Evviva la domenica, la giornata che dedico di più alla cucina.
Eh sì, perchè il palato ha pur sempre le sue esigenze e preparare un pasto con una calma ,magari solo apparente, fa risaltare la mia (modesta) esperienza culinaria.
La quale si avvale di molti strumenti pratici che consentono un bel risparmio di tempo sulla tabella di marcia che segna perennemente un valore negativo.
Ciò detto, proprio mentre ero lì, intenta a staccare un bel rettangolo di pellicola di alluminio per il mio pesce al cartoccio, una vocina dentro si desta e comincia a martellarmi con una domanda: ma di quanto alluminio è fatta la nostra vita quotidiana?
Ok, ho capito, il pesce mi osserva e par che dica: guardati intorno, qui solo in cucina, e ti renderai conto di quanto alluminio sa la tua casa.
Basta aprire il frigo e: burro con carta argentata, yogurt con coperchio argentato, formaggi stagionati con involucro argentato, emulsionanti ed altri additivi che lo mascherano nelle loro sigle.
Chiudo inorridita il frigor, ma la credenza grida, a sua volta, vendetta: biscotti con carta stagnola, il cacao in polvere in argentei sacchetti, i tetrapack del latte a lunga conservazione, i succhi di frutta in brick, le lattine di bibite e poi ancora tutte quelle comode vaschette di ogni forma e dimensione, suadenti persuasori a risparmiare il lavaggio di pirofile varie.
Ed è anche vero che non tutti i cibi sono adatti ad esse, e spesso lo scordo: per esempio gli alimenti acidi, tipo pomodoro, sottaceti o aceto, purea di mela, e quelli salati facilitano il rilascio di alluminio e questo riguarda anche le batterie di pentole e padelle padelle, tanto usate nei ristoranti.
Ma il problema è anche più subliminarmente subdolo perchè, secondo il parere dell’EFSA “la maggior parte degli alimenti non trasformati contiene di norma meno di 5 mg di alluminio per chilogrammo, però concentrazioni con livelli medi compresi tra 5 e 10 mg/kg sono state riscontrate frequentemente nel pane, nei dolci da forno e nella pasticceria (con i valori più elevati nei biscotti), in alcuni tipi di verdura (i valori più elevati in funghi, spinaci, ravanelli, bietola da coste, lattuga e valerianella), frutta glassata, prodotti caseari, salsicce, frattaglie, molluschi, cibi ricchi di zuccheri, preparati per panificazione e la maggioranza dei farinacei e delle farine. Gli alimenti con concentrazioni medie molto elevate comprendono foglie di tè, erbe aromatiche, cacao e prodotti a base di cacao, spezie.”
L’assorbimento orale dagli alimenti può variare molto, a seconda delle forme chimiche che sono presenti.
Infatti composti idrosolubili o la presenza nell’intestino di sostanze come il citrato o il lattato può farlo aumentare così come invece il fosfato, il silicio o i polifenoli possono diminuirlo.
Aiutoooo!
E la situazione non migliora correndo dalla cucina al bagno dove in bella mostra trovo il deodorante che contiene alluminio come antitraspirante e che non dovrebbe mai essere usato dopo rasatura o in caso di lesione della pelle o i tubetti dei dentifrici, rivestiti all’interno dalla stagnola.
Ma la vera sorpresa arriva dall’armadietto dei medicinali, dove l’alluminio è il principe dei metalli, onnipresente: i comuni prodotti antiacidi ai quali ricorro per il bruciorino di stomaco lo contengono , come il Maalox, o il Riopan gel che cela sotto il nome complicato, ma innocuo, di magaldrato, l’idrossido di alluminio e magnesio.
Forse non ho mai fatto eccessivamente caso ai blister delle compresse e delle supposte, ai tubetti di pomate: hanno tutti packaging con lo sfondo di alluminio.
Nei nostri farmaci dunque il metallo è diffuso, è diffuso ovunque.
Per non parlare poi dei vaccini, che contengono anche il mercurio, rame e cristalli di acciaio e che, attualmente, sono oggetto di inchiesta della procura di Padova per danni a militari italiani in seguito a vaccinazioni, che sono state troppe e troppo ravvicinate tali da aver indebolito il sistema immunitario fino a provocare patologie anche gravi.
Ma che destino ha l’argenteo metallo nel nostro corpo?
Si distribuisce in tutti i tessuti degli animali e dell’uomo accumulandosi in alcuni di essi, in particolare nelle ossa.
Il principale trasportatore degli ioni di alluminio nel plasma è la transferrina, una proteina che lega il ferro.
L’alluminio è in grado di penetrare nel cervello, dove accumulandosi può predisporre a malattie degenerative come l’Alzheimer o il morbo di Parkinson; raggiunge la placenta e il feto.
Può persistere molto a lungo in vari organi e tessuti prima di essere escreto con l’urina.
E allora, “di quanto alluminio è fatta la nostra vita quotidiana?” era la domanda di partenza quando mi stavo accingendo a cucinare il mio pesce: il quadro emergente, incorniciato da cotanto metallo ed impregnato del medesimo, non è affatto rassicurante, i nostri usi domestici ne sono colmi ovunque, senza osare calcolare quello che si incontra fuori dai vani domiciliari.
E ciò che più inquieta in cucina è che non si può stabilire quanto ogni singola fonte rilasci alluminio, ma si può solo determinare la quantità di esso presente in un determinato alimento.
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