C’è un elemento, sottile ma resistente, che lega due avvenimenti apparentemente molto lontani tra loro: le manifestazioni di piazza per il sostegno al “metodo stamina” e quelle per l’elezione del Presidente della Repubblica. E questo elemento è la diffusa e preoccupante mancanza di capacità critica, che deriva da una forte ignoranza (anche) scientifica.
Ciò a cui mi riferisco non è il nozionismo di base sulle eclissi o su uno dei principi della termodinamica, quanto i più elementari strumenti di ragionamento tipici del metodo scientifico, che consentono di analizzare le informazioni e, nel caso, confutarle efficacemente. Già Keynes diceva che sono necessari sia il «Financial Times» (le notizie, i fatti) sia la teoria per interpretarli, altrimenti i fatti restano, nella migliore delle ipotesi, muti. O peggio, essi potranno essere manipolati a piacimento, creando un “senso comune” che costruisce false credenze più o meno dannose, senza far fare un solo passo nella direzione della comprensione della realtà che ci circonda.
E così abbiamo assistito nelle scorse settimane a manifestazioni di genitori legittimamente preoccupati per la salute dei loro figli che hanno portato, anche grazie al forte sostegno mediatico, il Consiglio dei Ministri ad acconsentire alla prosecuzione di cure non testate e “non conformi alla normativa vigente”.
Ma se da un lato è normale che si creino tensioni di fronte a vicende emotivamente forti come quella dei bambini che soffrono, dall’altro è innegabile che la voce della scienza è rimasta ancora una volta inascoltata, soprattutto per un motivo oggettivamente imperdonabile: i ricercatori e gli studiosi non sanno parlare alla gente comune. E così si lascia spazio a santoni, a guru e pifferai (vi ricordate il “metodo Di Bella” per la guarigione dai tumori?), e si regala una dignità persino alle superstizioni di ogni genere.
Nella fattispecie poi, sono fortemente colpevoli anche istituzioni quali la Chiesa che, pur di difendere posizioni ideologiche (il “metodo stamina” infatti utilizza solo cellule staminali adulte, non quelle embrionali), sostiene “distrattamente” tesi prive di fondamento scientifico, in disaccordo sia con le indicazioni dell’Unione europea che con quelle della Food and Drug Administration americana.
Dunque la percezione di fenomeni di grande rilievo sociale e politico, che ormai sono diffusi non solo a mezzo stampa o TV, ma anche su blog, Twitter, Facebook e compagnia cantante, devono essere calibrate attraverso un’analisi più razionale e meno emotiva, pena l’inseguimento di pericolose chimere. Con bruschi risvegli.
Certo, è molto più semplice fare leva sulle emozioni e sfruttare i sentimenti pietisti, piuttosto che affrontare i problemi da un punto di vista razionale, ma non si può correre il rischio di lasciare il futuro della nostra società e della politica alle scelte fatte da chi sposa delle tesi solo in base agli ascolti televisivi o a qualche improbabile sondaggio su internet. Ad esempio quello che si è svolto per le “Quirinarie”.
Non è mia intenzione qui discutere sulla “qualità” delle varie personalità emerse, tutte rispettabilissime, seppur con i dovuti distinguo, né tantomeno giustificare o avallare le pratiche adottate dagli altri partiti, visti i pedestri risultati ottenuti, quanto non lasciar passare inosservata una pratica oscura spacciata per trasparente e democratica solo perché passata attraverso il lavacro della “rete”.
Il procedimento che è stato presentato come somma espressione della “rappresentanza diretta” tra gli elettori e gli eletti ci dice in realtà altro. Coloro che hanno partecipato alle “Quirinarie” sono stati poco più di ventottomila, qualcuno in meno rispetto ai circa otto milioni di elettori di Grillo.
Così la top ten per il Quirinale dagli attivisti pentastellati è stata ottenuta con un numero così basso di votanti che, statisticamente, avrebbe avuto più senso prendere per buone le divinazioni del Mago Otelma o del polpo Paul (se solo non fosse già morto).
Eppure essa è stata presentata come il “volere del popolo” e quei nomi come “i candidati di tutti”. Senza voler riprendere il discorso sulla trasparenza del processo adottato, è notizia recente che Rodotà abbia preso solo 4.677 voti, cioè circa lo 0,06% di chi ha votato M5S alle elezioni di due mesi fa.
Ciò nonostante, la gente è andata in piazza a protestare per reclamare lo scippo di democrazia, il famoso “golpettino furbo”, avvenuto con la rielezione di Napolitano.
E pensare che alla prima votazione in Parlamento Valeria Marini ha preso un voto, cioè circa lo 0,1% degli aventi diritto in Parlamento. Dunque percentualmente più di Rodotà, ma per lei nessuno ha battuto ciglio. Perché?