Questo non vuol essere un articolo pro o contro il sistema Mose. Vuol solamente dimostrare quanto sia delicato il sistema lagunare veneziano e quanto i nostri avi abbiamo deciso di preservare la città di Venezia a scapito della natura circostante. D’accordo erano altri tempi, ma senza questi lavori invasivi, la città non sarebbe sopravvissuta per così lungo tempo
Venezia è una realtà unica al mondo grazie alla sua laguna. Non c’è altra città che ne conservi le stesse peculiarità. Venezia non esisterebbe senza la sua laguna, così come la laguna non esisterebbe senza i Veneziani. La natura, infatti, non fu sempre clemente con la popolazione che scappò dalle furie longobarde nel VI secolo. Paolo Diacono, ad esempio, ci ricorda della grandissima inondazione che colpì le valli venete per via dell’esondazione dell’Adige che al tempo sfociava in laguna.
« un diluvio d’acqua […] che si ritiene non ci fosse stato dal tempo di Noè. Furono ridotti in rovina campagne e borghi, ci furono grosse perdite di vite umane e animali. Furono spazzati via i sentieri e distrutte le strade; il livello dell’Adige salì fino a raggiungere le finestre superiori della basilica di San Zeno martire, che si trova fuori le mura della città di Verona […] Anche una parte delle mura della stessa città di Verona fu distrutta dall’inondazione. » (Paolo Diacono HL, III, 23)
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente aveva ridimensionato notevolmente gli interventi di manutenzione degli alvei dei molti fiumi presenti nella penisola, ovviamente il Veneto e la laguna non ne erano esenti. Bastava una pioggia più abbondante, oppure una stagione particolarmente fredda, per sbilanciare e rovinare una precarissima situazione ambientale.
Al tempo della nascita di Venezia, i fiumi veneti (Sile, Brenta, Adige per citare i più importanti) sfociavano in laguna. Se da un lato furono proprio queste azioni a permettere l’esistenza dello stesso ecosistema veneziano, dall’altro impediva alla nascitura città lagunare di prosperare. I Veneziani, infatti, si erano accorti che i fiumi gettavano in laguna sempre più sabbia e materiale fangoso, portando così, in qualche secolo, la bellissima e particolarissima situazione venetica in una grande distesa sabbiosa.
I primi interventi iniziarono nel XIV secolo, quando la scienza aveva iniziato a prendere coscienza del problema e aveva permesso di produrre delle valide risposte.
Il 16 febbraio del 1330, il Consiglio dei Pregadi, ossia il Senato della giovane Repubblica, promulgò una nuova legge in materia di conservazione della laguna. Il problema era il Brenta e il suo delta che si trovava nella parte nord e che scaricava in laguna tonnellate di detriti ostruendo i canali e inibendo la navigazione.
Nel 1336, venne scavato il canale chiamato Orfano, per aiutare il Brenta a trovare altre vie lontane da Venezia. Nel 1339 venne realizzato una grande opera, lunghissima, che andava dal margine lagunare vicino a Mestre e che si estendeva fino alla località di Dogaletto. Questa nuovo imponente costruzione prese il nome di Argine de Intestadura. Che compito aveva questo argine? Semplice, sbarrava la foce del Brenta presso Lizzafusina, così come a molti suoi alvei e altri corsi d’acqua (Volpadego, Tergola, Clarino, Avesa, Laroncelo, Vigilio, Uxor, Muson, Una, Bottenigo, Lenzina). L’acqua veniva convogliata attraverso un canale artificiale, chiamato Tajada, la nuova foce del Brenta venne chiamata, per via della sua forma assomigliante ad un aglio, Resta d’Ajio e fu spostata molto più a ovest.
Una volta finito il lavoro con il Brenta, nel 1361, si diede inizia ad un nuovo progetto. I lavori diedero luce ad un grande canale che avrebbe collegato la laguna con il Castello di Mestre. Questo canale, ancora visibile, chiamato inizialmente Fossa Gradeniga (forse da chi l’avevo progettato) per poi cambiare nome nell’odierno Canal Salso, permetteva degli scambi commerciali agevoli tra Venezia e la terraferma, istituendo così un nuovo polo commerciale, a ridosso delle fortificazioni mestrine e al posto dell’antico Porto di Cavergnago.
Il nuovo sistema però mostrò le prime crepe qualche anno dopo. L’argine iniziò ad ostruirsi piano piano, per via dell’immense quantità di detriti che portava il Brenta, e questo provocò diversi allagamenti nelle zone limitrofe. Il governo decise così di costruire un sistema di chiuse nel nuovo canale Visigone che portava l’acqua in laguna. Dei funzionari sceglievano, in base alla quantità d’acqua, se aprire o chiudere le piccole dighe per permettere un deflusso regolare verso la laguna.
Il Brenta, però, continuava a dare dei grossi problemi e così la Repubblica intervenne nuovamente, tra il 1488 e il 1507, con un ulteriore sbarramento composto da chiuse nei pressi della cittadina di Dolo. Il resto del fiume venne poi deviato verso un nuovo canale, che prese il nome altisonante di Brentone che poi sarebbe sfociato a Codevigo nella parte sud della laguna.
Fu poi il turno del Marzenego che fu fatto confluire nella foce del Dese che si trovava nella parte settentrionale della laguna. Visto che il sistema dava buoni risultati, si decise di inserire anche il fiume Zero che prima era affluente del Sile. Si smorzava così la forza dei grandi fiumi, dividendoli in molti più piccoli, ecco la strategia degli “ingegneri” serenissimi.
Nel 1533 ci fu una grande alluvione. Il Piave esondò nella parte destra confluendo così nel letto del Sile, i risultati furono catastrofici e provocarono grandi e diffusi interramenti nella laguna nord nei pressi di Torcello, Burano e Mazzorbo. Pare che non ci fosse differenza tra laguna e terraferma tanti erano i detriti giunti lì. Il Senato, preoccupatissimo della situazione, promulgò un nuovo piano d’intervento, questa volta molto più invasivo. Venne costruito un possente argine nel 1543 che prese il nome di San Marco, nella speranza che avesse le stesse capacità anche contro la natura. Venne realizzato in una posizione leggermente più distanziata dal letto del fiume Piave, così da prevenire le possibile e future alluvioni e proteggere così la laguna dalle inondazioni.
Tra il 1565 e il 1579 fu il turno del Piave che fu deviato più a nord grazie ad un nuovo canale che prese il nome di Tajada de Re.
Il lavoro, che ebbe un impatto maggiore sul sistema naturale, fu compiuto tra il 1600 e il 1604, quando la Repubblica fece deviare il braccio principale del Po, quello di Tramontana, spostando verso oriente il fiume, attraverso un nuovo canale. Questo cambiamento fu così importante, anche a livello naturalistico, che il sistema del Delta si espanse velocemente verso est delle terre emerse, aumentando di molto gli spazi agricoli e abitabili di quella zona. Si crearono, così, nuovi ambienti verso il dominio veneziano e l’Adige fu fatto sfociare in mare aperto, eliminando così il problema alla radice.
Ma la Serenissima non si fermò a questi interventi! I vecchi progetti dei secoli precedenti non davano sufficiente garanzia e quindi il Maggior Consiglio diede ordine a Gianluigi Gallesi, nel 1604, di sistemare una volta per tutto il problema Brenta. L’architetto dell’epoca si mise subito all’opera e il suo progetto vide luce nove anni dopo, nel 1613, quando venne inaugurato il Taglio Nuovo del Musone. Questo nuovo intervento seguiva un po’ la vecchia politica della divisione dei fiumi per ridurne la forza e l’impeto, e questa volta no fu da meno. Vennero creati il Muson Vecchio e il Muson dei Sassi e le loro acque vennero convogliate fino al grande fiume Brenta. A Mira, dove avveniva la confluenza tra i tre fiumi, venne costruito un nuovo canale, chiamato Taglio Nuovissimo, che portava le acque fino a Chioggia. Lo stesso procedimento venne utilizzato per il Piave. L’architetto nominato fu Sebastiano Benoti.
Nel 1642 venne costruito un grande Argine de Intestadura nelle vicinanze di Musile con un canale che portava la foce ancora più a nord. Il sistema non durò molto, ebbe un grosso problema nel 1683 e questo fece decidere per un ulteriore intervento che portò, oltre al Piave, pure il Sile ad essere totalmente allontanati dalla Laguna. Fu così che Brenta, Adige, Piave e Sile, vennero definitivamente dirottati verso il mare aperto lasciando così intatta la laguna. Senza questi interventi poderosi e assai invasivi, Venezia sarebbe stata sepolta dai detriti naturali e oggi sarebbe una comunissima città, come tutte le altre presenti nel resto del mondo. Invece il governo della Serenissima investì una fortuna nella tutela della laguna, cambiando il corso dei fiumi, costruendo canali e rendendo la laguna una finzione. Ma è grazie a queste opere, costosissime per l’epoca (anche per la loro manutenzione), che Venezia poté superare indenne quei periodi e apparire nella sua straordinaria e unica bellezza.
Fonti
wikipedia
Camillo Pavan, Sile. Alla scoperta del fiume. Immagini, storia, itinerari, Treviso, Pavan, 1991.
Immagini
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