popolo delle Libertà, per una volta, potrebbero essere alleati, visto che di politica industriale, nelle rispettive piattaforme, non c’è traccia. Alcuni dirigenti del Pd vanno in giro dicendo che bisognerebbe proporre “Industria 2020”, una sorta di aggiornamento di “Industria 2015”, evidentemente ignorando che quel programma è stato un fallimento pressoché totale. Beninteso, non certo per responsabilità di chi ha contribuito, anima e corpo, a definirne l’ossatura. Semmai soprattutto per colpa di una tecnocrazia capace di sommergere di burocrazia anche l’emissione di un rutto.
Nell’agenda Monti troviamo un capitolo denominato “rivitalizzare la vocazione industriale dell’Italia”, nel quale sono però elencate soprattutto banalità trite e ritrite. Sentite evocare in questi anni così tante volte, che sono ormai diventate un disco rotto.
Tremonti, che di economia-reale si intende, si limita poi a dichiararsi a favore della manifattura, oltreché a favore del lavoro, della produzione, e dei servizi, dell’industria e delle partite IVA ed anche a favore delle banche che fanno credito produttivo. Insomma il leader della lista 3L è a favore di tutto e tutti!
Doppio beneficio Un progetto per trasformare i rifiuti marini in carburante per i pescatori
Per un futuro edibile Vino, rete e sostenibilità
2024-2029Le necessarie linee guida politiche della prossima Commissione europea
Chicchi di designL’evoluzione dei café viennesi passa anche attraverso le sedie
Potrei continuare citando altri casi illuminanti del quadro programmatico desolante nel quale l’industria non ha il posto che si dovrebbe meritare. Ma servirebbe solo a deprimere i lettori, oltreché il sottoscritto.
Alfieri fa un passaggio opportuno sul ruolo che potrebbe essere rivestito con maggiore efficacia dalla Cassa Depositi e Presìtiti in un possibile processo di re-industrializzazione.
Sono convinto che la CdP potrebbe essere davvero un formidabile strumento di politica industriale. Ci sono però a mio avviso tre pre-condizioni perché questo possa avvenire: che la sua mission sia fortemente focalizzata sul sostegno all’industria e smetta di essere dispersa in tutta una serie di azioni inutili, dannose e marchettare o, peggio ancora, in giochini di alta finanza; che la politica faccia un passo indietro nella scelta della prossima governance; che le Fondazioni escano dal capitale per farvi entrare investitori privati. Portatori, questi ultimi, di capitali, ma soprattutto di nuove visioni.
@albcrepaldi