Lo scorso giovedì 17 aprile si è tenuto l’incontro “Quo vadis, casa?”, alla seconda edizione, organizzato dal portale di annunci immobiliari Idealista.it, che mi ha visto tra gli invitati al dibattito, in questo think tank di giornalisti, operatori e consulenti immobiliari. Un’occasione per fare il punto della situazione sul mercato immobiliare italiano.
Partecipanti. Oltre al sottoscritto, nella duplice veste di professionista e blogger de Linkiesta, erano presenti Luca Dondi di Nomisma, i giornalisti Paola Dezza de Il Sole 24 Ore e Gino Pagliuca del Corriere della Sera, Marco Dettori direttore della Borsa Immobiliare di Milano e Matteo Pedretti, sempre di OSMI, Giuliano Olivati, presidente Fiaip Bergamo e direttore dell’omonimo Osservatorio immobiliare, Stefano Magnolfi di CRIF, Ezio Bruna economista dell’Università di Torino, e gli operatori immobiliari Gianluca Santacatterina di Luxury & Tourism e Roberto Trevisio di Viager. E, per finire, i padroni di casa Fernando Encinar cofondatore e capo ufficio studi di Idealista.com, Vincenzo De Tommaso e Leonardo Vilei dell’ufficio stampa di Idealista.it
I temi trattati sono stati vari, così come le discussioni, e le condivisioni su tanti aspetti, ma non su tutto. Il primo elemento che ha visto il parterre completamente d’accordo ha riguardato l’IMU: una tassa sulla proprietà della casa esiste in tutta Europa, e in gran parte dei Paesi del mondo, e, a parere di tutti non è stata questa imposta a decretare la discesa dei prezzi dai massimi del 2006-2007, o la caduta delle compravendite. L’anomalia era, di fatto, tutta italiana, e l’introduzione dell’IMU, dopo lo “shock” e le proteste iniziali che hanno segnato anche l’ultima campagna elettorale, è già stata, se non del tutto, in gran parte assorbita dal mercato.
Più acceso è stato invece il confronto su due temi caldi: il calo dei prezzi e il ruolo delle banche. Se da un lato è palese che uno tra i principali settori dell’economia italiana – a detta di qualcuno IL principale settore – è ancora privo nel 2013 di dati raccolti con metodo scientifico, dati seri e sempre disponibili anche per microzone, ma si basa invece ancora sui vani, è indubbio un certo scostamento tra i dati ufficiali e quelli di mercato. È chiaro che non esiste UN prezzo assoluto, vuoi per il prezzo richiesto dal venditore e pubblicato sui portali di annunci, quello proposto dal venditore, quello risultante dall’atto notarile, quello rilevato dell’Istat, quello dell’Agenzia del Territorio (ora incorporata nell’Agenzia delle Entrate), e dai vari centri studi di società private, ma è emerso abbastanza chiaramente, e in maniera non velata che, specie in questa fase di discesa dei prezzi, la diffusione di dati con cali troppo sensibili (nell’ordine delle due cifre) viene di fatto “avversata” per paura che ciò possa portare ad una revisione al ribasso delle rendite catastali con conseguente calo del gettito erariale.
E qui entra in gioco il ruolo delle banche. Gli istituti di credito, a cui bisogna aggiungere le società di leasing, sono, di fatto, oggi i più grandi proprietari immobiliari italiani. Come avevo scritto nel prezzo precedente, già oggi le banche sono alle prese, chi più, chi meno, con importanti rettifiche di bilancio sui crediti alla clientela, e proprio per questo si stanno attrezzando per trovare una via d’uscita al sempre maggior numero di immobili e fabbricati che si trovano a gestire direttamente. Tre le soluzioni, di cui due in parte già riscontrabili oggigiorno: 1) la creazione di una divisione real estate all’interno dell’istituto per la gestione e valorizzazione degli immobili; 2) l’apporto (non la cessione, attenzione!) di portafogli immobiliari a fondi di investimento immobiliari, attraverso i quali gestire il repricing e il rientro di almeno una parte dell’esposizione; 3) la creazione di una bad bank italiana, sulla sorta del modello spagnolo, soluzione questa ritenuta al momento poco praticabile, se non a fronte, di un improvviso fattore scatenante a livello macroeconomico. È stata opinione condivisa, comunque, il fatto che le banche nei prossimi anni si “arroccheranno”, finanziando sempre meno nuove costruzioni e sempre di più il cliente finale, il privato, per riuscire a smaltire lo stock di invenduto a cui si trovano oggi, indirettamente, a far fronte.
E proprio per questo motivo, formule “alternative” come il subaffitto delle stanze, l’affitto a riscatto o la vendita della nuda proprietà, stanno trovando una diffusione maggiore, anche se, certamente non risolutiva per il mercato immobiliare. Come ho scritto in altri pezzi, è chiaro che il modello immobiliare italiano, fondato sul debito, sulla costruzione diffusa basata sulla convinzione di un riassorbimento dello stock immobiliare, e sulla semplice rivalutazione, doveva prima o poi terminare. E, chiariamolo, non ritornerà più.
Le prospettive finali, non sono all’insegna dell’ottimismo, ma della semplice e dura realtà: un continuo calo dei prezzi sia per il 2013, che per il 2014, vuoi per alcune semplici considerazioni: con una situazione economica sempre più preoccupante, la stretta sui mutui e la quota sempre maggiore di equity per finanziare l’acquisto, e soprattutto con un turnover limitato a causa dell’altissimo numero di proprietari, tutte questi sono fattori che andranno a incidere sul calo generale dei valori, con diminuzioni di prezzo diverse per area e per tipologia di immobile.
In conclusione, un ottimo incontro con spunti interessanti, e un bel gruppo di professionisti, in vari campi, un gruppo non autoreferenziale proprio perché ha unito i dati dei vari centri studi, con l’opinione di chi scrivi di immobiliare, e soprattutto di chi, in questo mondo ci lavora tutti i giorni, e tutti i giorni si trova a far fronte alle difficoltà del settore.
La difficoltà maggiore? Far comprendere che la propria casa non è quel “tesoro” che il proprietario pensa, ma è una ricchezza virtuale, che oggi, vale meno dell’idea che si ha in testa, e non più di quanto offra un possibile acquirente.